Referendum e Rai, doppio strappo Pd: 10 parlamentari annunciano il no sulle riforme

Referendum e Rai, doppio strappo Pd: 10 parlamentari annunciano il no sulle riforme
di Emilio Pucci
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Venerdì 5 Agosto 2016, 09:10 - Ultimo aggiornamento: 19:13

Si annuncia un altro agosto caldo nel Pd. La minoranza dem rompe la tregua. Sulla Rai con l'annuncio delle dimissioni dei bersaniani Fornaro e Gotor dalla Commissione di Vigilanza contro la sostituzione di Bianca Berlinguer denunciando la «mancanza di trasparenza». E con uno schiaffo sul referendum. Dieci parlamentari firmano un documento per annunciare il loro no alla consultazione d'autunno. L'iniziativa è del senatore Tocci, a convergere sono deputati di area bindiana ed esponenti della sinistra dem: Corsini, Dirindin, Manconi, Micheloni, Mucchetti, Ricchiuti, Bossa, Capodicasa, Monaco.

Si tratta del primo affondo al quale, viene spiegato, se ne aggiungeranno altri. La strategia infatti è quella di aprire un varco, di inviare un messaggio chiaro prima di una possibile spaccatura definitiva. «Se Renzi non lancia subito una proposta di modifica della legge elettorale questa la linea andremo nella direzione opposta a quella voluta dal premier, con conseguenze gravi nel Pd e per il governo». A livello parlamentare nessuna avvisaglia di una rottura sui prossimi provvedimenti che arriveranno alla ripresa dei lavori, ma il clima si è surriscaldato, avvertono, e ci sarà guerriglia anche sulla legge di stabilità: «Siamo arrivati ad un punto di non ritorno, o ci ascoltano oppure è finita». Il segnale di un posizionamento contrario al referendum c'è tutto e, anche se non c'è alcun ultimatum in vista, la direzione intrapresa dai dieci ribelli verrà seguita da tutta la minoranza.
 
Bersani nei giorni scorsi ha spiegato di aspettare le mosse del presidente del Consiglio. E' stata apprezzata la decisione, seppur tardiva, di spersonalizzare' l'appuntamento sul ddl Boschi, ma sul tavolo la questione resta sempre l'Italicum. Il disposto tra la legge elettorale e il pacchetto costituzionale. Ecco perché l'obiettivo resta quello di non chiudere affatto la porta al dissenso, di cercare di convincere i vertici dem che chi si schiererà per il no deve avere pieno diritto di cittadinanza nel partito. Anche i cuperliani non nascondono il proprio malessere e perfino i Giovani Turchi di Orfini non hanno gradito alcune scelte del Pd, a partire dalla difesa sui vertici di viale Mazzini.

LO STATUTO
Intanto coloro che sono usciti ieri allo scoperto nella minoranza dem si dicono convinti del «carattere liberale dello statuto del partito, il quale mette in conto che non si dia un vincolo disciplinare quando sono in gioco principi e impianto costituzionale». Il loro è un no contro un «bicameralismo confuso», contro il rischio di «un plebiscito». La risposta arriva da Rosato e Guerini: «Alcuni di questi parlamentari avevano votato il testo in Aula. Nessun provvedimento, non siamo una caserma ma aggiunge il vice segretario dem il Pd è senza se e senza ma per il sì».
Quanto ai mal di pancia sulla Rai, dal Nazareno segnalano di esser pronti a sostituire i due dimissionari, sempre le co strappo per ora solo annunciato venga concretizzato. Tra i nomi circolano quelli di Pignedoli, Zanon, Latorre, Sangalli, ma anche di due renziani doc come Ginetti e Marcucci. Anche tra i renziani c'è il timore che possa insediarsi un atteggiamento di neutralismo sulle riforme, che i cittadini possano disertare le urne. Ecco perché l'intenzione di Renzi è quella di uscire dalla logica della politica. «I partiti ha ripetuto in questi giorni ai suoi - hanno fatto e faranno la loro parte, ma bisogna uscire dal Parlamento, rivolgersi agli italiani». E così farà: martedì sarà in Emilia per partecipare a due feste dell'Unità.

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