Svolta sui programmi/ Una sterzata sociale per la rincorsa ai populisti

di Marco Gervasoni
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Mercoledì 1 Marzo 2017, 00:15
Non sono unicamente le difficoltà economiche, la disoccupazione, la precarietà del lavoro a spingere i movimenti cosiddetti populisti, in Italia e in Europa. Ma certo questi fattori contano. E conta soprattutto il sentimento di fasce larghe della popolazione, anche fuori dal vecchio continente (pensiamo agli Usa), di sentirsi abbandonate. 

Da qui la vocazione di forze politiche, un tempo fedeli seguaci dell'«arricchitevi!», a sventolare la bandiera della giustizia sociale: se Reagan e Thatcher tornassero in vita, difficilmente si riconoscerebbero nelle retoriche sociali dei loro successori, Trump e May. Se la vocazione protettrice della politica ha (per ora) vinto nell'anglosfera, liberale per storia e tradizione, qui da noi, in Italia, dove thatcherismo, reaganismo e blairismo hanno poco attecchito, non può che trovare una porta spalancata. Ecco spiegate le critiche alle privatizzazioni di ministri di peso del governo Gentiloni verso Padoan, la proposta di «protezione sociale» avanzata qualche giorno dopo dal ministro Poletti, ecco il «lavoro di cittadinanza» illustrato da Renzi nell'intervista su queste colonne. 

Che il Pd, appartenente al socialismo europeo, sia a favore della spesa sociale, sembrerebbe cosa ovvia. Eppure il renzismo nella sua prima fase si era caratterizzato per una revisione delle tradizionali posizioni redistributive. 
Mentre ora è lo stesso Renzi, al netto della retorica sulla Silicon Valley (una realtà in cui il Welfare è assente), a essersi reso conto della necessità, se non di invertire la rotta, almeno di ampliare lo Stato sociale per rimediare alle nuove povertà. 

Ancora più significativa la svolta sociale del berlusconismo. Come hanno spiegato esponenti autorevoli di Forza Italia, non è più tempo di partite Iva, il popolo moderato è stato trasformato, e impoverito, dalla crisi: urge introdurre, come illustrato ieri su questo giornale, «un sostegno ai nuclei familiari», innalzare le pensioni minime, preparare un piano casa per le famiglie bisognose.

Intendiamoci. È vero che la globalizzazione, come tutti i processi di «distruzione creatrice» ha prodotto innovazione e dinamismo ma lasciato sul terreno morti e feriti. Ed è vero che il nostro Welfare è sempre stato spendaccione a livelli scandinavi ma profondamente inegualitario: generoso con i ceti e le corporazioni «protette», insufficiente o del tutto assente verso i non garantiti. Del tutto scandalosa, per uno dei Paesi appartenenti al G8, è ad esempio la quota di spesa sociale destinata a chi perde il lavoro o l'assenza di un reddito minimo di inserzione.
Quest'improvvisa consapevolezza, da parte di forze politiche alternatesi al governo nell'ultimo ventennio, ha però un altro obiettivo. Quello di frenare l'emorragia dei consensi verso il Movimento 5Stelle, e semmai di recuperare elettori che intravedono nella proposte grilline le premesse di un cambiamento anche sul versante sociale. 

In tal senso, quella del Pd e di Forza Italia è una strategia anti-populista. Ma c'è qualcosa di più profondo. Probabilmente non è corretto dire che destra e sinistra siano definizioni obsolete. Solo, il significato assunto da queste due parole negli ultimi venticinque anni va totalmente ripensato. E' finita l'epoca apertosi con il crollo del Muro di Berlino, e non solo per le alleanze internazionali ma anche per l'identità delle forze politiche. Quelle di sinistra e quelle di destra, socialisti da una parte e moderati dall'altro, ora ambiscono tutte a proteggere, alla ricerca di un elettorato sempre più mobile. Il successo probabile di Macron in Francia, che si presenta come «di destra e di sinistra» assieme, è un segno dei tempi.

Resta da chiedersi, però, come faremo noi italiani a pagare un ampliamento della spesa pubblica, con i conti che abbiamo, senza alzare le tasse; nel mirino della Commissione europea. Senza poter spendere, infatti, le promesse di una politica protettrice resterebbero formule vuote: con la certezza di aprire un'ulteriore autostrada ai populisti.
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