Rivalità, sgambetti e calcoli politici: così i partiti si contendono le Olimpiadi invernali

Rivalità, sgambetti e calcoli politici: così i partiti si contendono le Olimpiadi invernali
di Mario Ajello
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Giovedì 2 Agosto 2018, 10:26
Cinque i cerchi delle Olimpiadi. Ma dal punto di vista politico, sono tre. Perché le partite che s'intrecciano in questa vicenda dei Giochi invernali riguardano oltre che tre luoghi - Torino, Milano e Cortina - anche tre partiti. I 5 stelle, il Pd, la Lega. E ognuno di questi, sull'evento del 2026, ha ingaggiato una battaglia con gli altri che è più generale rispetto al tema delle Olimpiadi ed è insieme, oltre a una competizione esterna, una competizione interna alle proprie schiere e un'operazione di potere. Esempio? Quello di Giuseppe Sala.

Il sindaco era super-olimpico, sull'onda del successo di Expo a Milano, quando era renziano. Ora, da un bel po', non lo è più e sfrutta l'occasione dei Giochi - anche smarcandosi in nome della grandeur milanese: o guidiamo noi o niente, perché Milan l'è semper un gran Milan - per sviluppare un suo ruolo da big nazionale; per un protagonismo che possa farlo diventare, nel buio della leadership dei dem, la figura di riferimento nazionale del progressismo che fa le cose, il simbolo - più di Calenda o meno di Calenda? - della via pragmatica di una sinistra capace di affrontare le sfide della modernità e della competizione internazionale.

Smarcasi dal patto dei tre, per Sala, è una maniera per esserci più degli altri. E per ritagliarsi una posizione diversa dal governatore lombardo, Attilio Fontana, ossia per rappresentare un Pd che al Nord non ha bisogno di mettersi al seguito della Lega e che - ecco l'altra ragione del suo distinguersi e non voler fare gruppo nella candidatura multipla - cerca di evitare il non facile patto lombardo-veneto tra i due presidenti, l'altro è Luca Zaia, targati Carroccio. I Giochi dal Nord Ovest grillino al Nord Est leghista finirebbero per stritolare la Milano di Sala nella morsa giallo-verde. Ma Milano è anche la città di Salvini, che ha tutto l'interesse a un protagonismo meneghino.

LA MATASSA
Mentre il governo a cui tutti si rivolgono fatica a placare le rivalità, a conciliare gli interessi e a trovare la famosa «quadra» (come si dice in politichese), ci sono insomma tre aree geografiche che litigano e che corrispondo a tre forze politiche divise da interessi non facilmente componibili. E così, ecco la Appendino che va d'intesa sui Giochi con il governatore piemontese e democrat Chiamparino (non caso li chiamano Chiappendino) ma rivaleggia con i lumbard, sia in versione Sala che è del Pd come Chiamparino sia in salsa leghista anche se Lega e 5 stelle a Roma governano insieme, ma soprattutto in questa matassa di fili ingarbugliati la sindaca di Torino deve vedersela con i colleghi del suo movimento.

I quali, al grido No Olimpiadi, non smettono di farle la guerra in nome del vetero fondamentalismo da decrescita felice contro il neo-pragmatismo imposto dalla necessità di governare l'Italia e le sue città. Il risultato è che parte dei grillini accusano la Appendino di essere nelle mani dei «poteri forti», l'hanno indebolita nel consiglio comunale (la maggioranza 5 stelle è scesa da 23 a 19) e per questo e per tutto il resto la sindaca sta chiedendo al governo romano: «Decidi tu». Il più tranquillo di tutti, in questa tripla partita interna-esterna, è Zaia. I Giochi sarebbero un successone sia per lui sia per Fontana. Diventerebbero la vetrina internazionale del buon governo leghista. E un gran trampolino per Zaia, che con Salvini va d'accordo ma da potenza a potenza.
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