Marcello Foa: «Non sono Belzebù e rispetto tutti, gli attacchi fanno parte del gioco»

Marcello Foa: «Non sono Belzebù e rispetto tutti, gli attacchi fanno parte del gioco»
di Mario Ajello
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Domenica 29 Luglio 2018, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 09:55
Il gioco politico è il gioco politico. E «gli attacchi fanno parte del gioco». Marcello Foa mostra di non preoccuparsi troppo per l'appuntamento cruciale di mercoledì in Vigilanza Rai. Quello che deciderà la sua sorte. Potrebbe uscire vincitore da questa partita - ma «io non ho chiesto nulla, non sono uno che briga, non ho mai frequentato un Palazzo» - oppure rimanere bloccato nel suo cammino verso la poltrona più alta del Cda di Viale Mazzini di cui è appena diventato membro. «Io per adesso sto ancora qui in Grecia - racconta dalla sua vacanza - poi prendo un aereo e arrivo a Roma». E qui martedì incontrerà anche Fabrizio Salini, il nuovo direttore generale della Rai.

CON SALINI
I due ancora non si conoscono personalmente, ma ieri si sono parlati e pare che siano subito entrati in sintonia. Mercoledì comunque è il D-Day parlamentare. Foa non ne vuole parlare, non fa previsioni, eppure sarebbe abbastanza sorprendente - data la sua storia, vista la sua provenienza dal Giornale montanelliano e poi berlusconiano, considerando che è sempre stato in ambito di centrodestra - che Forza Italia azzoppasse un personaggio così. Ma la politica, appunto, è un gioco complicato. Il Pd è in trincea, Forza Italia «riflette» cioé tratta, M5S dice addirittura che sta facendo i casting per i nuovi conduttori dei talk show Rai, e Foa si gode gli ultimi giorni di vacanza. «Sono ancora stupito che abbiano pensato, all'unanimità, di fare il mio nome», racconta dalla Grecia. «Lo sa come ho appreso la notizia? Ero in mezzo al mare, giovedì scorso. Il telefono prendeva e non prendeva. A un certo punto riesco a parlare. Pronto? Qui è la Batteria del Viminale, dice una voce da Roma e aggiunge: la stanno cercando tutti. Tutti chi?». Conte, Di Maio, Salvini. Poi la barchetta, presa in affitto, esce fuori campo. Poi vi rientra. Insomma, a un certo punto Foa sente la voce del premier che dall'altra parte del telefono gli dice: «Abbiamo pensato a lei, e le faccio in bocca al lupo per l'incarico importante che andrà a ricoprire». Segue un bombardamento di sms, quelli di Di Maio, di Salvini e altri. Lo chiama Monica Maggioni, di cui è amico, e gli dice: «Sono contenta che prendi il mio posto, complimenti e auguri». Lo chiama De Bortoli, perché è amico anche suo e fu Foa a ospitare i suoi editoriali sul Corriere del Ticino dopo che Ferruccio uscì dal Corriere della sera.
Ma il campo c'è o non c'è? Quel che c'è è che subito dopo il diffondersi della notizia arrivano gli attacchi politici a Foa. E lui li commenta così: «Mi descrivono come Belzebù, evidentemente non mi conoscono. Sono il tipo più pacioso del mondo, un giornalista corretto, non sono abituato a offendere nessuno. Tantomeno le istituzioni». Cioé Mattarella? «Si sta facendo un gran baccano. Ma non ci saranno problemi».
La Vigilanza non ha ancora votato, e intanto Foa traccia la sua Rai. «Vorrei rinnovare la Rai e riportarla al suo vecchio splendore». E ancora: «Ho sempre ammesso di essere soprattutto un giornalista, di avere questa meravigliosa professione nel sangue, e d'ora in poi questa mia passione verrà esercitata ancora di più, ma per permettere ai colleghi della Rai di lavorare nel migliore dei modi».

L'AZZURRO
Se si dice estraneo al Palazzo romano, dove però si muovono i fili che lo riguardano, Foa - oggi definito puntiniano, ma lui si sente molto filo-americano - è stato l'unico giornalista italiano che nel 2003, subito dopo la guerra contro l'Iraq, insieme a sette colleghi europei venne invitato alla Casa Bianca. Non c'era ancora Trump, ma Bush. «Fu una visita interessantissima, ci portarono dappertutto, anche al Dipartimento di Stato. Potrei dire che ho più dimestichezza con la Casa Bianca che con Montecitorio», sorride Foa dall'altra parte del mare. Il tipo è così, affabile, apparentemente distaccato. Se quelli della commissione di Vigilanza Rai lo chiamassero, per chiedergli chi è, per fargli illustrare la sua idea di televisione, non averebbe difficoltà a sciogliere le loro curiosità e i loro dubbi. O a confermare i loro entusiasmi, e i più felici della sua nomina nel Cda - che è incompatibile con la sua carica di amministratore delegato del gruppo del Corriere del Ticino da cui sta per dimettersi - sembrano essere i Cinque stelle. Il Dibba ha addirittura twittato: «Foa presidente Rai è un sogno!». «Questa stima trasversale mi lusinga», conclude Foa. Ma perché si realizzi il sogno di Dibba, che naturalmente è anche il sogno di Marcello, la trasversalità deve avere una punta di azzurro. Che in questo caso non è il colore del mare di Grecia.

 
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