Pd decimato: da 19 a 8 capoluoghi Il centrodestra duplica, boom M5S

di Diodato Pirone
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Martedì 21 Giugno 2016, 08:38
ROMA Ma, insomma, chi le ha vinte o perse davvero queste benedette elezioni? Capirlo questa volta non è facile. Intanto perché i segnali partiti dalle urne sono diversi rispetto a quelli che siamo stati abituati a valutare negli ultimi 20 anni. Vittorie e sconfitte, infatti, ora vanno distribuite su tre poli e non più su due. Gli stessi risultati poi non sono univoci ma molto frastagliati per cui - come vedremo - anche le vittorie più brillanti sono offuscate da zone di grigio e viceversa.

Ma ecco i numeri più importanti partendo dai capoluoghi al voto che erano 24, 19 dei quali in mano a sindaci di centrosinistra tradizionale dominus delle amministrative.

MONOPOLIO ADDIO
Da ieri invece il monopolio rosso dei sindaci è definitivamente tramontato. Fra i 24 dei capoluoghi al voto 9 sono andati al centrodestra (a partire da Trieste); 8 al centrosinistra (compreso Cagliari il cui sindaco vendoliano è alleato col Pd); 3 dei Cinquestelle (Roma, Torino e Carbonia, in Sardegna); 3, a partire da Latina, in mano a liste civiche mentre 1 (la Napoli di De Magistris) resta alla sinistra a sinistra del Pd.

Il dato più diffuso è però trasversale: sulle 24 città ben 16 hanno cambiato casacca, segno che siamo in presenza di una fortissima ventata di voto contro destinato a rovesciare chiunque abbia comandato finora.
«A questo fenomeno - spiega Enzo Risso, direttore della triestina Swg - Si deve aggiungere l'arrivo sulla scena del tripolarismo asimmetrico». Che vuol dire? Spiega Risso: «Quando al ballottaggio arrivano i due vecchi poli non c'è scambio consistente di voti fra i due blocchi. Invece se al ballottagio arriva un esponente dei 5Stelle, a questo terzo polo arrivano anche i voti degli elettori del polo escluso. Gli elettori di destra e di sinistra votano 5Stelle per impedire ai loro avversari di vincere. Questo è avvenuto in massa a Roma, Torino ma anche in centri minori come Nettuno». E qui il candidato pentastellato è passato dai 6.000 voti del primo turno ai 15.000 del ballottaggio contro un esponente di destra. «Questo è un giochino pericoloso per destra e sinistra però - avverte Risso - Se gli elettori si affezionano ad una seconda scelta chi li obbliga a tornare alla prima?».

Ma torniamo ai 24 capoluoghi. La sconfitta del centrosinistra è diffusa sul territorio ma non è una novità perché nelle scorse tornate sono cadute roccaforti storiche come Livorno o Padova. Questa volta a quelli di Roma e Torino si aggiungono gli ammainabandiera di città come Trieste, Novara, Pordenone, Benevento, Grosseto, Savona. E tuttavia secondo gli osservatori non si tratta di una Caporetto perché il Pd, dopo 23 anni d'opposizione, prende Varese nel Nord e una città popolosa come Caserta al Sud. E, soprattutto, mantiene Milano e Cagliari strappate a Berlusconi nel 2011.

In chiaro scuro vanno lette anche le affermazioni del centrodestra che oggi governa 9 capoluoghi contro i 4 conquistati nel 2011. Un'ottima affermazione. Affievolita però dalle divisioni sancite in tante città e dall'assenza di una vittoria nelle città più grandi.

RISULTATI ALTALENANTI
Anche la valanga di voti a favore dei 5Stelle a Roma e Torino va inserita in un contesto più articolato visto che domenica scorsa in Italia si sono svolti 126 ballottaggi che in 19 casi sono stati assegnati ai candidati M5S. Dunque il Movimento ha avuto un risultato molto altalenante (basti ricordare il modesto 10% di voti raccolti a Milano e Bologna) che, per alcuni aspetti, viaggia parallelamente all'affermazione delle liste civiche più o meno apartitiche che si era già manifestato nelle precedenti comunali.