Riforme, strappo della sinistra Pd. Renzi: niente veti. Voci di scissione

Riforme, strappo della sinistra Pd. Renzi: niente veti. Voci di scissione
di Emilio Pucci
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Venerdì 7 Agosto 2015, 06:08 - Ultimo aggiornamento: 16:04

«Dopo oggi la scissione è più vicina». Commissione Affari costituzionali di palazzo Madama, mercoledì pomeriggio: la presidente Anna Finocchiaro e il ministro Maria Elena Boschi hanno appena finito di parlare, di fatto sbarrando la strada a modifiche sull'articolo 2. L'sms arriva ad un esponente della maggioranza del Pd, inviato da uno dei più influenti bersaniani al Senato. E' il segnale di una guerra senza quartiere che si combatterà ad agosto ma soprattutto alla ripresa dei lavori parlamentari.

Matteo Renzi ha invitato i suoi ad accelerare. Intanto sui numeri: mancano 15 voti per avere garanzie sul via libera. Si andrà alla ricerca di «nuovi responsabili», con la convinzione che in FI sono molti a non volere il voto anticipato.

Ma la mossa per bloccare l'ostruzionismo della Lega e della minoranza Pd è di andare direttamente in Aula senza il mandato al relatore. Tempi più celeri e soprattutto niente rischi di andare sotto in Commissione.

SOSTITUZIONI IN COMMISSIONE

Nei prossimi giorni verrà vagliata anche l'ipotesi di sostituire i tre membri della minoranza in Affari costituzionali ma la strada preferita è quella di tentare la prova di forza. «Gli emendamenti della minoranza? Non cambia niente. Si voteranno e vedremo chi ha i numeri», è la sfida del presidente del Consiglio. I bersaniani non arretrano. Oggi verranno presentati gli emendamenti. Le firme sono diventate 28 (al gruppo dei 25 si sommano quelle di Mineo, Casson e Ruta), si punta tutto sul Senato elettivo, sulla necessità di ridare a palazzo Madama funzioni e garanzie che sono state sottratte, di correggere le modalità di elezione del presidente della Repubblica e dei giudici della Corte costituzionale, «lettura bicamerale per temi di natura etica, amnistia e indulto, diritti delle minoranze, dichiarazioni di guerra e libertà religiose».

Ma soprattutto ci si aggrappa alle mosse del presidente del Senato Piero Grasso che ieri ha fatto sapere che qualora i partiti non trovassero un accordo sarà lui a decidere, e a quel punto – questo l'orientamento – un voto sull'articolo 2, quello sul Senato elettivo, ci sarà.

LA LINEA DURA

«Non ci facciamo fermare da nessuno. Non possiamo permettere a chicchessia di mettere veti», intima il presidente del Consiglio. «Nessuno vuole bloccare ma solo cambiare la norma. Il dissenso non è Vietnam», la risposta di Pierluigi Bersani. «A me basta poter dire la mia senza essere aggredito», spiega a La7 l'ex segretario. «Ritengo che chi ha la responsabilità deve cercare di non coltivare la demonizzazione». Qualche volta si sente di troppo, gli domandano? «Mi ci fa sentire, di mio non ho niente da chiedere mi basta poter dire quello che penso», risponde. Anche senza un seggio? «Certamente - ribatte Bersani - se servo servo... mi basta poter dire la mia».

GOVERNO IN GIOCO

Ma il premier è netto: «E' in gioco il governo – ha ribadito anche ieri ai suoi -. Noi dialoghiamo con tutte le forze che non vogliono bloccare le riforme, non siamo noi a chiamarci fuori». A inizio settembre, presumibilmente il 3, la maggioranza darà vita ad un giro di consultazioni. Confronto anche con FI e, naturalmente, con la minoranza dem. Ma la prospettiva del premier è chiara: «L'impianto non si tocca, altrimenti i bersaniani dovranno valutarne le conseguenze». Ovvero far fronte a urne anticipate.

L'ASSIST DI NAPOLITANO

«La mia linea è quella di Napolitano», ha spiegato Renzi riferendosi al Capo dello Stato che con un intervento sul Corriere («non è pensabile si torni indietro») ha difeso il pacchetto costituzionale. «Parole fuori luogo, dovrebbe essere super partes», osservano dalla minoranza dem. Oggi lo scontro in direzione sul Sud (a parlare sarà Speranza), ma dietro le quinte si prepara a prendere strade diverse. «Siamo al punto di non ritorno. O c'è un chiarimento oppure la scissione sarà inevitabile», spiega un ribelle. «Davanti a noi – osserva un altro dissidente – abbiamo un'autostrada per riunificare la sinistra. Il partito si dissolverà».