Senato, rottura del Pd sulle Riforme. Sfida di Renzi: varo entro il 15 ottobre. L'ira di Grasso

Senato, rottura del Pd sulle Riforme. Sfida di Renzi: varo entro il 15 ottobre. L'ira di Grasso
di Diodato Pirone
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Mercoledì 16 Settembre 2015, 08:20 - Ultimo aggiornamento: 15:15

ROMA - La politica italiana da ieri ha riaperto i battenti sul serio. La giornata per certi aspetti è stata convulsa con il presidente del Senato, Pietro Grasso, che nel pomeriggio ha persino abbandonato un convegno storico (dedicato ad un capo della Resistenza del calibro di Arrigo Boldrini, Bulow) per affrontare «una seria emergenza», come lui stesso l'ha definita.

Che cosa è successo in sintesi? Primo: c'è stato l'ennesimo strappo nel Pd. Sulla riforma del Senato la minoranza, nel corso di un vertice del Pd, ha abbandonato il tavolo di trattativa.

Secondo: la riforma - e questa è la risposta della maggioranza del Pd - dovrebbe arrivare domani direttamente nell'aula di Palazzo Madama perché per oggi è stata convocata una conferenza dei capigruppo (questa l'emergenza resa pubblica da Grasso).

Terzo: è emerso che probabilmente non ci saranno emendamenti sull'articolo 2, quello strategico sull'eleggibilità dei senatori.

E questo elemento - sottolineato da Anna Finocchiaro, presidente Pd della commissione Affari Costituzionali che ieri ha iniziato l'esame della riforma - spiazza in qualche modo il presidente del Senato, Pietro Grasso, che nei giorni scorsi aveva ribadito che spettava a lui decidere.

Quarto: sia dalle fila della maggioranza (Ncd) che da quelle dell'opposizione (FI) sono arrivate altre pressioni sulla legge elettorale.

IL COLPO D'ACCELERATORE

Insomma, l'accelerazione di ieri ha fatto entrare la partita del nuovo Senato nella fase più spigolosa, quella delle decisioni che scolpiranno senso e portata della prossima stagione politica definendo vincitori e vinti.

In questo scenario la frattura nel Pd si fa sempre più larga. Lo stop dei renziani alle richieste di modifica delle minoranze è emerso al quarto tavolo tecnico sulla riforma. Al tavolo erano seduti la ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, i capigruppo Zanda e Rosato e la senatrice della minoranza dem Doris Lo Moro, bersaniana doc. Lo Moro ha abbandonato il tavolo parlando di binario morto. E Boschi le ha replicato con un freddissimo «spiace per chi se ne va ma il lavoro prosegue».

E' evidente che Palazzo Chigi punta sulle divisioni interne alla minoranza Pd che può contare su circa 25 senatori non tutti però decisi a non votare la riforma, sull'aiuto esterno di una parte dei senatori ex grillini ed ex berlusconiani e soprattutto sulla volontà della grande maggioranza dei senatori di evitare elezioni anticipate visto che moltissimi non tornerebbero sui banchi di palazzo Madama.

E tuttavia è ancora presto perché in scena entrino i pallottolieri. Proprio su questa incertezza fanno leva sia i centristi dell'Ncd nella maggioranza che i forzisti all'opposizione per collegare la riforma del Senato a quella della legge elettorale. Ieri Paolo Romani, capogruppo di Forza Italiain Senato, ha ricordato al governo di «far bene i propri conti». Invece nell'Ncd l'ex ministro Gaetano Quagliariello ha reso noto d'aver preparato un testo di legge di riforma della legge elettorale per concedere il premio di maggioranza alla coalizione e non più alla lista più votata. Richiesta sottolineata con fair play dal leader del partito Angelino Alfano.

Resta da riferire dei dettagli della giornata del presidente Pietro Grasso. Ad agitarne il pomeriggio sono state le indiscrezioni che riferivano di una imminente convocazione del vertice dei capigruppi del Senato su pressioni di Palazzo Chigi. Da Palazzo Madama si è fatto sapere esplicitamente - caso rarissimo che la dice lunga sull'irritazione di Grasso - che questa convocazione, e dunque l'ordine dei lavori, spetta al presidente del Senato.

Ma al di là dei formalismi (che mai come in questo caso sono sostanza), la sortita della Finocchiaro che ha spiegato con tanto di riferimenti al regolamento le ragioni dell'inemendabilità dell'articolo 2 della riforma ha tolto suspance sulle decisioni che prenderà lo stesso Grasso. Il presidente del Senato dovrà confermare o meno in aula l'orientamento della Finocchiaro, ma appare difficile che possa muoversi in contrasto con le decisioni motivate della presidente della Commissione Affari Costituzionali.

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