Parma, così l'ex Stalingrado 5Stelle si è convertita alla realpolitik

Parma, così l'ex Stalingrado 5Stelle si è convertita alla realpolitik
di Renato Pezzini
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Lunedì 3 Ottobre 2016, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 11:00
Dal nostro inviato
PARMA Indimenticabile l'intervento del cittadino Mauro Nuzzo durante un consiglio comunale della primavera 2015. Lui, eletto con i Cinquestelle, brandì il programma elettorale del Movimento e lo strappò davanti a tutti, foglio per foglio. Come a dire che di quel programma, di quelle promesse, di quella rivoluzione annunciata non era e non è rimasto praticamente nulla. E adesso, alla vigilia del grande addio del sindaco Pizzarotti al grillismo, il consigliere Nuzzo se la ride, ma senza allegria: «Non ha tradito me, ma i nostri elettori».
Ecco, è la parola «tradimento» quella che serpeggia nei palazzi della politica parmense. E non soltanto in queste ore concitate di accuse e ripicche, ma fin dall'inizio, fin da quel maggio 2012 quando lo stato maggiore del Movimento si precipitò a Parma per salutare la fragorosa vittoria alla elezioni comunali, primo capoluogo di Provincia a finire in mani pentastellate. Con relativi sogni di gloria: «Dimostreremo all'Italia come si governa con trasparenza, onestà ed efficienza». Pareva che nessuno li potesse fermare.

TRA SLOGAN E REALTÀ
In strada Uguzzolo, periferia nord est di Parma, dalla corpulenta ciminiera dell'inceneritore escono spessi sbuffi di fumo grigio. Il termovalorizzatore ha i motori al massimo, più di 130 mila tonnellate di rifiuti che vengono bruciati ogni anno. Eppure, era stato il cavallo di battaglia di Federico Pizzarotti in campagna elettorale. «L'inceneritore ha i giorni contati. Se vinceremo noi, non lo faremo mai entrare in funzione». Perfino Beppe Grillo, nel comizio finale pre-ballottaggio, non usò vie di mezzo: «Mai, mai, mai».
Dicono che i rapporti fra il sindaco e il comico si siano guastati proprio a causa dell'inceneritore. Ma la questione è più complessa. Pizzarotti, una volta entrato nella stanza dei bottoni, ha semplicemente preso atto del fatto che una cosa sono gli slogan, un'altra cosa la difficoltà dell'amministrare; che a dire «mai» ci si mette un attimo, ma tradurre il «mai» in iniziativa politica costa fatica, richiede competenza, idee, e una certa destrezza con la burocrazia. Così Pizzarotti alla fine ha dovuto dire sì all'inceneritore.
In altri tempi si sarebbe chiamata realpolitik. Qualcuno usa, per la giunta di Parma, definizioni più sdolcinate: «Il grillismo dal volto umano». Dove il volto umano consiste nell'evitare lo scontro a tutti i costi. E per esempio - se un gruppo di industriali presenta un progetto per l'edificazione di un ciclopico centro commerciale alle porte della città, anziché boicottarlo (come richiederebbe l'ortodossia Cinquestelle) lo si lascia passare: «Sono già stati fatti corposi investimenti, fermare l'operazione ci costerebbe troppo in fatto di penali». Ma se sia vero o no nessuno lo sa.
Dei venti consiglieri eletti col Movimento nel 2012, diciotto sono rimasti fedeli al sindaco e lo seguiranno. Due invece da un paio d'anni sono seduti sui banchi dell'opposizione. Uno di loro è proprio Mauro Nuzzo, lo stesso che accusandolo di tradimento - strappò il programma elettorale davanti al sindaco: «Io non sono favorevole al muro contro muro. Bisogna dialogare con tutti, compresi quelli che si chiamano poteri forti. Ma tenendo sempre la barra dritta, senza genuflettersi davanti alle loro pretese e alle loro richieste».

LE MISURE
Pizzarotti e i suoi di cose grilline ne hanno fatte. Hanno imposto, per esempio, una raccolta differenziata severissima a cui molti faticano ad abituarsi. Hanno tagliato i costi della macchina amministrativa, le auto blu, i biglietti gratis. E hanno pure ridotto il debito comunale, solo che lo hanno fatto con metodi piuttosto spicci privatizzando la storica scuola comunale Tartaruga e proponendo un taglio dei fondi per l'assistenza ai disabili. Poi la cosa è naufragata causa sollevazione popolare. E anche questo infortunio è servito al sindaco per capire quanto sia complessi governare.
Risultato? Che a Parma il Movimento Cinque Stelle è in via di estinzione: «Esiste ancora un elettorato nostro, ma non esistono più gli attivisti» dice uno dei pochi rimasti fedeli al verbo di Grillo, Di Maio, Di Battista e quanti altri. Si aspettavano che Pizzarotti e i suoi assessori li coinvolgessero nelle scelte e li consultassero prima di decisioni importanti. Ma il bel film della «partecipazione dal basso» è arrivato ai titoli di coda prima ancora di cominciare. Per necessità o per cattiva volontà?
Da qualche tempo un gruppo di imprenditori ha avviato un dibattito pubblico, attraverso la rete, in chiave pre-elettorale. Si chiama: «Parma, io ci sto». Raccolgono idee e progetti per la città che verrà. Per ora è una cosa vaga, senza allacci politici e senza nomi di possibili candidati (si vota nella primavera 2017). Ma si dice che, dopo lo strappo con Grillo, le preferenze degli industriali «che ci stanno» potrebbero ricadere proprio su Pizzarotti. In fondo ha dimostrato che un sindaco dei Cinquestelle può governare una città, a patto che prenda le distanze dai toni, dai modi e dall'ortodossia dei Cinquestelle.