Trattativa Stato-Mafia, Napolitano scrive alla Corte d'Assise di Palermo: «Non ho nulla da riferire, nessun ragguaglio da D'Ambrosio»

Quirinale
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Lunedì 25 Novembre 2013, 10:31 - Ultimo aggiornamento: 26 Novembre, 11:26
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato un a lettera alla Corte d'Assise di Palermo nell'ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia. «Non ho da riferire alcuna conoscenza utile al processo, come sarei ben lieto di potere fare se davvero ne avessi da riferire», si legge in un passaggio.



Napolitano, su richiesta della Procura, era stato citato come teste per riferire di una lettera ricevuta dal suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio. La lettera del capo dello Stato è stata depositata dal presidente della Corte questa mattina. «Dei problemi relativi alle modalità dell'eventuale mia testimonianza - aggiunge il presidente della Repubblica - la corte da lei presieduta è peraltro certamente consapevole come ha, nell'ordinanza del 17 ottobre, dimostrato di esserlo, dei limiti contenutisticì da osservare ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 2012.




«L'essenziale è il non avere io in alcun modo ricevuto dal dottor D'Ambrosio qualsiasi ragguaglio o specificazione circa le ipotesì, solo ipotesì da lui enucleate»: Napolitano esclude così di aver avuto indicazioni dal suo ex consigliere giuridico, Loris D'Ambrosio, anche sul "vivo timore" a cui questi «ha fatto - scrive il presidente della Repubblica - il generico riferimento nella drammatica lettera del 18 giugno».
Proprio sulla missiva ricevuta da D'Ambrosio, finito nelle polemiche per alcune sue conversazioni intercettate con l'ex ministro Nicola Mancino, è stato chiamato a deporre il capo dello Stato. «Nè io avevo modo e motivo, neppure riservatamente- precisa Napolitano - di interrogarlo su quel passaggio della sua lettera. Nè mai, data la natura dell'ufficio ricoperto dal dottor D'Ambrosio durante il mio mandato, come anche durante il mandato del presidente Ciampi, ebbi occasione di intrattenermi con lui su vicende del passato, relative ad anni nei quali non lo conoscevo ed esercitavo funzioni pubbliche del tutto estranee a qualsiasi responsabilità di elaborazione e gestione di normative antimafie».
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