Il Governo più giovane di sempre, età media di 47 anni, la più giovane è la 33enne Boschi. Ecco i nuovi volti della squadra Renzi

Il Governo più giovane di sempre, età media di 47 anni, la più giovane è la 33enne Boschi. Ecco i nuovi volti della squadra Renzi
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Venerdì 21 Febbraio 2014, 20:56 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 12:49
di 47 anni e mezzo l'et media del neonato governo Renzi. L'esecutivo guidato dal segretario del Pd batte sia il governo di Enrico Letta, che aveva un'età media di 53 anni, sia il governo di Mario Monti, i cui componenti avevano in media 64 anni. Ora ha 64 anni il ministro più 'anzianò del governo Renzi, Pier Carlo Padoan. Mentre la più giovane, Maria Elena Boschi (1981), batte la più giovane della squadra di Letta, Nunzia De Girolamo (1975).



Ecco chi sono i nuovi volti della squadra di Matteo Renzi.



Pier Carlo Padoan (Economia) Pier Carlo Padoan, 64 anni, capo economista dell'Ocse e da poco nominato, ma mai insediato all'Istat, arriva a via XX Settembre, nelle stanze che furono di Quintino Sella e dove sono passati i 'dossier' più spinosi degli ultimi anni. È suo il profilo scelto da Matteo Renzi, dopo molte trattative andate a vuoto, anche per il 'respirò internazionale dell'economista. Padoan, un 'tecnicò, non un politico come invece il premier avrebbe voluto, da voci di corridoio, avrebbe resistito all'offerta fino a ieri. Poi avrebbe ceduto avanzando rispetto all'ex rettore della Bocconi Guido Tabellini considerato nel partito 'troppo liberistà. Indicato di recente alla guida dell'Istat, dopo un 'inciampò in commissioni Affari Costituzionali del Senato, Padoan vanta un curriculum di primordine arricchito a Parigi, come vice segretario generale (dal 2007) e capo economista (due anni dopo) dell'Ocse, fino al Fmi per il quale ha ricoperto (tra il 2001 e il 2005) il ruolo di Direttore esecutivo per l'Italia. Ma prima di sbarcare a Parigi, Padoan è professore di Economia all'Università La Sapienza di Roma e Direttore della fondazione legata a Massimo D'Alema, Italianieuropei, il 'think-tank' che si occupa di temi economici e sociali. Sempre in Italia è stato consigliere economico presso la presidenza del Consiglio dei ministri, collaborando con l'allora premier Massimo D'Alema e Giuliano Amato, e responsabile per il coordinamento della posizione italiana nei negoziati con l'Ue e i vertici del G8. Ma ha avuto anche incarichi di consulente alla Banca Mondiale, Commissione Europea e Banca Centrale Europea. Un curriculum quindi costruito per lo più all'estero e che ora tornerà molto utile soprattutto nei confronti della Commissione Ue alla quale Padoan dovrà esporre la nuova fase di politica economica che il premier incardinerà secondo l'impegno assunto: «una riforma al mese». E ancora non è noto se tra le richieste che Padoan dovrà contrattare ci sarà anche quella di un allentamento dei vincoli per liberare risorse da dedicare alla crescita. Anche perchè - sosteneva - «senza la crescita la stabilità non basta». Tra le riforme annunciate ce ne sono due 'nodalì: una, quella del lavoro, il 'job act' che non riguardano direttamente Padoan. Ma l'altra, la riforma fiscale, è proprio materia del suo dicastero. Nel corso della sua carriera di economista Padoan si è più volte espresso sui temi più caldi. Sostenendo, ad esempio, che «le tasse che danneggiano di meno la crescita sono quelle sulla proprietà, come l'Imu, mentre le tasse che, se abbassate, favoriscono di più la ripresa e l'occupazione sono quelle sul lavoro». Un'indicazione importante mentre si continua a parlare di taglio del cuneo fiscale. Taglio che Padoan ha sostenuto a distanza mentre si discuteva del primo intervento nella Legge di Stabilità. Un 'tonò di ottimismo si rintraccia però nelle recenti parole del nuovo ministro: il 2014 portà essere «l'anno della svolta». Ma l'Europa dovrà concentrarsi di più sul lavoro. E pur se è vero che «l'austerity è finita» è pur vero che, come diceva lui stesso, c'è «una sorta di pungolo» al governo italiano, per assicurare un rapido declino del debito pubblico. E proprio questo è uno dei dossier aperti: le privatizzazioni avviate da Letta (si dovrebbe partire con Poste). Tra i primi impegni anche seguire Carlo Cottarelli che ha già pronta la sua ricetta per il taglio alla spesa pubblica; verificare l'ultimo allarme della Corte dei Conti (13,7 miliardi di coperture 2017-2020 della Legge di Stabilità sarebbero a rischio); c'è da seguire la delega fiscale, i dossier delle 'partecipatè e, soprattutto, potenziare e moltiplicare i primi segnali di debole ripresa. L'immagine che Padoan ha più volte usato è: «l'Italia va vista come una macchina lanciata a grande velocità ma con il freno a mano tirato». A lui dunque va ora il compito di levare il freno.




Andrea Orlando (Giustizia) Dopo due anni e mezzo di ministri «tecnici» torna un politico alla guida del dicastero di via Arenula. Ligure (è nato alla Spezia), 45 anni, ministro dell'Ambiente nell'esecutivo Letta, Andrea Orlando ha cominciato a far politica giovanissimo; e i temi della giustizia li conosce visto che è stato responsabile del settore per il Pd per tre anni, su nomina di Pierluigi Bersani,e componente della Commissione Giustizia della Camera. Il suo esordio in politica nel 1989 come segretario provinciale della Fgci. Nel 1990 viene eletto nel consiglio comunale nella sua città; nel 1997 è assessore prima alle attività produttive, poi alla pianificazione territoriale. Nel 1996 l'approdo in Parlamento nelle liste dell'Ulivo. Tra i fondatori del Pd, nel 2007 ne diventa il primo responsabile dell'Organizzazione. Rieletto deputato nel 2008 per il Pd, è componente delle commissioni Bilancio e Antimafia, e viene quindi nominato portavoce del Pd da Walter Veltroni, incarico confermato da Dario Franceschini. Tra i suoi tanti ruoli anche quello di commissario del Pd di Napoli. Da ministro dell'Ambiente Orlando ha dovuto affrontare dossier scottanti: portano la sua firma il decreto sulle emergenze ambientali ed industriali per Terra dei fuochi e Ilva, la legge (ancora da approvare in via definitiva) per fermare il consumo di suolo, il Piano per ridurre lo spreco alimentare. Anche in via Arenula lo aspettano compiti tutt'altro che facili. La prima grana è la questione sovraffollamento delle carceri: l'Italia deve mettersi in regola entro maggio, per evitare una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo a pagare cifre enormi ai detenuti ristretti in condizioni disumane. Il Parlamento ha appena convertito in legge il decreto del governo Letta sulle carceri e la Consulta ha bocciato la Fini-Giovanardi sulla droga, atti che dovrebbero alleggerire la pressione sui penitenziari, ma che non sono certo risolutivi. Il nuovo premier si è detto contrario a un indulto, ma ritiene urgente una riforma della custodia cautelare, con cui il Guardasigilli si dovrà certamente misurare. Orlando dovrà anche decidere la sorte da dare al ddl sulla giustizia civile, approvato dal governo Letta e il cui iter parlamentare deve ancora cominciare: sul suo tavolo c'è già la richiesta degli avvocati, scesi in piazza ieri in diecimila, di revocare il provvedimento, contro il quale hanno proclamato tre nuove giornate di sciopero. Così come dovrà affrontare i nodi ancora aperti legati al taglio dei tribunali.



Federica Mogherini (Affari esteri) Matteo Renzi schiera nella sua quadra di governo, alla Farnesina, Federica Mogherini, la giovane responsabile Esteri e Europa del 'suò Pd che ha voluto nella segreteria dopo le primarie. Una sorpresa inattesa per i tanti che nelle ultime ore davano quasi per scontata la riconferma di Emma Bonino, e che rappresenta una scelta di forte discontinuità. Proprio per quel ministero-chiave, la Farnesina appunto, al quale spetta il compito di sbrogliare uno dei nodi più intricati e urgenti per il nuovo governo: il caso marò. Toccherà quindi alla Mogherini, 41 anni, la più giovane ministro degli Esteri dai tempi di Galeazzo Ciano, guidare le Feluche e già nelle prossime ore mettere le mani sullo spinoso dossier dei due fucilieri di marina, da oltre due anni trattenuti in India che l'Italia vuole riportare a casa il prima possibile. E dare risposte, insieme al nuovo team di Palazzo Chigi, nei primi giorni della prossima settimana, quando si saprà - la decisione è attesa a Delhi lunedì - se l'India sarà in grado di dire l'ultima parola o continuerà a fare melina, costringendo Roma a fare un passo importante. Passo che spetta alla nuova squadra di Renzi, aveva ricordato nei giorni scorsi la Bonino, che lascia alla Mogherini (un'altra donna, la terza alla Farnesina) «diverse opzioni» sul tappeto, compresa quella già 'esploratà nell'ultima riunione della task-force del governo uscente dell'arbitrato internazionale. Ma al di là del caso marò, i dossier che attendono il nuovo capo della diplomazia italiana, sono tanti. E complessi. Dalla Siria all'Afghanistan, dall'Iran all'Egitto passando per la difficile situazione nei Paesi delle primavere arabe. Senza dimenticare i rapporti cruciali di Roma. Quelli con gli Stati Uniti di Barack Obama, ma anche con le cancellerie europee in vista del semestre italiano e di quello svolta 'meno rigore più crescità di cui Renzi ha fatto uno slogan. Senza dimenticare Israele, la Russia di Putin e tutti quei Paesi mediorientali co-protagonisti del futuro della regione. In un dribbling di equilibri internazionali e rapporti bilaterali all'insegna della credibilità e della affidabilità del sistema Paese. Classe 1973, sposata con due bambine, si è laureata in Scienze Politiche a La Sapienza con con una tesi di filosofia politica sul rapporto tra religione e politica nell'Islam, fatta durante l'Erasmus a Aix-en-Provence, in Francia. Nel 1996 si iscrive alla Sinistra giovanile e nel 2001 entra nel Consiglio Nazionale Ds, e poi nella Direzione Nazionale e nel Comitato Politico. Nel 2003 inizia a lavorare al Dipartimento Esteri dei DS, prima come responsabile del rapporto con i movimenti, poi coordinatrice del Dipartimento, e da ultimo come responsabile delle Relazioni Internazionali. Ha seguito in particolare i dossier relativi all'Iraq, l'Afghanistan, il processo di pace in Medio Oriente e tenuto relazioni con il Partito Socialista Europeo, l'Internazionale Socialista, ed i partiti che ne fanno parte. Con un'attenzione particolare ai rapporti con i Democratici americani. «Amo viaggiare (ovunque, sempre e in ogni modo), leggere (romanzi, preferibilmente gialli) e passare tempo con la mia famiglia e le persone che amo», scrive nel suo curriculum autografo in cui non dimentica di citare anche «qualche lavoretto ai call center» dopo la laurea. Il nuovo ministro, membro dello Iai e presidente della delegazione parlamentare italiana all'Assemblea atlantica, nei giorni scorsi è stata con una piccola delegazione Nato a Kiev alla vigilia del bagno di sangue dei giorni scorsi. Per tornare con una convinzione: l'unica strada è quella della mediazione.



Roberta Pinotti (Difesa) Prima donna a diventare ministro della Difesa in Italia, Roberta Pinotti entra in un 'club' che ormai conta sempre più presenza femminili nel mondo. «True power girls» (vere ragazze di potere), twittava il primo febbraio il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt, commentando la foto che vedeva riunite alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco le ministre della Difesa della Norvegia, Ine Marie Eiksen Soreide, la Svezia, Karin Enstrom, l'Olanda, Jeanine Hennis Plasschaert, e la Germania, Ursula van der Leyden. Nel recente passato non possiamo dimenticare la spagnola Carme Chacon, scelta nel 2008 dal primo ministro socialista Jose Luis Zapatero quando era incinta di sette mesi. Nè la francese Michele Aillot Marie, ministro della Difesa fra il 2002 e il 2007, prima donna a ricoprire questo incarico in una delle cinque potenze nucleari del Consiglio di Sicurezza Onu. Dall'Africa, all'Australia, l'Asia e l'America Latina, sono sempre più numerose le donne a guidare questo dicastero, come fece fra il 2002 e il 2004 Michelle Bachelet presidente eletto del Cile.



Giuliano Poletti (Lavoro e politiche sociali) «Sono convinto che la condizione essenziale per ottenere buoni risultati sia quella di una collaborazione efficace con il Parlamento e con le forze sociali». Non perde tempo il neo ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti a dettare il suo metodo: collaborazione e dialogo. Ed è certo che dovrà usare tutte le qualità di mediatore che gli vengono riconosciute per affrontare le nuove sfide che lo attendono. La prima è l'occupazione ancora in calo (-1,9% dicembre 2013) e quella giovanile sempre più aleatoria e flessibile con una disoccupazione al 41,6%. Poi ci sarà tutto il pacchetto legato al Jobs Act, la riforma del lavoro che Matteo Renzi ha promesso per marzo. Toccherà a lui vedersela nel ginepraio delle varie forme contrattuali che il premier vuole ridurre drasticamente e dovrà anche battezzare l'introduzione di un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti fino a quella generale dell'art.18 come vuole la maggioranza del Pd. Sempre sul tavolo del ministro del Lavoro finiranno anche le 160 vertenze di aziende in crisi che il dicastero di Via Veneto dovrà affrontare insieme al Ministero dello Sviluppo. Altro tema cruciale per il rilancio dei consumi interni è l'alleggerimento del cuneo fiscale che deve restituire competitività alle aziende e più potere di acquisto in busta paga ai lavoratori. Il nuovo governo, e quindi il suo ministero competente, ha poi ereditato la vicenda «esodati» generata dalla riforma Fornero delle pensioni, sulla quale ci sarà ancora da fare degli aggiustamenti. Sarà poi necessario rinnovare gli strumenti di sostegno al reddito, in particolare il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e, nello specifico, la Cig in deroga. La nomina di Poletti «è stata una sorpresa» ma non troppo se si pensa che Legacoop, l'associazione che riunisce 15 mila imprese cooperative e di cui è presidente nazionale, mentre il Paese era in piena emorragia occupazionale, fra il 2011 e il 2012, ha aumentato i suoi dipendenti da 480.435 a 492.995 (+2,6%). Non a caso il premier Matteo Renzi uscendo dall'incontro con Napolitano, nel presentare la lista dei ministri ha detto: «mi piace pensare che nel mandato di Poletti ci sia anche una delega al Terzo settore dal quale può uscire una opportunità di cambiamento». Sessantatrè anni, imolese,due figli, Poletti ha una carriera tutta trascorsa dentro la politica e il mondo della cooperazione, che ha scalato fino a diventare presidente nazionale di Legacoop e, da qualche mese, numero uno dell'Alleanza delle cooperative. È stato assessore comunale, vice presidente del circondario Imolese e consigliere comunale, nonchè ultimo segretario della federazione di Imola del Partito comunista, fino al 1989. Considerato vicinissimo per anni al presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani e all'ex premier Massimo D'Alema, è stato uno fra i primi, insieme al mondo della cooperazione, a guardare con attenzione alle novità portate da Matteo Renzi. Qualche giorno fa, ad un convegno a Bologna, si diceva convinto che Renzi fosse l'uomo giusto: «Credo che una cosa cui dovrebbe guardare con cura questo presidente sia di evitare di continuare con una produzione legislativa che genera burocrazia, ostacoli, anzichè essere un aiuto allo sviluppo».



Federica Guidi (Sviluppo economico) Dna da imprenditrice, cresciuta dalla gavetta al top-management dell'azienda di famiglia, e formata nel vivaio di Confindustria. Una industriale corteggiata dalla politica. Federica Guidi, classe 1969, modenese, nel Governo Renzi prende le redini del ministero dello Sviluppo, un ruolo chiave nelle sfide del rilancio dopo la una lunga crisi economica, e soprattutto nel gestirne le ferite: sono 160 i tavoli sulle crisi industriali aperti al ministero. Con i riflettori accesi, in questi giorni, dalla vertenza Electrolux al futuro dello stabilimento chiuso da Fiat a Termini Imerese. Figlia d'arte: il padre è Guidalberto Guidi, per un decennio storico vicepresidente di Confindustria, proprietario della Ducati Energia. In azienda, si racconta, Federica è entrata nel 1996, e pare abbia iniziato dal basso, «dalle fotocopie», per assumere via via ruoli di responsabilità fino ai vertici. Il gruppo ha il cuore a Bologna, e produzioni anche in Romania, Croazia, India, Argentina. In Confindustria Federica Guidi è partita da incarichi nella sua Emilia Romagna («abbiamo sempre vissuto in campagna, a Montale di Castelnuovo Rangone», raccontò) per poi arrivare alla presidenza dei giovani imprenditori, gli under 40 di via dell'Astronomia, dal 2008 al 2011. Una esperienza che le consentirà di aprire un filo diretto tra il mondo dell'impresa ed il governo. In politica il suo nome è ricorso più volte, da indiscrezioni, come una persona che Silvio Berlusconi avrebbe voluto al suo fianco: nel 2012 quando si diceva che il cavaliere era alla ricerca di un volto nuovo in vista delle politiche 2013, ed ancora alla fine dello scorso anno quando si era parlato ancora di una «vice» su cui puntare per un'immagine più fresca e vincente della nuova Forza Italia. Lei smentì ogni ipotesi di ingresso in politica. «Se il Paese avesse bisogno di me sarebbe un brutto segnale per il Paesè», ha detto nell'agosto 2012. Sul fronte delle sfide che dovrà affrontare in via Molise, tra le questioni calde che rientrano nel settore tv e tlc, che dovrebbero rimanere di competenza del ministero dello Sviluppo economico, c'è sicuramente l'asta delle frequenze del digitale terrestre, che ha una base di partenza di circa 90 milioni di euro. A gestire la procedura, che dovrebbe concludersi entro l'estate, sarà proprio il ministero. Tra gli altri temi c'è però anche la questione Telecom, con l'eventuale scorporo della rete che non era stato affatto escluso dal governo Letta, nel caso i necessari investimenti per lo sviluppo della banda ultralarga dovessero languire, e lo sviluppo dell'Agenda digitale, che il precedente esecutivo aveva affidato al Commissario Francesco Caio. Per quanto riguarda invece l'energia, il ministero da tempo segue la realizzazione della Strategia energetica nazionale, a cui sono legati temi come un maggiore sfruttamento degli idrocarburi, un forte impegno sull'efficienza e lo sviluppo di nuove infrastrutture. Da tempo si discute anche della riorganizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, nonchè della riforma del mercato dell'Rc Auto. Il tema liberalizzazioni, infine, si intreccia con quello delle privatizzazioni, in particolare per quanto riguarda il settore postale.



Stefania Giannini (Istruzione) Anche stavolta il mondo dell'istruzione avrà a che fare con un ex Magnifico. Il neo ministro, Stefania Giannini, è stata infatti rettrice dell'Università per stranieri di Perugia per poi dedicarsi al ruolo di senatrice e segretario di Scelta Civica. La nuova titolare del dicastero di viale Trastevere, toscana come Maria Chiara Carrozza (è nata a Lucca il 18 novembre 1960), è una linguista e glottologa. Ha alle spalle 20 anni di attività nelle università. Nel 1991 è diventata Professore Associato di Glottologia e Linguistica. Docente ordinario nel 1999 ha diretto il Dipartimento di Scienze del Linguaggio tra il 2000 e il 2004. Il primo ottobre 2004 è diventata rettrice a Perugia, carica ricoperta fino all'aprile del 2013. Nel suo curriculum vanta diverse esperienze internazionali: nel 2005 diventa rappresentante per l'Italia nel Comitato di Selezione del programma Erasmus Mundus presso la Commissione Europea fino al 2009. Nello stesso anno entra a far parte del Tavolo Interministeriale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri ed è membro del Comitato di orientamento strategico per le relazioni scientifiche e culturali fra Italia e Francia. I problemi irrisolti che trova nel settore dell'istruzione sono parecchi. I soldi a disposizione pochi. La questione degli ex Lsu, la contrattazione per la copertura degli scatti di anzianità dei docenti, i decreti attuativi del decreto Istruzione sono alcune fra le questioni più urgenti con le quali dovrà fare i conti il nuovo ministro al quale toccherà pure affrontare il non secondario nodo del rinnovo del contratto di lavoro del comparto. Sul fronte dell'università il nuovo Governo dovrà portare avanti il riordino delle specializzazioni mediche. Oggi è arrivato il parere del Consiglio di Stato e il ministro Carrozza ha firmato il decreto per il concorso nazionale di accesso alle specializzazioni 2014. In sospeso anche il destino del decreto 'scattì (in discussione al Senato) così come entro giugno va chiusa appunto all'Aran la contrattazione per la copertura degli scatti degli insegnanti. È pronto il bando per il secondo ciclo del Tfa ordinario ma manca il via libera del Tesoro, mentre è al Consiglio di Stato il decreto che modifica in parte il Regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti. Resta sospeso anche il bando per i ricercatori 'senior' che è pronto ma dovrà fare il suo iter mentre attende il passaggio al Cipe il Programma nazionale della ricerca. Sulla rampa di lancio resta, infine, la Costituente della Scuola.



Beatrice Lorenzin (Salute) È la sesta volta donna che una donna guida il ministero della Salute con la conferma di Beatrice Lorenzin a capo del dicastero. Precedentemente la poltrona era andata a Tina Anselmi, Maria Pia Garavaglia, Rosy Bindi e Livia Turco e appunto a Lorenzin con il governo Letta. Al ministro della Salute c'è già pronta per la prossime settimane un'agenda fittissima per chiudere il Patto per la Salute con le Regioni, l'accordo per il futuro del servizio sanitario nazionale che le ha permesso di evitare nella scorsa finanziaria, per la prima volta dopo 10 anni, pesanti tagli al settore. Il ministro dovrà anche chiudere il cerchio della vicenda Stamina: a lei spetta nominare il nuovo comitato tecnico scientifico che dovrà esaminare il metodo di Davide Vannoni. Eletta con Forza Italia e passata con Alfano in Ncd, 42esse (è nata a Roma il 14 ottobre 1971), ha il diploma di liceo classico e prima di entrare al Parlamento nella compagine Pdl, era libera professionista. Già deputato nella precedente legislatura, è stata eletta nella circoscrizione XV (LAZIO 1). Co-firmataria di una proposta di legge per l'equilibrio della rappresentanza dei sessi nell'elezione dei membri del Parlamento europeo. Sulla fecondazione eterologa sì è espressa più volte per «non cambiare la legge 40». La sua carriera politica ha preso il via a Roma, dove è entrata nel movimento giovanile di Forza Italia nel 1996 per diventare l'anno successivo consigliere del XIII Municipio. Ha scalato rapidamente gli incarichi nel partito: nel 1999 è coordinatore regionale del movimento giovanile, nel 2001 è l'unica donna eletta nelle fila di Forza Italia al consiglio comunale di Roma e nel 2004 è a capo della segreteria di Paolo Bonaiuti, portavoce della Presidenza del Consiglio. In rete la si trova anche soprannominata la 'Meg Ryan' di Roma.



Gian Luca Galletti (Ambiente) Il pacchetto clima ed energia dell'Unione Europea, lotta ai reati ecologici, i piani di smaltimento dei rifiuti, come anche il completamento dell'Aia per l'Ilva e lo smantellamento della Concordia. Sono queste le questioni principali che dovrà affrontare il nuovo ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti scelto dal premier Matteo Renzi. Succede al dicastero di via Cristoforo Colombo ad Andrea Orlando, a sua volta nominato guardasigilli. Galletti, 53 anni a luglio, è stato sottosegretario all'Istruzione nel governo Letta. Laureato in scienze economiche e commerciali all'università di Bologna,sposato, ha 4 figli. Consigliere comunale a Bologna dal 1990 al 2009, nelle liste della Dc prima e in quelle del Ccd e nell'Udc poi, assessore al Bilancio dal 1999 al 2004, Gian Luca Galletti è stato nell'Alta commissione ministeriale di studio per la riforma della finanza pubblica (2003-2005). Poi consigliere regionale dell'Emilia-Romagna per un anno, è approdato alla Camera nel 2006, divenendo capogruppo dell'Udc nel 2012. «È per me un grande onore ma anche una grande responsabilità. Credo che sia una sfida per il mio partito, l'Udc, e per il Paese», ha detto il neoministro commentando nel corso del Congresso del partito all'Auditorium della Conciliazione a Roma la sua nomina. Come titolare dell'Ambiente lo attendono tematiche importanti come le bonifiche della Terra dei Fuochi, i piani rifiuti, a partire da quello della città di Roma, il nuovo pacchetto Ue clima ed energia (delicata la mediazione che di dovrà raggiungere con Confindustria), l'istituzione degli 'eco-reatì (con un gruppo di lavoro ad hoc). Naturalmente non ci si potrà esimere dal capitolo 'Costa Concordià, su cui ancora resta da decidere quale sarà il porto prescelto per lo smantellamento del relitto; oltre al completamento dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) dell'Ilva; e una spinta verso un'economia più 'verde'.



Maurizio Martina (Politiche agricole) La programmazione e il 'dossier' Expo 2015, dove il tema nutrizionale è al centro, rappresenteranno certamente il faro dell'azione del nuovo ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, che nel precedente incarico di sottosegretario al Mipaaf aveva ricevuto la delega a presiedere la Commissione di coordinamento per le attività connesse alla manifestazione milanese. Un'altra sfida importante per il giovane neoministro, nato a Calcinate, nel bergamasco, il 9 settembre del 1978, sposato con due figli, sarà inoltre di soprintendere alla realizzazione, attraverso i decreti attuativi, dei nuovi indirizzi della politica agricola comunitaria, soprintendere alla riorganizzazione di Agea e Inea, sbarrare o meno la strada agli Ogm secondo quella discrezionalità imputata dalla Ue ai singoli governi. Martina, che ricorda nel suo blog di avere avuto nonni contadini mentre il padre e la madre hanno sempre lavorato in fabbrica, ha una formazione specifica nel settore agricolo essendosi diplomato all'Istituto tecnico Agrario di Bergamo. Poi la laurea in Scienze Politiche e una veloce ascesa in campo politico («la politica è la mia passione», dice nel blog ma un pezzo del cuore è anche per la squadra di casa, l'Atalanta, di cui si dichiara tifoso), arrivando a distinguersi tra i fondatori del Partito Democratico. Nel 1999 è eletto Consigliere comunale a Mornico al Serio (Bg), carica ricoperta fino al 2004. Sempre nel 2004, dopo una militanza nell'organizzazione giovanile dei Democratici di Sinistra, viene eletto Segretario della Provincia di Bergamo. Nel 2006 assume la carica di Segretario Regionale dei Democratici di Sinistra in Lombardia. Nel 2007 è tra i fondatori del Partito Democratico. Nello stesso anno, a seguito delle primarie, è eletto primo Segretario del Partito Democratico della Lombardia. Nel 2009, sempre attraverso le primarie, viene riconfermato alla guida del Partito Democratico Regionale Lombardo. Nel 2010 è eletto Consigliere della Regione Lombardia, incarico riconfermato nelle consultazioni popolari del febbraio 2013. Durante i mandati di Consigliere Regionale Lombardo è stato componente della Commissione Affari Istituzionali e della Commissione Attività Produttive. Il 3 maggio 2013 ha giurato come Sottosegretario di Stato del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del Governo Letta e da oggi s'insedia come nuovo ministro del dicastero di via XX Settembre.



Maria Elena Boschi (Riforme) Avvocatessa, 33 anni. Per lei i soprannomi si sprecano. Da 'miss Parlamentò alla 'giaguarà per via di un paio di scarpe leopardate indossate alla Leopolda. Insomma, non passa inosservata Maria Elena Boschi, renzianissima del 'gigliò magico del sindaco di Firenze da oggi ministro delle Riforme e dei rapporti con il parlamento. L'amicizia e la collaborazione con Renzi è di lunga data. Nella campagna delle primarie del 2012 contro Pier Luigi Bersani, Renzi le chiese di far parte del suo staff con Simona Bonafè e Sara Biagiotti. Poi la candidatura in Parlamento nel listino, senza passare per le primarie. A Montecitorio la giovane avvocatessa nata a Montevarchi è entrata in commissione Affari Costituzionali e con l'arrivo di Renzi alla guida del Pd è diventata responsabile Riforme del partito. Un ruolo che l'ha portata a seguire da protagonista, la prima sfida lanciata da Renzi neo segretario dem: la riforma elettorale. Ha trattato con maggioranza e opposizione, ha incontrato vecchie volpi come Denis Verdini e ne è uscita bene. Così tanto che oggi è arrivata la nuova promozione con il 'doppiò incarico ministeriale.



Marianna Madia (Semplificazione e PA) Una donna con un bambino piccolo, in attesa del secondo, e che si occupa da sempre di lavoro: «un segnale importante in un Paese nel quale si firmano dimissioni in bianco». Così Matteo Renzi aveva commentato la decisione di affidare a Marianna Madia la responsabilità del settore lavoro nella segreteria del Pd. E oggi conferma questa fiducia affidandole però la guida di un ministero senza portafoglio, quello della Semplificazione e della pubblica amministrazione. Nata nel 1980, giovanissima (ma non il ministro più giovane nella storia della Repubblica, primato che appartiene ad Enrico Letta, appena trentaduenne la prima volta che fu nominato), liceo francese e laurea in Scienze politiche a Roma con una tesi in economia del lavoro, Madia ha collaborato con l'Arel, l'Agenzia di ricerche e legislazione fondata da Nino Andreatta, ed è entrata in Parlamento a soli 28 anni, nel 2008, sotto l'ala di Walter Veltroni. L'allora leader del Pd decise infatti di presentarla come capolista nel collegio Lazio1 inaugurando così la sua carriera politica e la sua presenza alla Camera, confermata nel 2013 dopo aver ottenuto circa 5.000 preferenze alle primarie del Pd. Impegnata fin dall'inizio sui temi del lavoro, ha curato il volume «Un welfare anziano. Invecchiamento della popolazione o ringiovanimento sociale?» e ha pubblicato nel 2011 «Precari. Storie di un'Italia che lavora» con la prefazione di Susanna Camusso. Quello dei precari è del resto un problema storico della pubblica amministrazione e sarà quindi, insieme al rinnovo del contratto di settore inevitabilmente una delle sfide che Madia si troverà ad affrontare. Come quella della semplificazione, di cui il ministero prende non a caso il nome. Nonostante gli sforzi dei passati governi nella direzione di uno snellimento burocratico, il rapporto con cittadini e imprese resta infatti una delle noti dolenti della pubblica amministrazione italiana. Resta inoltre tutta da scrivere l'ampia pagina della spending review alla quale sta lavorando il commissario Carlo Cottarelli e che avrà nel nuovo ministro un necessario interlocutore. Auto blu a parte, il taglio della spesa non può infatti che passare per ministeri, uffici, enti locali, partecipate che della pubblica amministrazione sono parte integrante.



Maria Carmela Lanzetta (Affari regionali) Maria Carmela Lanzetta, nominata ministro per gli Affari regionali nel primo governo Renzi, è stata sindaco di Monasterace, comune della Locride, fino al luglio dello scorso anno. Un'esperienza amministrativa che l'ha fatta assurgere, assieme al primo cittadino di Rosarno Elisabetta Tripodi, a simbolo dell'impegno delle donne sindaco calabresi contro la strapotere e l'infiltrazione delle cosche della 'ndrangheta nella pubblica amministrazione per accaparrarsi appalti e commesse. Sposata da 31 anni con Giovanni Scarfò, ingegnere elettronico, insegnante, regista e direttore della Cineteca della Calabria, usa indossare camicette anni '70 con gonne e sandali bassi. Porta solo collane di pietre dure e non usa trucco. La sua passione è l'archeologia. Le dimissioni della Lanzetta giunsero in polemica con il voto contrario di un assessore in merito alla costituzione di parte civile contro alcuni indagati in un procedimento penale a carico di un dipendente comunale accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Un voto che definì un «vulnus» rispetto alla linea guida delle sua amministrazione improntate sulla legalità e sul rispetto delle regole. Ma già in precedenza la Lanzetta si era dimessa, salvo poi tornare sui suoi passi, «travolta» dalle attestazioni di solidarietà. Nell'aprile 2012 aveva già deciso di lasciare l'incarico di sindaco dopo le pesanti intimidazioni subite a causa del suo impegno contro le cosche ed in favore della legalità: prima le era stata incendiata la farmacia di famiglia e poi furono sparati alcuni colpi di pistola contro la sua auto. Atti che provocarono una profonda eco a livello nazionale, tanto che per convincerla, riuscendoci peraltro, a rimanere al suo posto, arrivò a Monasterace l'allora segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Molti ritenevano che l'impegno antimafia di Maria Carmela Lanzetta l'avrebbe portata ad ottenere una candidatura alle elezioni politiche, che invece non arrivò. Maria Carmela Lanzetta fu anche inserita da Pippo Civati nel Pantheon della sua sinistra in occasione del confronto con gli altri candidati alla segreteria del Pd nelle primarie dello scorso anno. Succede a Delrio dal quale eredita alcuni «temi caldi». Un decreto legge per garantire ai Comuni le stesse risorse nel passaggio dall'Imu alla Tasi e il Ddl messo a punto da Delrio (e attualmente all'esame del Senato) per «svuotare» di poteri le Province, istituire le Città metropolitane e favorire unioni e fusioni dei piccoli Comuni sono i principali provvedimenti attesi dagli Enti locali e dalle Regioni, rimasti in sospeso con la fine anticipata del Governo Letta. Il decreto legge promesso dal Governo avrebbe dovuto garantire ai Comuni le stesse risorse del 2013 nel passaggio da Imu a Tasi. Il risultato di non veder diminuite le risorse, per l'anno in corso, è infatti stato già raggiunto, ma non per tutti i Comuni. Altro fronte aperto, quello della trattativa sulle spese per gli uffici giudiziari, somme anticipate ma non restituite dal 2011. Oltre a tutto questo, i sindaci, chiedono che prosegua il percorso delle riforme annunciate, dall'abolizione appunto delle Province, all'istituzione delle città metropolitane.
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