Statali, Italia indietro sugli stipendi: pubblico e privato a rilento

Statali, Italia indietro sugli stipendi: pubblico e privato a rilento
di Luca Cifoni
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Sabato 20 Gennaio 2018, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 21 Gennaio, 00:57

In tutta Europa c’è una questione salariale: ne è convinto da tempo Mario Draghi che individua nell’insufficiente crescita delle retribuzioni uno dei fattori che impediscono il ritorno a una “normale” dinamica dell’inflazione e quindi un’economia in salute. Visto dal punto di vista dei cittadini del Vecchio Continente, il tema è meno tecnico ma ugualmente sentito ed è di certo uno di quelli che influenzano gli umori al momento di esprimere il voto.

In Italia il “grande freddo” degli stipendi c’è stato soprattutto per tre milioni di dipendenti pubblici, che tornano in queste settimane a rinnovare un contratto di lavoro dopo il blocco deciso con una legge del 2010. Per i privati, che negli anni ancora precedenti avevano avuto una dinamica meno favorevole, le cose da allora sono andate un po’ meglio. Ma bisogna sempre tenere a mente che il disagio del lavoro non è fotografato tanto dal livello nominale della retribuzione, quanto dalla difficoltà di averne una stabile e certa.

I FATTORI
Soffermiamoci in particolare su quel che è avvenuto dal 2013 in poi. In termini assoluti nel settore privato la dinamica italiana non è stata brillante ed è risultata generalmente inferiore a quella degli altri Paesi europei. Ma due fattori hanno giocato a favore del portafogli dei lavoratori dipendenti: il primo, che riguarda tutti, è l’inflazione praticamente piatta dal 2013 in poi, che ha interamente trasformato quei pur modesti aumenti in maggiore potere d’acquisto; il secondo è l’effetto favorevole del bonus 80 euro sugli stipendi medio-bassi, quelli al di sotto dei 24 mila euro di imponibile Irpef.

Ci sono molti modi di misurare le retribuzioni: il metodo sviluppato dall’Ocse e ripreso da Eurostat nel proprio database permette di confrontare quelle nette dei vari Paesi sulla base di diverse situazioni lavorative e familiari. Lo stipendio medio netto per un dipendente italiano senza carichi familiari era di 20.675 euro l’anno nel 2013 ed è arrivato a 21.106 nel 2016 (ultimo dato disponibile), con un incremento del 2,1%. Questo, come si diceva, in un contesto di crescita dei prezzi pari a zero. Ben diversa la situazione del corrispondente lavoratore tipo tedesco, che sempre nel 2013 era a quota 27.075 euro ed in tre anni ha messo a segno un aumento del 6,6% passando a 28.848. Il miglioramento è stato più marcato anche in Spagna (+4,7%), mentre la Francia ha fatto meglio solo di un soffio (+2,2%). Se invece guardiamo al lavoratore singolo con retribuzione più bassa (pari ai due terzi della media) l’andamento è decisamente migliore, con 14.639 euro netti annui del 2013 che sono diventati tre anni dopo 16.039: la crescita è del 9,6 per cento grazie alla spinta degli 80 euro mensili arrivati in busta paga per otto mesi nel 2014 e poi in misura totale l’anno successivo. Un incremento che risulta superiore a quello del lavoratore tedesco di livello equivalente, che pure in termini nominali può vantare introiti più elevati di oltre il 20 per cento. 

I PESI
Sulla fascia un po’ più alta, lo svantaggio italiano appare più evidente: il lavoratore singolo con retribuzione netta annua pari ai cinque terzi di quella media generale ha visto il suo emolumento sostanzialmente fermo appena al di sotto dei 31 mila euro: l’incremento è di un modestissimo 0,2 per cento, che si confronta con il 2,4 della Francia, il 4,4 della Spagna e il 6,7 della solita Germania. Anche per le famiglie il risultato è influenzato in modo decisivo dalla eventuale presenza di un percettore di reddito medio-basso.

Per il nucleo-tipo con due figli un reddito pari alla media e uno pari ai due terzi il progresso in tre anni è stato in Italia del 4,8 per cento, leggermente superiore a quello di spagnoli e francesi anche se ancora inferiore all’incremento portato a casa dalla famiglia tedesca. Una nota negativa per il nostro Paese - al di là della dinamica triennale - è la stagnazione dell’anno 2016, che ha visto le retribuzioni nette ferme o in lieve calo. Per il 2017 mancano ancora i dati definitivi ma la situazione dovrebbe essere un po’ migliorata almeno in termini di retribuzione lorda, mentre sul fronte del prelievo fiscale non ci sono state sostanziali novità.

Quanto alla pubblica amministrazione, quel che è successo da noi è abbastanza facile da raccontare: il blocco dei contratti (e delle dinamiche di carriera) ha provocato addirittura, in termini di retribuzione media lorda, un leggero arretramento perché nel frattempo è cambiata la platea. Naturalmente sul netto della fascia medio-bassa come nel caso dei privati ha inciso favorevolmente il bonus 80 euro. Negli altri grandi Paesi europei invece gli stipendi continuavano ad andare avanti, pur se con un passo non velocissimo (davanti a tutti c’è ancora una volta la Germania). Così, pur con la difficoltà di confrontare realtà non sempre analoghe, si può osservare che il livello medio, calcolato su tutto il personale dirigenti compresi, risulta ora più basso anche di quello di Francia e Spagna.

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