Resa dei conti nel Pd: «Con Renzi si perde, alleanze o è la fine»

Orlando (Ansa)
di Nino Bertoloni Meli
3 Minuti di Lettura
Martedì 27 Giugno 2017, 07:53
Le elezioni? «Abbiamo perso anche dove c'era il centrosinistra largo, ma occorre rilanciarlo». Parola di Andrea Orlando, leader della minoranza interna e competitor di Matteo Renzi alle primarie di due mesi fa. «C'è ormai una frattura con l'elettorato, anche dove il centrosinistra c'era si è perso ugualmente, occorre rilanciarlo». Parola di Gianni Cuperlo, ex competitor di Renzi alle primarie della volta scorsa. Nel Pd maretta c'era prima del voto e tempesta c'è adesso.

IL CLIMA
Il clima è da resa dei conti interna, l'ennesima, con la direzione convocata per il 10 di luglio. L'altra minoranza, quella di Michele Emiliano, festeggia, visto che in Puglia il Pd ha riportato alcune delle vittorie più significative, non in grado di raddrizzare l'esito generale, ma almeno da esibire: si tratta di Lecce, riconquistata dopo 25 anni, e di Taranto, più altri comuni meno importanti. «Serve una nuova coalizione, da soli non si va da nessuna parte», sottolinea Francesco Boccia, emilianeo, allineandosi al refrain delle altre minoranze. E il Guardasigilli propone di «convocare un tavolo del centrosinistra» per discutere programmi, alleanze e leader.

Si scrive coalizione, si legge archiviare Renzi. Passa per il cosiddetto rilancio del centrosinistra, passa per la riproposizione di alleanze di centrosinistra, nuovi Ulivi o rinnovate Unioni, la via per tentare di sbarrare la strada a Renzi candidato premier, quando sarà. «Con lui si perde», il leit motiv delle minoranze, anche se dalle urne non è emerso alcun modello, linea, prospettiva alternativi e vincenti. E' lo stesso copione dei tempi di Veltroni, quando si imputò all'allora leader del Pd la sconfitta elettorale puntando il dito sulla vocazione maggioritaria che era diventata sinonimo di autosufficienza perdente, un'accusa per archiviare Veltroni e spianare la strada a Pier Luigi Bersani.

LE POSIZIONI
«Le primarie di coalizione non sono strettamente necessarie, il candidato premier lo sceglieremo al momento opportuno», assicura Orlando, come a dire che per Renzi la strada rimane impervia. C'è poi una sorta di terza via alla coalizione teorizzata da Roberto Morassut, che dà voce ai dubbi che serpeggiano anche tra i veltronianisecondo il quale «la vocazione maggioritaria del Pd si è esaurita, così come il centrosinistra conosciuto finora, occorre lavorare a una terza fase del medesimo aprendosi a un soggetto più largo con spiccati caratteri civici». Il pendolo del Pd torna a oscillare allo stesso modo: o vocazione maggioritaria, soprattutto se si andrà a votare con il proporzionale, o alleanze e ancora alleanze sperando di riconquistare spezzoni di elettorato.

Qui la ferita brucia da far male: in Emilia il Pd ha perso cinque ballottaggi su cinque, in Toscana ha salvato Lucca ma perso Pistoia e Carrara, «e il nostro elettorato non è andato a destra, ma davanti a divisioni e lotte interne si è rifugiato nell'astensione», incalza Orlando. Se questa della premiership è la partita, si spiega l'accanimento polemico con il quale la maggioranza dem, renziani e non, si è spesa per smontare la tesi coalizionista. «Volete l'Unione? Ecco la foto di gruppo», ha twittato Matteo Orfini rilanciando una riunione storica, quella dei 35 (trentacinque) leader e leaderini che dovevano sostenere Prodi. «E' vero, non parliamo a pezzi di società, agli esclusi, ma non lo facciamo mettendo assieme pezzi di ceto politico», incalzano i renziani. «Riaprire una discussione a base di formulette politiciste è superficiale e fuorviante», rintuzza a sua volta Matteo Ricci, responsabile enti locali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA