Composto, meno artisticamente ma molto trasversalmente dai nuovi tribuni Beppe Grillo, certa destra romana e certa sinistra da tanto peggio tanto meglio. Ecco, ognuno con i propri interessi di lucro politico, i sedicenti difensori degli umiliati e offesi, che in questo caso sarebbero i vigili assenteisti e tutto quel mondo - assolutamente non maggioritario tra i dipendenti pubblici - che in nome dei “diritti acquisiti” non accetta l’introduzione di criteri di giustizia, di efficienza e di razionalizzazione nel mondo del lavoro che si vorrebbe immobile come una foresta pietrificata chiamata Italia.
Nel tribunale dove agiscono questi tre avvocati delle cause perse non c’è scritto “la legge è uguale per tutti” (ossia cerchiamo di stabilire tutti insieme nuove regole per far funzionare meglio la macchina pubblica) e spicca invece il motto arci-italiano: “Ci vuole ben altro....”. Ci vuole ben altro, in Italia, che fustigare gli assenteisti! Ci vuole ben altro, in questo Paese, che stigmatizzare i finti malati! Ci vuole ben altro, in questo momento, che pretendere di riformare il salario accessorio di qualche categoria ingiustamente vilipesa e se ci provate passate i guai! Recita così il mantra dei nuovi, ma vecchi, difensori del popolo. La battaglia per adeguare il sistema ai tempi e ai modi di uno Stato efficiente è diventata insomma vittima del benaltrismo. Che è una delle forme più andanti di cinismo politico. È il tic del rinviare sempre ad altro (ricorrendo a figure retoriche del tipo: “Il problema è un altro”, “Il punto non è questo”) e del non intraprendere mai le sfide di civiltà perché troppo impegnative e sconvenienti.
I populisti-benaltristi, che soffiano sul fuoco della paura del cambiamento e della difesa degli interessi particolari, propongono a pezzi di categorie in cerca di rappresentanza, e che essi fingono di voler rappresentare, il seguente schema: noi vi facciamo vincere la causa e voi ci date la parcella, cioè il voto o comunque la forza per bloccare tutto perché adesso ci conviene così. Ma sanno benissimo, questi avvocati delle cause perse, che la causa la perderanno e non si accorgono che buona parte del blocco sociale che vorrebbero rappresentare non abbocca all’illusionismo spacciato a piene mani e alla strumentalizzazione di questioni non riducibili a mera propaganda o a un tentativo maldestro di sostituzione del tipo: ora scippiamo al Pd i consensi nel pubblico impiego.
Basti vedere del resto quante critiche, da parte di tutti, anche dipendenti pubblici, si sono riversate ieri su Grillo appena ha lanciato il suo hashtag #forzavigili. Cose così: “Non fare il buffone anche tu, altrimenti sul serio non andiamo più a votare”. Mentre a sinistra, di fronte a quella sinistra che difende i finti malati di Capodanno o gli spazzini napoletani che si rifiutano di lavorare, come si fa a non ricordare la battaglia di Giorgio Amendola contro l’assenteismo (spacciato per opposizione sociale) o Enrico Berlinguer che proponeva la politica dei sacrifici (pure il sacrificio di unirsi tutti insieme in un momento di crisi stringendo i denti e condividendo nuove regole e nuovi atteggiamenti anche sul lavoro)?
I nuovi tribuni sostengono che “si stanno criminalizzando i vigili”. E invece non c’è nessuno che sta demonizzando intere categorie e quella dei dipendenti pubblici non è minimamente riducibile alle mele marce che ci sono. Quel che c’è, evidentissimo, è semmai il tentativo dei populisti-benaltristi di intestarsi una battaglia di retroguardia, fingendo che sia la loro, invece di spiegare - come imporrebbe il senso di realtà e di responsabilità - quanto attraverso la razionalizzazione del lavoro, la moralizzazione dei comportamenti professionali e il rifiuto di logiche clientelari e corporative l’Italia possa forse diventare migliore. Anton Cecov diceva che “nessun cinismo supera la vita”. Ma i nuovi tribuni non lo sanno.