E Silvio? C'è chi spera nella sorpresa - e ironizza: "Lui è abituato a presentarsi alle feste all'ultimo minuto, anche se qui non siamo a Casoria con Noemi ma in mezzo alla bella umidità padana" - ma è difficile che Berlusconi, tifosissimo di Bobo più che di Salvini, come si sa, possa materializzarsi. L'atmosfera referendaria in Lombardia non è eccitante come quella del Veneto. Ma nella tavolo centrale di stasera, quello su cui pasteggeranno Maroni, Salvini e Bossi, gli ultimi due sono piuttosto ottimisti.
Maroni dice che se si va sopra il 34 per cento di affluenza e vittoria, ma sa che non è così, Salvini e Bossi credono che si possa arrivare al 50 per cento (il quorum non c'è). Il brindisi porterà fortuna? Il sindaco democrat di Bergamo, Giorgio Gori, uno dei pochi convinti del Sì nel suo partito, non sarà alla cena degli avversari, ma in questo referendum alleati, perché impegnato in un'altra iniziativa con Piero Bassetti.
Il suo partito sta nel marasma, tra favorevoli al referendum e astensionisti anti-referendari (esempio: il ministro Martina non va a votare, il potente deputato di Varese, Daniele Marantelli, è per un Sì riformista), e Gori a proposito dei commensali forza-leghisti di stasera nota una certa preoccupazione: "Erano partiti dicendo che sopra il 60 per cento era la loro vittoria, ora dicono che dal 20 al 90 per cento sarà comunque un successo. Segno che qualche dubbio sul plebiscito comincia ad affiorare".
Più in generale, la preoccupazione riguarda la modalità di voto, che per la prima volta è tramite tablet - la "vote machine", viene chiamata in uno slang che non è quello lumbard - poggiato nella cabina elettorale. Quanti votanti usciranno in lacrime dal seggio, gridando: "Mi si è impallato il computer"? E quanti dei settemila tecnici ingaggiati per questo e-voting nordista saranno pronti a intervenire in tempi rapidi e non in tempi biblici o sudisti?
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