Partiti ed elettori/Le paure che la politica non capisce o non gestisce

di Sebastiano Maffettone
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Venerdì 16 Febbraio 2018, 00:05
La campagna elettorale va avanti con pigrizia: piazze vuote, talk show televisivi affollati di attori ma privi di pubblico, nessun litigio per divergenze politiche al bar o sul posto di lavoro. Niente che somigli al festival di Sanremo o al campionato di calcio insomma. I candidati e i loro sponsor politici non sembrano a questo punto essere in grado di cogliere, se non in maniera superficiale, gli umori dei cittadini. Cosa cova sotto la cenere del disinteresse e che cosa si può fare per capire come catturare l’attenzione degli elettori? La mia tesi è che il sentimento dominante nel paese adesso è la paura. Con il corollario che è alla domanda generata da questa paura che bisogna trovare risposta politica. 

Intendiamoci, quando una disgraziata fanciulla può essere fatta a pezzi nel bel mezzo della quieta e civile Macerata, la paura non è paranoia ma conseguenza dei fatti. Ma la paura di cui parlo, non è solo la risposta biologica al pericolo che ti circonda. E’ qualcosa di meno empirico e circostanziale. E’ in sostanza una paura generale e metafisica. La paura è sempre paura di qualcosa. Ha bisogno di un oggetto per sorgere e crescere. Ma qual è questo oggetto ai nostri giorni? Sicuramente, causa di paura è la crisi economica. Di certo, c’entra la sfiducia nella politica. Ma non è tutto qui. La paura di cui sto parlando dipende piuttosto da un senso di smarrimento e di perdita.

l mondo è diventato troppo complicato e nuovo perché la nostra capacità emotiva e intellettuale possa processarlo. La globalizzazione in atto ci fa sentire terribilmente piccoli nei confronti dell’ambiente circostante. Al tempo stesso il progresso tecnico sempre più ci allontana dalla natura: prima si veniva al mondo in casa ora in ospedale, scopriamo che sostituendo pezzi del genoma possiamo curarci e magari migliorarci. Per non parlare dell’intelligenza artificiale, della robotica e della loro potenzialità trasformative. Il nichilismo -di cui si parla spesso a sproposito - è in fondo l’altra faccia di questo profondo smarrimento e perdita di orizzonti. E il nichilismo nasce dalla mancanza e fa crescere la paura. 

<HS9>Ammesso e non concesso che la diagnosi sia sensata, quale può esserne la terapia? La paura, lo sappiamo, è cattiva consigliera. Può generare autoritarismo e movimenti reazionari. 
<HS9>Come del resto, da un po’ di tempo accade in Occidente. Ma autoritarismo e reazione sono cure palliative. Trattano i sintomi e non le cause del male - la paura- di cui vorrebbero essere la cura. Non servono neppure slogan altisonanti e proposte di cambiamento radicale. Piuttosto, servirebbero strategie che rassicurino i cittadini e li aiutino a recuperare identità nazionale e personale. Per adottarle ci vogliono però credibilità istituzionale, tranquillità sociale e fiducia nella politica. Battere la paura vuol dire credere nel futuro, e per farlo ci vuole una proposta politica ed economica seria in questa direzione. Che per il momento non traspare dall’andamento lento della campagna elettorale.
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