Le Province resuscitate dal No chiedono aiuto a Mattarella: non riusciamo a fare i bilanci

Le Province resuscitate dal No chiedono aiuto a Mattarella: non riusciamo a fare i bilanci
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Mercoledì 7 Dicembre 2016, 13:38 - Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 19:36
Le Province, «che in seguito al risultato del referendum sono state confermate tra le istituzioni costitutive della Repubblica, a causa dei tagli insopportabili a cui sono state sottoposte sono nell'impossibilità di predisporre i bilanci per il 2017. La conseguenza di questa emergenza avrà, se non risolta, ripercussioni pesantissime sui servizi ai cittadini la cui erogazione non potrebbe più essere garantita». Lo scrive il presidente dell'Upi, l'unione delle province, Achille Variati al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 

«Il governo uscente, dopo un lungo confronto avuto nei mesi scorsi, aveva riconosciuto la gravità di questa situazione, tanto che aveva previsto di inserire interventi correttivi in grado di assicurare il finanziamento delle funzioni fondamentali dell'ente, nel passaggio in Senato della legge di Bilancio 2017», scrive ancora Variati. «Con l'apposizione della fiducia però - prosegue la missiva - tale possibilità è venuta a mancare e sono rimasti irrisolti tutti i nodi riguardanti gli Enti locali, Province e città metropolitane in particolare». «Ritengo indispensabile informarLa - prosegue il presidente dell'Upi - che se non si individuerà un provvedimento straordinario attraverso cui risolvere tali questioni, nessuna Provincia sarà in grado di predisporre i bilanci per il 2017 con la conseguente interruzione dell'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini».

«Mi rivolgo a Lei, garante della Costituzione - conclude Variati rivolgendosi al capo dello Stato - certo di potere contare sulla Sua sensibilità riguardo al dovere da parte di tutti i livelli istituzionali della Repubblica di garantire ai cittadini uguali diritti e assicurare alle comunità e ai territori pari opportunità di potere partecipare alla crescita del Paese e favorirne lo sviluppo».

La vittoria del No al referendum sulla riforma costituzionale ha acceso inevitabilmente i riflettori sulla legge 56, la cosiddetta Delrio, entrata in vigore l'8 aprile 2014, che ha svuotato di poteri le province e introdotto la nuova denominazione di enti territoriali di area vasta. Secondo alcuni costituzionalisti la mancata revisione della Carta, che avrebbe cancellato la parola "Province" dal titolo V, ora darebbe semaforo verde a ipotesi di revisione del provvedimento, anche se la Consulta si è già espressa nel merito a marzo dello scorso anno respingendo un ricorso avanzato da Lombardia, Veneto, Puglia e Campania.

Chiaro il ragionamento del giurista Ugo De Siervo, già presidente della Corte Costituzionale, che ammette senza giri di parole che «per le Province, e allo stesso modo per le Città Metropolitane, tutto rimarrà secondo l'impostazione
data dalla legge 56». Anche se, aggiunge, «a questo punto qualcuno potrebbe chiedere una verifica della sua legittimità costituzionale». De Siervo spiega che «in termini effettivi la mancata revisione della costituzione non cambia nulla rispetto alla legislazione esistente», non senza segnalare però che «quella legge operava delle innovazioni che sarebbero state rese definitive e radicali con modifiche della Carta». Tuttavia, rileva, «rimane nei fatti una situazione che qualcuno potrebbe definire deplorevole e deficitaria, e per questo potrebbe chiedere una verifica sulla legittimità costituzionale di quel provvedimento». Il punto è che ad esempio il termine Province, con il varo degli enti di Area Vasta, «è stato sostanzialmente e non formalmente eliminato».

Diverso l'approccio del sottosegretario uscente agli Affari regionali Gianclaudio Bressa, tra i padri della legge 56: «La questione è semplice, quel provvedimento - in vigore ormai da due anni e mezzo - è stato approvato a Costituzione vigente, che poi non è stata modificata, quindi nulla cambia». Al comma 51 del primo articolo si ricordava con chiarezza «che si era "in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione", ma tutto ciò - osserva - riguardava aspetti di coordinamento tra i vari enti e la necessità di operare qualche aggiustamento». Quindi, «gli enti di area vasta, secondo la denominazione della legge 56, continueranno a chiamarsi Province, al di là di ogni possibile questione di tipo nominalistico. Del resto le loro funzioni quelle erano e quelle rimangono».

Simile il parere dell'ex presidente dell'Associazione italiana costituzionalisti, Antonio D'Atena. «Posso dire, come ho fatto a suo tempo nelle commissioni parlamentari, che la legge Delrio abbia degli aspetti di provvisorietà, visto che ha trasformato le Province in enti di secondo grado, ma la Consulta ha validato quell'impostazione, regolando così la presenza di Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato». Categorico infine sull'arrivo di possibili ricorsi: «Credo che possano riguardare soltanto questioni incidentali di legittimità costituzionale». 

 
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