Intercettazioni, arriva la stretta: una legge entro l'estate

Intercettazioni, arriva la stretta: una legge entro l'estate
di Alberto Gentili
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Domenica 10 Aprile 2016, 09:27 - Ultimo aggiornamento: 20:09

Matteo Renzi non si aspettava «nulla di meglio». Alle prese com'è ormai da giorni con l'assedio mediatico-giudiziario innescato dall'inchiesta della procura di Potenza su Tempa Rossa, il premier sa di non godere delle simpatie dei magistrati lucani. E ricambia: «Faccio il tifo per i pm, ma voglio vedere dove vanno a finire le indagini...».

Dunque l'ascesa di Piercamillo Davigo alla guida dell'Anm era in qualche modo messa in conto. E viene letta come il tentativo «corporativo» dei giudici di difendere le proprie prerogative e di mantenere «la schiena dritta» di fronte alla politica.

«NOI SIAMO DIVERSI»
Ebbene, se sulla seconda motivazione Renzi - determinato ad accelerare sulla riforma delle intercettazioni - non ha nulla da eccepire: «Sono per la magistratura libera e indipendente, io non faccio di certo la guerra ai giudici. Quello era un altro...». Era Silvio Berlusconi. Sulla difesa corporativa il premier ha invece parecchie cose da dire, e ribadisce che un sistema in cui non si va mai a sentenza non è un sistema che funziona. «Davigo alla guida dell'Anm? Non è certo una mossa distensiva...».
C'è da dire che in questi giorni e in queste ore Renzi è parecchio irritato. Legge lo stillicidio di intercettazioni dell'inchiesta di Potenza «fatte filtrare un po' alla volta» come un tentativo di colpire il governo. E l'ha detto chiaro, ieri alla scuola di formazione del Pd: il premier ha parlato di una settimana difficile e ha denunciato un'offensiva mediatica per danneggiare i ministri e l'esecutivo.

UN RUOLO IMPORTANTE
Per il premier, esiste «un disegno organico» per metterlo nell'angolo. E in questo disegno i magistrati, colpiti su ferie, retribuzioni, età di pensionamento (come ha ricordato proprio Davigo) avrebbero assunto negli ultimi giorni un ruolo importante. Renzi non si stupisce.
 
I PRECEDENTI
I suoi ricordano che fin dal giugno 2014 il premier «ha rotto l'antico collateralismo» tra il Pci-Pds-Ds-Pd e la magistratura. L'ha fatto abbracciando il garantismo: «Chiediamo ai magistrati», disse due anni fa, «di rispettare ogni norma a tutela dell'imputato. Vogliamo una giustizia che funzioni, ma anche una giustizia giusta. E la politica non deve essere subalterna». Una linea che Renzi ha ribadito ieri: «Le indagini sul petrolio si fanno ogni quattro anni, come le Olimpiadi. Ma non si arriva mai a sentenza. E questo non è da Paese civile».

Però dallo «stimolare e sostenere i magistrati», a passare per il nuovo emulo di Berlusconi, Renzi non ci sta: «Rivendico la mia diversità. Io non mi nascondo dietro il legittimo impedimento, dico ai magistrati: ”C'è un'indagine che sfiora il governo? Prego, interrogatemi. Io non ricorro alla prescrizione”. Dico: “Andate a sentenza il prima possibile”. Io non accuso i giudici, li incoraggio a parlare subito con le sentenze». E non con le intercettazioni: «Le cose devono cambiare. Pettegolezzi e gossip non possono continuare a finire sui media».

L'ACCELERAZIONE
Da qui l'intenzione, confermata dal responsabile giustizia del Pd David Ermini, di varare quanto prima la riforma degli “ascolti”: «Non contro i magistrati, ma in accordo con loro». Per dirla con Walter Verini, capogruppo del Partito democratico in commissione Giustizia della Camera, «nessuno vuole impedire ai pm di fare le intercettazioni. Ma va trovata una modalità, ad esempio l'udienza filtro, in cui le conversazioni non rilevanti ai fini penali e dell'inchiesta vengono secretate. La privacy delle persone va tutelata e fermato il tritacarne mediatico».

I TEMPI
Le nuove norme sugli “ascolti” potrebbero finire nella riforma del processo penale ferma ormai da mesi in Senato. Il governo nel 2014 ha ottenuto la delega ed è intenzionato ad accelerare: «Spero e credo che la legge venga varata entro l'estate», dice Ermini, «e siccome se ne discute da anni, nessuno potrà accusarci di farla per mettere il bavaglio all'inchiesta di Potenza». E quindi, adesso tocca al ministro Andrea Orlando e poi al Parlamento dare seguito alle direttive del presidente del Consiglio.

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