Manovra, Renzi: l'impianto non si tocca, voto di fiducia o dritti alle elezioni

Manovra, Renzi: l'impianto non si tocca, voto di fiducia o dritti alle elezioni
di Alberto Gentili
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Lunedì 19 Ottobre 2015, 03:46 - Ultimo aggiornamento: 15:36

«Non mi lascio impressionare dalla Merkel e da quelli di Bruxelles, figuriamoci da Bersani...». Matteo Renzi, irritato dalla nuova alzata di scudi della minoranza dem, non ha alcuna intenzione di schiacciare il pedale del freno.

Così, come annunciato sabato quando i ribelli hanno cominciato ad alzare le prime barricate, il premier sulla legge di stabilità è determinato ad andare «avanti come un treno». A «non arretrare di un solo centimetro». Perché, ripete Renzi, «abbassare la tasse non è di destra o di sinistra, ma è giusto». E ha chiesto ai capigruppo di convocare un'assemblea dei parlamentari sulla legge di stabilità, e a Orfini una direzione dem per fare il punto sulla politica estera.

L'IMPIANTO NON SI TOCCA

Insomma, il premier difende l'impianto della legge di stabilità.

E' convinto che togliere la tassa sulla prima casa serva per ridare fiducia agli italiani, per spingere i consumi e dare maggiore sprint a una ripresa non ancora brillante. «E' la minoranza dem che rialza la testa», dice un esponente del Giglio Magico, «cerca solo di dimostrare la propria esistenza in vita, cavalcando il solito scontro ideologico: criticano l'innalzamento a 3mila euro dell'uso del contante? Ridicolo: quando Bersani era ministro la soglia era a 5mila». Per dirla con Matteo Richetti: «Evocare poi l'incostituzionalità per mancanza di progressività dell'imposta sulla prima casa che viene completamente abolita, è il segno di un eccesso di pregiudizialità nel contrastare l'azione del governo».

Eppure qualcosa potrebbe cambiare. Roba di dettaglio, ma dal valore simbolico, come rinunciare all'abolizione della tassa su ville e castelli inseriti nel catasto alle categorie A8 e A9. «L'impianto della manovra sull'Imu e sulla Tasi non si tocca», dice un renziano di alto rango incaricato di seguire il dossier, «ma potremmo accogliere qualche proposta di modifica che venga dal Parlamento. Qualcosina si potrebbe correggere. Ad esempio si potrebbe lasciare la tassa sulle mega-ville e sui castelli: si tratta di circa 30mila immobili, che rendono tra i 70 e gli 80 milioni di gettito, la cui stragrande maggioranza risulta già come seconda casa e dunque non è stata esentata dalla manovra. Ma ripeto: si tratta di un dettaglio, l'impianto resta. Tanto più che il taglio dell'Imu e della Tasi rappresenta meno del 10% della riduzione complessiva del peso fiscale, il resto va a favore del lavoro e delle imprese».

Renzi ha calzato l'elmetto e non ha intenzione di toglierselo. Anche perché è convinto che in Senato, dove la legge di stabilità è attesa alla prima prova, «i numeri ci saranno». E se poi la minoranza dem decidesse di tentare il tutto per tutto e provasse a far cadere il governo, «ci sono sempre le elezioni». Ora più praticabili, e in qualche modo più vicine, dopo il nuovo sì del Senato alla riforma costituzionale.

In ogni caso, come per le altre leggi di stabilità, lo schema è fissato: il provvedimento verrà incardinato, verranno fatti alcuni ritocchi alla manovra. «Poi, com'è prassi», spiegano a palazzo Chigi, «verrà posta la fiducia sul maxi-emendamento proposto dal governo. E lì chi vorrà andare sparato alle elezioni potrà liberamente votare contro».

Renzi è convinto, com'è già stato per la riforma di palazzo Madama, che la legge di stabilità sia solo un pretesto: «Chi rema contro vuole colpire solamente chi guida la barca». E che, come afferma il pasdaran renziano Andrea Marcucci, «la minoranza fa un congresso su ogni provvedimento del governo». Obiettivo: «Cacciare quello che ritengono un usurpatore».