Renzi, il referendum e il “governicchio” tecnico

Renzi, il referendum e il “governicchio” tecnico
di Marco Conti
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Domenica 6 Novembre 2016, 16:46 - Ultimo aggiornamento: 16:56
dal nostro inviato
FIRENZE Dopo il 4 dicembre non ci dovrà essere "un governicchio tecnicchio", ed è per questo che occorre vincere al referendum. Matteo Renzi scalda la platea della Leopolda che esplode in un urlo da stadio quando dal palco il premier cita Massimo D'Alema e critica "la Ditta", ovvero quella parte del Pd che non si arrende e vota "no" per cercare di "conservare la poltrona". 
L'affondo chiarisce con evidenza lo scenario che potrebbe presentarsi qualora dovesse vincere il "no". Ovvero Renzi lascerebbe palazzo Chigi ma, da segretario del Pd non permetterebbe se non la formazione di un governo per chiudere la legge di Bilancio e portare il Paese alle urne dopo un tentativo di riscrittura della legge elettorale, che peraltro si presenterebbe molto difficile.
La Leopolda si chiude con un cambio di passo del presidente del Consiglio che dice chiaramente che il confronto con i sostenitori del "no" va spostato dai contenuti, "che non interessano, viste le bufale", al piano politico. Ovvero alle conseguenze di una sconfitta del blocco del "sì".
Instabilità, incertezza e, soprattutto, "il ritorno in pista di un ceto politico che vuole nasconderci il futuro dietro ai loro fallimenti".
Renzi punta molto sulla eterogeneità del fronte del "no", che va da Grillo a Berlusconi, da Monti a Salvini, da De Mita a Schifani. "Se li chiudiamo in una stanza", magari dopo la vittoria del "no", "non sono in grado di mettersi d'accordo su nulla". "Meglio tenere la porta aperta", e confidare - sostiene Renzi - sulla vittoria del "sì". D'altra parte, ha sottolineato, i sondaggi hanno sbagliato anche nel 2014 quando davano un testa a testa tra Pd e M5S che invece si tradusse nel 40% per il Pd e nel 20% per i grillini.
 
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