Roma, Rutelli: «Attenti a cambiare i nomi delle strade: non va cancellata la storia»

Roma, Rutelli: «Attenti a cambiare i nomi delle strade: non va cancellata la storia»
di Mario Ajello
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Venerdì 26 Gennaio 2018, 10:18 - Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio, 19:36

Francesco Rutelli, è giusto secondo lei, che è stato sindaco di Roma, rimuovere dalle strade i nomi dei firmatari del manifesto fascista sulla razza?
«La decisione va presa con grandissima attenzione. Perché aprire la strada a una damnatio memoriae può essere necessario e in qualche caso giusto, così come si possono ridiscutere decisioni magari sbagliate compiute in passato. Però nel fare questo tipo di scelte, e farle a distanza di 80 anni dai fatti, cioè dalle leggi razziali, occorre valutare bene. Vogliamo cancellare dalla storia, e in certi casi dalla toponomastica, tutti quelli che hanno aderito alla Repubblica di Salò, quelli che hanno lavorato al Minculpop o all'Eiar? Una personalità come Giovanni Spadolini scrisse sul settimanale La Difesa della Razza: bisogna togliere tutte le targhe che lo ricordano? E cambiamo nome al Policlinico Gemelli, visto che padre Agostino Gemelli fu tra i maggiori sostenitori delle politiche anti-ebraiche? E non dimentichiamoci che molta parte dell'intellighenzia progressista e comunista partecipò a quel magnifico cantiere culturale che fu la rivista Primato, voluta da Bottai».

Fu proprio la sua giunta, nel 97, a intitolare a uno dei firmatari del Manifesto della Razza, lo zoologo e esploratore Edoardo Zavattari, una delle strade a cui la Raggi vuole e cambiare nome. Lei difende la scelta che fece allora?
«Zavattari ha avuto una biografia, dal punto di vista della visione della razza, molto negativa».

Ma allora perché gli avete dedicato una strada?
«Ho visto in queste ore la delibera della mia giunta, in cui oltre alla via per Zavattari abbiamo fatto più di 50 denominazioni stradali. Immagino che Zavattari sia stato inserito per aver fatto nascere, donando alla città di Roma le sue collezioni, il museo di zoologia».

Vale più quello che il suo razzismo?
«No. Tanto è vero che, nella stessa delibera, viene intitolato per la prima volta un parco alle Vittime del razzismo. Credo che le biografie vadano analizzate nel loro insieme e non selettivamente, inchiodandole a una fase. Se ci sono evidenze che erano state sottovalutate nel momento in cui s'intitolava una via a un personaggio storico, è giusto cambiare. Ma se parte una corsa a chi bisogna dannare di volta in volta nella memoria pubblica, non si sa dove si va a finire. Vogliamo abolire a Roma la Salita dei Borgia, perché quella è stata una famiglia di grandi mecenati e di grandi papi ma anche profondamente corrotta? Vogliamo abolire le strade, e anche il nome del Policlinico di Roma, intitolate a Umberto I, perché plaudì alla repressione di Bava Beccaris? O vogliamo, a Roma, cancellare via Lenin? E se arriva un governo pacifista in Italia, e sopprime tutte le strade intitolate agli eroi di guerra? Voglio ricordare che il romanissimo Enrico Fermi, Premio Nobel, è all'origine della sperimentazione della bomba atomica».

Come bisogna comportarsi insomma?
«E' chiaro, parlando del caso Pende, Zavattari e degli altri scienziati razzisti, che le leggi del 38 rappresentano una fase tragica della vita nazionale e forse il punto più basso dell'Italia del 900. Però dobbiamo stabilire un criterio. Ovvero: una personalità è controversa o è da dannare? Nell'immediato dopoguerra ci si comportò così: viale dei Martiri fascisti fu ribattezzata Viale Bruno Buozzi, Via dei Legionari diventò via Antonio Gramsci. Alla caduta del fascismo, tutti gli elementi di propaganda del regime furono giustamente eliminati dalla toponomastica e dal volto della città».

A distanza di oltre mezzo secolo, questo criterio non regge?
«Bisogna valutare i meriti e i demeriti dei vari personaggi, mettendoli su una bilancia sensibilissima e attraverso una lettura storica non delimitata».

Cioé ?
«Non è vero che l'Italia ha avuto un colonialismo benigno, anzi ci furono pagine odiose. E però alcuni esploratori di quell'epoca, e qui torniamo anche a Zavattari, vanno cancellati dalla storia perché hanno schiacciato i diritti delle popolazioni locali oppure li vogliamo leggere rispetto al loro tempo? E lo dico io che ho avuto un nonno, Mario Gentili, che ospitò e protesse a casa sua un ragazzo ebreo e che oggi è tra i giusti delle nazioni nel sacrario di Yad Vashem. E sono stato il sindaco che ha voluto i viaggi della memoria a Auschwitz, poi proseguiti dagli altri sindaci».

La toponomastica deve contemplare la complessità della storia?
«Le faccio un esempio di questa complessità. Se si va al Collatino, si trovano due strade: una intitolata a Filippo Cremonesi, governatore fascista di Roma, e l'altra a Giorgio Perlasca, che aveva partecipato alla Marcia su Roma e poi in Ungheria salvò migliaia di ebrei. Le due strade entrano una dentro l'altra».

Le giunte grilline non lo capiscono?
«Bisogna evitare un revisionismo storico contingente, che rischia di essere senza fine. Si veda la triste vicenda accaduta a Livorno. Dove si è negata una via al livornesissimo statista Ciampi. Con il pretesto del suo legame con l'ingresso dell'Italia nell'euro. E' meglio abbandonare visioni di parte, perché stiamo parlando dello spazio pubblico».
 

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