Renzi: "ghigliottina" in Costituzione. Leggi senza modifiche entro 30 giorni

Matteo Renzi
di Marco Conti
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Mercoledì 26 Marzo 2014, 09:25
Il pallottoliere di palazzo Chigi ha retto anche se lo scossone subito al Senato stato forte. E spiega la fretta con la quale Matteo Renzi ieri l’altro è tornato anzitempo in Italia dal vertice olandese.



Le resistenze dei difensori della casta dei presidenti delle province, insieme ai malumori dei Popolari di Mario Mauro, hanno rischiato di provocare uno stop al ddl che impedirà di votare a maggio per un cospicuo numero di consigli provinciali. Ma la contromossa è già pronta: inserire nel ddl costituzionale sul Senato la cosiddetta ghigliottina, che renderà inutili decreti e fiducie. La nuova Camera sarà infatti tenuta a varare i ddl del governo entro 60 giorni, trascorsi i quali - recita la bozza - «il testo è posto in votazione, senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale».



QUADRATO

Problemi esistono dentro la maggioranza con i Popolari che masticano amaro sia per l’esclusione dal governo di Mauro sia per la soglia di sbarramento, ritenuta troppo alta, fissata per le Europee. Ieri Matteo Renzi ha dovuto anche constatare i limiti del sostegno di Forza Italia le cui assenze sono state però decisive per il varo del provvedimento. Gli affondi di Silvio Berlusconi contro la politica estera del governo che ha escluso la Russia dal G8, dicono ancor più chiaramente che la luna di miele con Forza Italia è finita e che occorre stringere i bulloni della maggioranza senza poter contare su ”aiutini”. E’ quello che Renzi tenterà di fare questa sera e dopodomani incontrando prima i gruppi parlamentari e poi la Direzione del suo partito. A tutti e due il premier-segretario presenterà «una bozza aperta» delle riforme istituzionali e delineerà le misure economiche che il governo sta mettendo nero su bianco nel Def.



LA PALUDE

Chiuso da ieri a palazzo Chigi, Renzi tiene costantemente d’occhio «la palude» nella quale in tanti vorrebbero inabissare il governo. Una pattuglia numerosa di frenatori contro i quali continua a combattere una guerra sotterranea che sempre più frequentemente Renzi ufficializza, con nomi e cognomi, rivolgendosi all’opinione pubblica. «E’ fisiologico che ciò accada quando tocchi interessi. E che interessi! - ha sostenuto ieri sera Renzi con i suoi - non si può pensare che tagli tremila stipendi della politica e tutti applaudano. Comunque noi siamo determinati ad andare avanti».



L’«avanti» del presidente del Consiglio è però ancor più insidioso perché tra divieti di cumulo pensionistici, tagli alle auto blu, riduzione di stipendi ai supermanager, tagli a palazzo Chigi, prepensionamenti e mobilità nella pubblica amministrazione, sta accumulando una serie impressionante di avversari pronti ad attenderlo alla prova d’aula. Il vertice serale a palazzo Chigi per blindare la riforma Del Rio conferma i limiti di una maggioranza che a palazzo Madama deve fare i conti con i diktat dei piccoli, ma Renzi è convinto che per ora nessuno avrà il coraggio di fermare il treno delle riforme. Anzi, osserva con un certo compiacimento ciò che è accaduto dopo il risultato elettorale in Francia. Ovvero che «ora mi dicono pure che quello che vogliamo fare è troppo poco!».



La possibile avanzata della destra euroscettica in Europa ha sparso terrore nelle cancellerie, a Bruxelles e anche a Francoforte. Ieri la parola «crescita» è però stata la priorità sia nel discorso del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che in quello del presidente della Bce Mauro Draghi. Un endorsement? Forse no, ma sicuramente qualche ostacolo di meno per chi intende tagliare le tasse.
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