Migranti, Palazzo Chigi: senza quote da noi non entra più nessuno

Migranti, Palazzo Chigi: senza quote da noi non entra più nessuno
di Alberto Gentili
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Domenica 1 Luglio 2018, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 22:16

Porti chiusi e niente più sbarchi di migranti. E' questa la linea scelta da Giuseppe Conte, d'intesa con Luigi Di Maio e Matteo Salvini, dopo il deludente risultato del Consiglio europeo. «In Italia non entrerà più nessuno che non ne abbia diritto», dicono a palazzo Chigi. E aggiungono: «La posizione del presidente della Camera Fico che chiede di riaprire i porti italiani è personale, non del Movimento 5Stelle».

Il governo, insomma, sceglie la linea dura. Minaccia perfino il veto sul prossimo bilancio europeo e una sforbiciata ai contributi italiani. A Conte brucia scoprire che, dopo la lunga e furiosa battaglia ingaggiata a Bruxelles, gli altri leader europei già rinneghino il principio di condivisione della responsabilità e degli oneri dei salvataggi in mare. E che in poche ore le parole di solidarietà, quelle scritte nero su bianco nel documento finale del summit («l'Europa resterà a fianco dell'Italia, le migrazioni sono una sfida europea, non di un singolo Stato») si siano rivelate un bluff. «Una presa in giro».

L'ARROCCO
Così, di fronte alla latitanza della solidarietà volontaria promessa, il governo si arrocca. Non per reale emergenza: «Gli sbarchi sono calati del 95% in tre anni», hanno scritto a Bruxelles. Ma perché Conte, Salvini e Di Maio sono convinti che vada data una risposta all'opinione pubblica. Con un problema: finire accusati, com'è accaduto ieri dalla nave Ong Open Arms di avere causato la morte di cento persone tra cui tre bimbi. Sbarrare i porti per «ragioni di ordine pubblico», non è l'unica reazione. Per impedire altri sbarchi - se non quelli per i quali ci sarà l'impegno di alcuni Stati a prendersi parte dei migranti in un'equa ripartizione - Conte ha intenzione di fare tesoro di quanto ha ottenuto al Consiglio europeo. In primis, appunto, la stretta sulle Ong. Un giro di vite ripetuto ieri dal presidente del Consiglio Ue Donald Tusk: «Quelle navi devono rispettare le leggi e non ostacolare il lavoro della guardia costiera libica». E rafforzato da Salvini: «Le Ong non vedranno l'Italia neppure in cartolina. Non potranno fare neanche rifornimento nei nostri porti».

Una volta imbrigliate le Ong sospettate di essere complici dei trafficanti di esseri umani, il governo intende rafforzare insieme all'Unione europea il controllo delle frontiere esterne. Potenziando Frontex. Offrendo più mezzi e fondi alla guardia costiera libica. In più, grazie ai 500 milioni stanziati venerdì a Bruxelles, in collaborazione con l'Unione europea e l'Unhcr (l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati), il governo spingerà per la realizzazione «quanto mai rapida» delle piattaforme di assistenza e informazione dei migranti negli Stati africani di partenza e di transito. Con un problema: Libia e Marocco hanno già rifiutato.

A dare più forza a questa strategia è una saldatura d'interessi e di assi Oltreconfine. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, espressione di un partito di destra xenofobo, aprendo ieri il semestre di presidenza della Ue, ha garantito che la «priorità è garantire la sicurezza delle frontiere esterne d'Europa». La pensa allo stesso modo il leader della Csu bavarese e ministro dell'Interno tedesco, Horst Seehofer che incontrerà Salvini l'11 luglio al vertice di Innsbruck. Una linea che entusiasta anche il premier ungherese Victor Orban e il leader dell'ultra destra tedesca Joerg Muethen. Il suo slogan: «Con italiani, austriaci e ungheresi trasformeremo l'Europa in una fortezza impenetrabile».

IL CLIMA
Va da sé che in questo clima, Conte non ha alcuna intenzione di riprendersi dalla Germania i migranti registrati in Italia e fuggiti a Nord. Tant'è che il nostro Paesi non figura tra i 14 Stati che la cancelliera Angela Merkel è corsa ad arruolare nella sua coalizione di volenterosi. E il governo italiano, al momento, non intende neppure creare i centri sorvegliati (gestiti e finanziati dalla Ue). Lo farà solo a condizione che anche Spagna, Grecia e Francia facciano altrettanto. «Altrimenti l'Italia diventerebbe un grande campo profughi», dice una fonte che segue il dossier. Emmanuel Macron e Pedro Sanchez hanno però già risposto picche.

In ultimo, per tentare di spingere i partner a un sussulto di generosità, c'è la minaccia di porre il veto al bilancio europeo. Oppure di sforbiciarlo. A dirlo in chiaro è il vicepremier Di Maio: «Diamo 20 miliardi di euro all'anno all'Ue, se questi signori dopo aver firmato un documento, trascorsa qualche ora, smentiscono quel documento, vuol dire che forse dobbiamo rivedere quei 20 miliardi».

 

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