Manovra, numeri a rischio: Gentiloni pronto a trattare

Manovra, numeri a rischio: Gentiloni pronto a trattare
di Marco Conti
4 Minuti di Lettura
Giovedì 26 Ottobre 2017, 07:49 - Ultimo aggiornamento: 10:42

ROMA La fine ordinata della legislatura che tutte, o quasi, le forze politiche avevano promesso al Capo dello Stato, rischia di non esserci. I numeri di ieri al Senato confermano che la maggioranza non ha più i numeri e che senza l'apporto dei verdiniani di Ala - e l'uscita di FI e Lega - non si sarebbe potuto garantire neppure il numero legale in Aula. Oggi al Senato si chiude con le legge elettorale, ma le ferite sono serie e il tempo è poco per trasformarle almeno in cicatrici. Tra qualche giorno, dopo il passaggio al Quirinale, arriverà in aula a palazzo Madama la legge di bilancio. L'iter si annuncia tutto in salita dopo che Mdp ha ufficializzato l'uscita dalla maggioranza. Malgrado fosse ormai da tempo che il gruppo di Maria Cecilia Guerra non votava con la maggioranza, il passaggio formale rischia di far saltare gli equilibri in molte commissioni di palazzo Madama dove la manovra prenderà il via già da questa settimana.

IL FOGLIO
«Non so come faremo, ma vediamo e lasciamo depositare un po' di polvere», sostiene il senatore Giorgio Tonini, presidente della Commissione Bilancio dove a breve arriverà il testo. Tredici a tredici sono i numeri della Bilancio, contando in maggioranza anche Ala. Una parità che al Senato significa bocciatura con il conseguente rischio di mandare in aula un testo che, senza parere della Commissione, verrebbe posto al voto di fiducia. A palazzo Chigi non danno però tutto per perduto. Paolo Gentiloni, da buon incassatore, non ha mai perso i contatti con gli scissionisti di Mdp e conserva ancora il foglio con le richieste che ai primi di ottobre gli vennero sottoposte da Giuliano Pisapia a nome di Campo Progressista. Il duro scontro in aula di Mdp con il governo, non è stato ammorbidito dalle parole dell'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano che in aula ha parlato di «pressioni» sul presidente del Consiglio. Per gli ex del Pd la rottura con la maggioranza è «radicale» e la colpa di Gentiloni è quella di aver ceduto alla richiesta della fiducia di fatto avanzata da Pd, Ap, FI e Lega, i partiti che hanno chiuso l'accordo sulla legge Rosato. «Da domani ognuno dovrà far i conti con il principio di realtà. C'è una legge elettorale e con questa occorrerà fare i conti», sostiene con ottimismo un senatore Dem. Nei giorni scorsi era stato Roberto Speranza ad aprire al confronto con il Pd di Matteo Renzi. Anche se la legge elettorale era uno dei punti che il leader Mdp avrebbe voluto discutere, il dibattito a sinistra del Pd continua. Occorrerà attendere ancora qualche giorno per vedere se alla fine prevarrà la linea dalemiana dello scontro anche nei collegi - e anche a costo di far prevalere il candidato di FI o M5S - o se invece riprenderà la linea dell'intesa «per battere le destre». L'appuntamento è per il 5 novembre, giorno del voto in Sicilia. Nell'isola la conquista di palazzo dei Normanni sembra ormai un affare tra il candidato grillino e quello del centrodestra. Un rischio che avvertono forte nel Pd sia Andrea Orlando che Dario Franceschini, due ministri che nei giorni scorsi hanno salutato con entusiasmo l'apertura di Roberto Speranza. «Noi siamo disponibili a discutere anche domani su un programma di discontinuità», sostiene Nico Stumpo, esponente di Mdp. Smaltite le scorie della legge elettorale e spaventati dall'esito del voto siciliano, la legge di Bilancio potrebbe quindi essere il luogo dove far incontrare le due sinistre insieme allo ius soli che Gentiloni intende proporre al Senato come ultimo atto della legislatura.

IL MACIGNO
Il premier avrebbe dalla sua non solo la minoranza del Pd ma anche un pezzo della maggioranza che sostiene Renzi. Obiettivo rimettere insieme la sinistra prima di costruire una coalizione, con un'ala di centro e una civica, in grado di poter competere con il centrodestra. Renzi resta scettico, e malgrado alla sua sinistra non mettano più in discussione il suo ruolo, ieri ha lanciato con Maurizio Martina un altro macigno sulla strada dell'esecutivo: il rinvio del nuovo scatto di età per la pensione. Una richiesta che guarda molto a sinistra, ma che a via XX Settembre è stata accolta con irritazione perchè farebbe saltare i conti pubblici. Malgrado la soluzione è per gli esperti a portata di mano, con l'ampliamento dell'ape social per i lavoratori occupati in mansioni usuranti, il fronte pensioni aperto dal Nazareno complica il lavoro di palazzo Chigi che rischia di essere ancor più compromesso se i renziani della commissione banche manterranno le bellicose promesse.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA