Caso Maroni, tensione tra Forza Italia e Lega. I sospetti di Salvini

Caso Maroni, tensione tra Forza Italia e Lega. I sospetti di Salvini
di Emilio Pucci
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Martedì 9 Gennaio 2018, 08:36 - Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 19:06

Parlare di disappunto è riduttivo. Salvini ha più di qualche sospetto sulla strategia di Maroni. Pubblicamente lo ha ringraziato ma il timore è che il governatore della Lombardia, chiudendo alla propria riconferma, abbia in sostanza sancito l'accordo con Berlusconi sulle elezioni politiche. Nulla di dettagliato probabilmente, vista l'incertezza del dopo voto, ma certamente in caso di stallo e di larghe intese Maroni e Bossi potrebbero aiutare il Cavaliere a comporre una maggioranza insieme al Pd. Magari anche a costo di spaccare i gruppi del Carroccio. I rapporti tra l'ex ministro dell'Interno e il Cavaliere sono ottimi e non ben visti all'interno del Carroccio. Presentarsi alle elezioni con il sospetto che Bobo abbia un'intesa con l'ex premier nel quartier generale viene considerato autolesionistico. «Al momento Maroni fa parte della Lega, poi vedremo», mettono le mani avanti i fedelissimi del giovane Matteo che ha chiarito anche durante il Consiglio federale la sua posizione: «Il candidato alla premiership sono io, non sono previsti altri giochetti. Se FI avrà più voti esprimerà un nome ma sarebbe assurdo se non indicasse qualcuno all'interno del partito». Anche gli esponenti vicini a Giorgetti sbarrano la strada ad un'eventuale manovra ordita ai danni del segretario.

Maroni ieri in conferenza stampa ha detto con chiarezza di voler appoggiare la corsa di Salvini a palazzo Chigi. Però quella frase aggiuntiva, ovvero «non ho pretese o richieste da fare ma sono naturalmente a disposizione se dovesse servire, so come si governa» ha lasciato più di un dubbio. «E' la prova che vuole tenersi le mani libere», il commento dei leghisti vicini a Salvini. Ufficialmente Maroni ha addotto motivi personali. «Confermo ha spiegato - che non mi ricandiderò: è una decisione che ho preso in piena autonomia». «Non c'entra nulla la mia salute, chiedo a tutti il rispetto. Con la politica ho una lunga storia d'amore fatta di passione di sfide, successi», ha detto lievemente emozionato, ricordando gli inizi della sua esperienza nella Lega con Bossi. «Come tutte le vere storie d'amore non finiscono mai», ha continuato, «rimane, fa parte di me». Chiusa una parentesi («sono soddisfatto dal lavoro che abbiamo fatto in Regione. Con l'autonomia, che sarà fatta entro le elezioni, possiamo concludere in bellezza») se ne apre un'altra: «Se nessuno mi chiede nulla non mi candido da nessuna parte, sono a disposizione se può essere utile e qualcuno me lo chiede».

LA MOSSA
Poi Maroni non nascondendo che alcune decisioni prese da Salvini siano state discutibili («io le accetto e le condivido per principio», l'aggiunta) ha lanciato la candidatura di Fontana, suo amico personale con un cursus politico da amministratore locale moderato. Candidatura poi ufficializzata dal consiglio nazionale della Lega lombarda. Ma i dubbi sulla doppia mossa maroniana restano. Perfino Giorgia Meloni ritiene che l'operazione di Bobo abbia un doppio fine. FdI però ha dato l'assenso su Fontana al contrario di Forza Italia. Non è un caso che ieri l'azzurro Romani abbia rilanciato l'ipotesi Gelmini per il Pirellone. FI avrebbe voluto aspettare, considera Fontana un candidato debole, poco conosciuto. «Lo certificano i sondaggi», dicono. Lo stesso Berlusconi avrebbe preferito Giorgetti. «Così rischiamo di farci del male», sottolinea un big. In realtà lo stesso Salvini ha dovuto digerire l'opzione Fontana. Non è un suo fedelissimo e anche se considera la vittoria il 4 marzo quasi scontata non si fida del tutto. L'augurio di buon lavoro è un atto obbligato, Salvini metterà paletti chiari sulla corsa dell'ex sindaco di Varese: «Il candidato lo esprime la Lega, piuttosto corriamo da soli», ha mandato a dire a FI. E soprattutto non vuole che il Carroccio debba pagare un prezzo nelle altre regioni (In Friuli sponsorizza forte Fedriga) e nella ripartizione dei seggi. Il caso Lombardia ha fatto slittare il tavolo sul programma e sulle candidature a mercoledì (era previsto per oggi) ma sui 10 punti che ogni partito della coalizione presenterà entro il 19 gennaio c'è un'intesa di massima, a partire dalla flat tax.
 

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