Italicum, i paletti di Renzi: il ballottaggio non si tocca

Italicum, i paletti di Renzi: il ballottaggio non si tocca
di Marco Conti
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Lunedì 12 Settembre 2016, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 16:47

«Discutiamo di legge elettorale, facciano proposte. Noi faremo le nostre». Il passo in avanti è tirato, la disponibilità è ripetuta ma anche molto calibrata. Eppur qualcosa di muove e l'Italicum non è più un tabù prendere o lasciare per Matteo Renzi. Dal palco della Festa dell'Unità di Catania il presidente del Consiglio, nonché segretario del Pd, annuncia l'intenzione di voler presentare una sua proposta di modifica all'Italicum. Non aggiunge molto di più il presidente del Consiglio che però ieri l'altro ha messo un paletto («non accetteremmo mai una legge elettorale peggiore di questa») che, seppur generico, indica la volontà di non voler stravolgere i principi su cui si basa l'Italicum. Due su tutti: ballottaggio e premio di maggioranza.

CRITERI
Il primo lo garantisce dal rischio di grandi coalizioni e gli lascia intatta la possibilità di giocarsela nella disciplina sulla quale pensa di non aver rivali: il corpo a corpo, la sfida one to one. Il premio dovrebbe invece garantire governabilità grazie a numeri parlamentari sufficienti. Sulla possibilità che il premio si sposti dal partito alla coalizione, Renzi continua ad avere forti dubbi suffragati ieri dalle contestazioni alimentate a Catania dal movimento di Antonio Ingoia che - in caso di premio di coalizione - dovrebbe trasformarsi da avversario ad alleato seppur scomodo.

La disponibilità del presidente del Consiglio a modificare la legge elettorale segue la volontà più volte dichiarata di voler spersonalizzare il confronto elettorale. «Non parlo più del mio futuro politico, né di cosa accadrà alla legislatura dopo il referendum», ha ripetuto il premier dopo aver citato più volte il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ai consigli dei saggi, il premier non si sottrae anche se gli costa tenere a freno il suo temperamento. Tra questi consigli anche quello recente di Giorgio Napolitano e di coloro che gli dicono di attendere la sentenza della Corte Costituzionale sull'Italicum prima di avviare concretamente la trattativa sulla legge elettorale.

L'apertura a discutere di Italicum non scalfisce la tensione del premier sul referendum costituzionale sul quale chiama alla mobilitazione tutto il partito. Soprattutto i giovani ai quali si è rivolto più volte contrapponendogli chi gli vuole «rubare il futuro»: Massimo D'Alema. Avversario dichiarato di Renzi, schierato con i comitati per il no, l'ex presidente del Consiglio e la sua Bicamerale costruita con Silvio Berlusconi e poi fallita, rappresenta per Renzi il testimonial giusto - al punto da imitarne la voce - di tutto ciò che intende rottamare soprattutto a sinistra e il «fango delle correnti», con il referendum costituzionale. Averlo come competitor è una speranza che Renzi alimenta da qualche giorno non risparmiando bordate all'ex esponente comunista che costringono la sinistra interna di Speranza e Cuperlo ad un gioco di distinguo complicato.

FRATTURA
«A questo punto il mio voto al referendum è no». sostiene Nico Stumpo. L'esponente della sinistra bersaniana a Catania era andato sperando in maggiori aperture da parte del segretario che «invece - a giudizio della sinistra Dem - ha annunciato una proposta del Pd senza dire come e dove verrà discussa». Sulla disponibilità della sinistra interna di discutere solo di legge elettorale - salvando i principi di fondo dell'Italicum - Renzi continua ad avere molti dubbi. Affiderà la trattativa al vicesegretario Guerini in attesa che arrivi, con i primi di ottobre, il giudizio della Consulta per poi traghettare a dopo il referendum (come chiedono FI e Sel) l'eventuale accordo. Sempre che vinca il sì e che la Consulta sia intervenuta sull'Italicum.

Seppur non lo dice più esplicitamente, Renzi mette tutto sul piatto della vittoria elettorale al referendum di fine novembre e promette sin da adesso di non voler far prigionieri.