Pd, Marcucci: «Con Di Maio e Salvini solo un caffé. E sbaglia chi attacca ancora Renzi»

Pd, Marcucci: «Con Di Maio e Salvini solo un caffé. E sbaglia chi attacca ancora Renzi»
di Nino Bertoloni Meli
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Venerdì 30 Marzo 2018, 08:22
«Ma lo sa che cosa ci sono venuti a dire Toninelli e la Grillo? Che quelli erano gli ordini ricevuti e che non avevano mandato a trattare dei questori o di altro con il Pd». Andrea Marcucci, neocapogruppo dei senatori dem, non riesce a mandar giù l'esclusione del Pd dal collegio dei questori. Attacca: «Quelli sono posti importanti, lì si controllano le spese, i rendiconti, insomma tutto il funzionamento del Parlamento, non è mai successo nella storia repubblicana che le minoranze fossero tagliate fuori, è un fatto gravissimo che mina i rapporti. Così si compromette la normale dialettica democratica».

Presidente Marcucci, perché secondo voi hanno proceduto in questo modo, che cosa volevano ottenere?
«Temo che le motivazioni più che politiche siano, come dire, di appetito, hanno visto in corso d'opera che avere qualche poltrona in più non guasta, con il corredo di benefit, si stanno ubriacando di poltrone. Come si dice, l'appetito vien mangiando».

Quello che è successo rende più difficile il dialogo e la trattativa tra Pd e M5S?
«Già era difficile prima, figuriamoci ora. Comunque non credo che esista il problema della trattativa. Tutta la campagna elettorale di M5S e Lega è stata concentrata sui provvedimenti approvati dai governi del Pd che loro vogliono abbattere. Di che parliamo, insomma? Come facciamo a intavolare una discussione con loro che dicono che è tutto da smontare? Con M5S e Lega al massimo possiamo prendere un caffè di cortesia».

Fatto sta che nel Pd si è riacceso il dibattito, se non lo scontro, tra fautori dell'opposizione responsabile e contrari a ogni apertura.
«L'opposizione in cui credo è quella responsabile, di proposta, ma sempre opposizione. Sono allineato con il segretario reggente Martina e con il mio collega della Camera, Delrio: non credo sia alle viste, e neanche in discussione, un nostro ingresso in maggioranza o addirittura al governo, tra i senatori ad esempio non ho ricevuto segnali in questo senso. Nei confronti è emersa una linea riassumibile così: né con il M5S, né con la Lega. Avremo altri confronti, vedremo».

Magari è un tema dell'ennesimo scontro interno renziani-antirenziani.
«Se fosse, sarebbe un errore. Renzi ha fatto un passo indietro, e comunque sono orgoglioso di un partito dove si discute e dove non vige il criterio di uno vale tutti, come tra i 5Stelle dopo il loro assurdo e autoritario regolamento interno».

Questo per l'oggi. Ma se un domani dal Colle venisse la sollecitazione a favorire la nascita di un governo?
«Il Pd è il partito della responsabilità, che ci è anche costata elettoralmente. Ma faccio notare che Di Maio e Salvini stanno via via superando le loro distanze programmatiche, ora lo scontro è concentrato sulle poltrone, chi deve fare il premier, chi il ministro dell'Interno e via così. Penso comunque che il capo dello Stato alla fine troverà una soluzione che porterà a uno sbocco naturale riguardo le due forze che hanno vinto le elezioni».

 
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