Salvini, stretta su diritto asilo e più fondi per i rimpatri

Salvini, stretta su diritto asilo e più fondi per i rimpatri
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Giovedì 5 Luglio 2018, 15:19 - Ultimo aggiornamento: 7 Luglio, 11:15

Dopo l'offensiva contro le partenze dei barconi sulla Libia, conclusasi con la scomparsa delle navi umanitarie dal Mediterraneo, ora tocca ai richiedenti asilo. Una circolare inviata dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini, a prefetti e presidenti delle Commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale introduce una stretta sui permessi di soggiorno umanitari. «Ho chiesto - spiega - velocità e attenzione nel dare accoglienza a chi scappa veramente dalla guerra ma anche nel bloccare tutti coloro che non hanno diritto» alla protezione. E «donne incinte e bambini restano in Italia», precisa il titolare del Viminale contestando i titoli apparsi su alcuni media.

Salvini annuncia inoltre lo spostamento di 42 milioni di euro dal capitolo accoglienza ai rimpatri. «La voce - rileva - è sempre quella, immigrazione, ma c'è modo e modo di usare i fondi che stanno sotto quella voce». La circolare parte dai numeri: sono 136mila le domande di asilo in trattazione, in crescita rispetto alle 130mila dello scorso anno. Si impone dunque, evidenzia Salvini, «un'attenta azione riorganizzativa». Che passa attraverso una riduzione dei tempi di esame delle istanze da parte delle 50 commissioni territoriali, che dovranno lavorare «a ritmo continuativo (5 giorni a settimana)». Ma il punto chiave è la restrizione della quota dei richiedenti che ottengono il permesso di soggiorno per motivi umanitari: il 25% del totale nell'ultimo quinquennio (il 28% nel 2018, pari a 11.306 persone), contro il 15% di beneficiari di protezione sussidiaria ed il 7% di titolari d'asilo. La prima tipologia di protezione, osserva il ministro, «sulla carta è riservata a limitati e residuali casi di persone che, pur non essendo in fuga dalla guerra, hanno necessità di una tutela. Ma rappresentano il 28% dei casi che poi arriva al 40 con i ricorsi, decine di migliaia di persone. E spesso diventano la legittimazione dell'immigrazione clandestina».

Della norma sulla protezione umanitaria, introdotta nell'ordinamento nazionale nel 1998, hanno beneficiato finora persone in situazioni collegate «allo stato di salute, alla maternità, alla minore età, al tragico vissuto personale, alla permanenza prolungata in Libia, per arrivare anche ad essere uno strumento premiale di integrazione». E la tutela umanitaria, concessa inizialmente per due anni, viene generalmente ampliata in maniera automatica. Una prassi che ha comportato la concessione del titolo di soggiorno «ad un gran numero di persone», che «ora permangono sul territorio nazionale con difficoltà di inserimento». Per questo la circolare invita ad esaminare con rigore i «seri motivi» che danno diritto al permesso di soggiorno umanitario«. Il ministro confida quindi »nella massima attenzione« delle commissioni
«a salvaguardia degli interessi primari della collettività oltre che dei diritti dei richiedenti«. Il senso dell'iniziativa, puntualizza, »è limitare un abuso che va a discapito dei rifugiati veri. È chiaro che donne incinte, bambini in fuga o non in fuga dalla guerra se sono in Italia restano in Italia. Si vergognino i disinformati che dicono e scrivono il contrario».

Nel pomeriggio Salvini ha ricevuto al Viminale il vicepremier libico Ahmed Maiteeg, già incontrato a Tripoli pochi giorni fa. I due hanno chiesto uno stop all'embargo che colpisce il Paese nordafricano, perché, osserva Salvini, »i trafficanti di esseri umani e di armi si disinteressano dell'embargo. Gli aiuti alla Libia devono essere il primo punto della riunione dei ministri dell'Interno Ue in programma giovedì prossimo ad Innsbruck«. Il giorno prima è previsto un bilaterale con il tedesco Horst Seehofer, che ha annunciato di voler negoziare con l'Italia l'invio dei profughi registrati nella penisola. Con Seehofer, esprime fiducia Salvini,
«andremo d'amore e d'accordo». Ma, puntualizza, «prima di accogliere un solo richiedente asilo da altri Paesi europei, vogliamo avere impegni chiari su uomini, mezzi e soldi per proteggere le frontiere esterne» dell'Unione europea ed «aspettiamo che gli altri Paesi si riprendano le decine di migliaia che avrebbero dovuto aver già preso con i ricollocamenti. Siamo in credito di 32mila persone».

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