Rete femminista e Movimento per l'infanzia: «Contratto M5S-Lega? Pericoloso»

La disparità
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Lunedì 21 Maggio 2018, 17:13
Cherchez la femme. Non la troverete petché non c'è. Nei giorni in cui infuria la polemica per la chiusura della storica Casa delle donne a Roma, la Rete femminista 'Rebel Network' esprime «grande preoccupazione» sul contratto di Governo stilato da Lega e M5s in materia di politiche di riequilibrio tra i generi.

Un problema non nuovo se si parla di Movimento 5 stelle che ha sempre faticato molto a riempire le liste di candidati, sia alle amministrative che per il Parlamento, piazzando e rispettando le quote di genere. Anche la Lega non ne esce benissimo da questo contratto e chissà cosa ne pensa Giulia Bongiorno, l'avvocatessa eletta col Carroccio che sostiene le quote fucsia.

«Le poche righe dedicate al tema - sottolinea la Rete - sono un vero e proprio salto nel passato che cancellano anni di battaglie per i diritti e studi sul contrasto alla violenza maschile sulle donne. Le donne vengono collocate fra gli anziani e le periferie. L'impressione è che non si conosca il linguaggio di genere e che non vi sia alcuna consapevolezza delle nuove istanze sociali volte a considerare - finalmente - uomini e donne diversi e pari». «La conciliazione famiglia-lavoro menzionata nel documento - lamenta ancora Rebel Network - esclude gli uomini (in un Paese dove la cura della casa, dei figli e degli anziani è già in gran parte sulle spalle delle donne), ostacolando così una più moderna visione della genitorialità e della cura responsabilmente condivisa. Per esempio, non vi è nessun accenno al congedo di paternità. Si parla di 'premiò per la #maternità anziché di 'contributo alle spesè, riportandoci all'insopportabile retorica da ventennio fascista del »dare figli alla Patria«, della maternità come dovere sociale e non come libera scelta individuale».

E ancora, «sul tema dell'affidamento dei figli, in caso di separazione, l'unica soluzione proposta è una uguale divisione del tempo da trascorrere con l'uno o l'altro genitore. Si parla di affido condiviso come se i figli fossero beni da spartire più che da crescere in un ambiente sereno».


L'Associazione femminista denuncia inoltre come «in un Paese in cui si consuma un femminicidio ogni tre giorni (e in cui vi è un preoccupante aumento dei casi di figlicidio) la »Prevenzione« è affidata solo ai corsi di formazione per le Forze dell'ordine (attività importante, ma non sufficiente) e a singole iniziative dei Centri Antiviolenza; si legittima la teoria dell'alienazione parentale, quella che accusa le donne di denunciare prevaricazioni e abusi al solo scopo di separare padri e figli. Questa teoria, da tempo scientificamente disconosciuta a livello internazionale, non solo discredita le donne, ma mette in pericolo la loro vita e quella dei loro figli e di fatto difende gli uomini violenti».

«Viene ignorata completamente - ribadisce Rebel Network - la necessità prioritaria di fare prevenzione, come se subire violenza fosse per le donne un destino ineluttabile. Manca un qualsivoglia riferimento all'inserimento di programmi di educazione di genere nelle Scuole, luoghi centrali del rinnovamento della cultura nel rispetto delle diversità. Nessuna posizione sulla preoccupante situazione della disoccupazione femminile (attualmente al 50,3%), su eventuali strumenti necessari per il superamento degli ostacoli nell'accesso alle carriere da parte delle donne, sulla disparità di retribuzioni tra uomini e donne a parità di incarico (fenomeno pandemico, nonostante in Italia vi sia il DL 198/2006 che regola la parità salariale)».

Sull'alienazione parentale ha lanciato l'allarme anche Andrea Coffari, presidente del Movimento per l'infanzia.
Lo definisce 
« un errore di enormi proporzioni che va al più presto corretto e motiva le ragioni di questo appello». L'alienazione, spiega, va contro i bisogni di tutela e protezione delle donne e dei bambini dalla violenza in famiglia, che va in senso contrario alla Convenzione di Istanbul e della Convenzione dei diritti del fanciullo di New York. L’Alienazione Parentale è infatti il grimaldello utilizzato in tribunale dalle difese di padri violenti o abusanti per giustificare il rifiuto dei figli nel frequentarli e addossare, in via pregiudiziale, la colpa alle madri, colpevoli di averli alienati.

«Il Movimento per L’Infanzia lancia un appello a Di Maio e Salvini affinché: tolgano subito ogni riferimento ed ogni enfasi al richiamo, di stampo meramente ideologico, misogino e maschilista dell’alienazione parentale (ipotesi già peraltro tutelata dal reato di maltrattamenti) tolgano l’indicazione di “assicurare la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori” (pag. 24 contratto), perché pone regole grossolane e precostituite contro i bisogni dei bambini le cui vite sarebbero sezionate per rispondere a logiche di potere adultocentrico. introducano nel contratto temi volti ad implementare “il diritto all’ascolto” a favore dei bambini e il diritto alla tutela di donne, madri e figli dalla violenza in famiglia, seguendo le ispirazioni e le indicazioni delle convenzioni internazionali».
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