Ecco i populisti in soccorso dei pizzardoni

di Mario Ajello
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Lunedì 5 Gennaio 2015, 23:22 - Ultimo aggiornamento: 6 Gennaio, 00:12
Uno dei dipinti più impressionanti di Honoré Daumier s’intitola: “Tre avvocati in consultazione”. Sono tre avvocati delle cause perse. Aggiornando il celebre dipinto del maestro ottocentesco, verrebbe da vedere in quelle figure un altro terzetto.



Composto, meno artisticamente ma molto trasversalmente dai nuovi tribuni Beppe Grillo, certa destra romana e certa sinistra da tanto peggio tanto meglio. Ecco, ognuno con i propri interessi di lucro politico, i sedicenti difensori degli umiliati e offesi, che in questo caso sarebbero i vigili assenteisti e tutto quel mondo - assolutamente non maggioritario tra i dipendenti pubblici - che in nome dei “diritti acquisiti” non accetta l’introduzione di criteri di giustizia, di efficienza e di razionalizzazione nel mondo del lavoro che si vorrebbe immobile come una foresta pietrificata chiamata Italia.



Nel tribunale dove agiscono questi tre avvocati delle cause perse non c’è scritto “la legge è uguale per tutti” (ossia cerchiamo di stabilire tutti insieme nuove regole per far funzionare meglio la macchina pubblica) e spicca invece il motto arci-italiano: “Ci vuole ben altro....”. Ci vuole ben altro, in Italia, che fustigare gli assenteisti! Ci vuole ben altro, in questo Paese, che stigmatizzare i finti malati! Ci vuole ben altro, in questo momento, che pretendere di riformare il salario accessorio di qualche categoria ingiustamente vilipesa e se ci provate passate i guai! Recita così il mantra dei nuovi, ma vecchi, difensori del popolo. La battaglia per adeguare il sistema ai tempi e ai modi di uno Stato efficiente è diventata insomma vittima del benaltrismo. Che è una delle forme più andanti di cinismo politico. È il tic del rinviare sempre ad altro (ricorrendo a figure retoriche del tipo: “Il problema è un altro”, “Il punto non è questo”) e del non intraprendere mai le sfide di civiltà perché troppo impegnative e sconvenienti.



I populisti-benaltristi, che soffiano sul fuoco della paura del cambiamento e della difesa degli interessi particolari, propongono a pezzi di categorie in cerca di rappresentanza, e che essi fingono di voler rappresentare, il seguente schema: noi vi facciamo vincere la causa e voi ci date la parcella, cioè il voto o comunque la forza per bloccare tutto perché adesso ci conviene così. Ma sanno benissimo, questi avvocati delle cause perse, che la causa la perderanno e non si accorgono che buona parte del blocco sociale che vorrebbero rappresentare non abbocca all’illusionismo spacciato a piene mani e alla strumentalizzazione di questioni non riducibili a mera propaganda o a un tentativo maldestro di sostituzione del tipo: ora scippiamo al Pd i consensi nel pubblico impiego.



Basti vedere del resto quante critiche, da parte di tutti, anche dipendenti pubblici, si sono riversate ieri su Grillo appena ha lanciato il suo hashtag #forzavigili. Cose così: “Non fare il buffone anche tu, altrimenti sul serio non andiamo più a votare”. Mentre a sinistra, di fronte a quella sinistra che difende i finti malati di Capodanno o gli spazzini napoletani che si rifiutano di lavorare, come si fa a non ricordare la battaglia di Giorgio Amendola contro l’assenteismo (spacciato per opposizione sociale) o Enrico Berlinguer che proponeva la politica dei sacrifici (pure il sacrificio di unirsi tutti insieme in un momento di crisi stringendo i denti e condividendo nuove regole e nuovi atteggiamenti anche sul lavoro)?



I nuovi tribuni sostengono che “si stanno criminalizzando i vigili”. E invece non c’è nessuno che sta demonizzando intere categorie e quella dei dipendenti pubblici non è minimamente riducibile alle mele marce che ci sono. Quel che c’è, evidentissimo, è semmai il tentativo dei populisti-benaltristi di intestarsi una battaglia di retroguardia, fingendo che sia la loro, invece di spiegare - come imporrebbe il senso di realtà e di responsabilità - quanto attraverso la razionalizzazione del lavoro, la moralizzazione dei comportamenti professionali e il rifiuto di logiche clientelari e corporative l’Italia possa forse diventare migliore. Anton Cecov diceva che “nessun cinismo supera la vita”. Ma i nuovi tribuni non lo sanno.