Mafia Capitale, lucrare sui valori: dem sotto choc al Nazareno assediato

Largo del Nazareno sotto assedio
di Mario Ajello
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Venerdì 5 Giugno 2015, 06:16 - Ultimo aggiornamento: 09:32
Un partito assediato il Pd. Ma non soltanto da Salvini e dai grillini e dalla vergogna di scoprirsi di nuovo al centro del sisma di Mafia Capitale. E' assediato anche dalla propria storia il partito che viene dal Pci. Perchè sta vivendo in queste ore difficilissime, tra imbarazzi, sbandamenti e complicati tentativi di mostrarsi estraneo a tutto, una sorta di nemesi politico-culturale.



GLI ASSET

Quelli che sono stati i suoi classici cavalli di battaglia e quelli che erano i temi forti della tradizione della sinistra ereditati dal Pd e evidentemente non maneggiati bene nel contesto romano - l'accoglienza agli immigrati, l'emergenza abitativa, il mondo delle cooperative, il verde pubblico, l'ambiente - si sono trasformati, nelle mani sbagliate, in affari criminali. In un sistema di favori e di tangenti che segna il capovolgimento scandaloso e il deragliamento delinquenziale degli asset di cui i comunisti e i post-comunisti si sono sempre fatti vanto e che hanno rappresentato il cuore della loro predicazione quando a Roma governavano gli altri e poi hanno assunto centralità assoluta in tutti i periodi in cui la Capitale è stata amministrata da giunte di sinistra. Il democrat Daniele Ozzimo, l'ex assessore alla Casa della giunta Marino ora finito agli arresti, è uno dei simboli di questa vicenda.



Ed è la riprova di come le grandi urgenze sociali sono state ridotte a mucche da foraggiare e da mungere, dopo essere state all'avanguardia per decenni di una politica che voleva presentarsi come nuova e come diversa, nei suoi uomini e nei suoi progetti, per poi farsi travolgere invece dalla questione morale sempre rimproverata agli altri.



RIUNIONE DRAMMATICA

Nel fortino assediato del Nazareno, la sede nazionale, ieri mattina s'è svolta la riunione drammatica tra il presidente e commissario Orfini, il sindaco Marino, il governatore Zingaretti e i vertici del Pd, in un lungo singhiozzo: «I nostri valori calpestati dalla banda». Aleggiava pesantemente nella sala, e ha punteggiato le mail di protesta e le telefonate dei militanti indignati che dal mattino hanno cominciato a piovere sui dirigenti, la consapevolezza di questa mutazione non genetica (la genetica in politica non conta) ma pratica e strategica del partito della sinistra o almeno di alcune sue parti (le male marce, ma non si sono rivelate poche) che sta rendendo l'attuale momento particolarmente doloroso.



Da una parte il Pd chiede a se stesso ma già l'aveva chiesto l'altra volta di «fare pulizia» (copyright Orfini) e rilancia con le parole nette di Renzi («Chi ruba va in galera fino all'ultimo giorno») l'esigenza legalitaria, ma dall'altro lato il rovescio della medaglia di tutto ciò sta nel sentire il peso e la responsabilità del tradimento della politica sociale e della vocazione ambientale del passato, piegate al foraggiamento di una casta particolare.



Il Pd dei diritti dei bagnanti, per esempio, è diventato il Pd di Ostia, delle sue spiagge, del sistema mafioso del litorale che ha portato al commissariamento del partito. Anzi di un partito che l'ex ministro Fabrizio Barca, a cui Orfini ha commissionato la mappatura dei circoli romani, ha descritto pochi mesi fa come «cattivo, pericoloso e clientelare». Sono passati sei mesi dalla prima retata bipartisan e intanto il Pd ha meritoriamente cercato di fare pulizia a livello romano e si è intestato la legge anti-corruzione a livello parlamentare e di governo, ma la nemesi della mangiatoia sembra non ammettere scampo.