Il primo a rompere il ghiaccio è il segretario della sezione parigina Massimiliano Picciani, dopo che alle sue spalle un filmato ha mostrato le immagini della strage del Bataclan. Sergio Lo Giudice, Gianni Cuperlo, Walter Tocci, Alfredo Reichilin si spellano le mani. «Non ci interessa misurare le distanze tra le nostre parole e quelle del premier. Il partito è il nostro partito e non esiste nessun'altra alternativa», ripete fino allo sfinimento l'ex capogruppo Speranza, «ma c'è il rischio di uno scollamento profondo con il nostro mondo. Non ci sta bene una certa idea del Pd che va in giro col petto gonfio e ha fatto vari errori. Primo fra tutti la legge elettorale». Si alle primarie ma da usare con intelligenza come antidoto al partito della nazione.
Non solo Dem. All'invito hanno risposto anche esponenti di Sel come Massimiliano Smeriglio, presidente della Regione Lazio, e l'ex ministro degli Esteri, la radicale Emma Bonino. I punti critici restano gli stessi e Speranza li elenca: l'abolizione della tassa sulla prima casa, considerata una manovra iniqua che premia i "ricchi", la timidezza sui diritti civili, la proposta Cirinnà che va approvata «subito». E poi l'accusa in chiave interna, di aver trasformato il partito in una sommatoria di potentati elettorali e aver spalancato le porte girevoli del trasformismo. No, infine, alla coincidenza segretario premier che «finora non ha funzionato».
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