M5S, Di Maio stoppa il centrodestra: Romani invotabile

Cambio schema per le presidenze
3 Minuti di Lettura
Giovedì 22 Marzo 2018, 12:28 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 08:04
«Così regaliamo tutto al centrodestra». Malumori diffusi, tra gli eletti M5S, soprattutto a Palazzo Madama, dove nelle ultime ore prende piede una vera e propria sindrome da accerchiamento. Salta, rinviata entro le prossime 24 ore, l'assemblea congiunta di deputati e senatori grillini in programma oggi per le ore 13 a Montecitorio. Mal di pancia per la decisione, mai condivisa o decisa con un voto assembleare, di lasciare campo libero al centrodestra nella partita che si sta giocando per la presidenza del Senato. «É la seconda carica dello Stato - dice un senatore - assurdo restare fermi e non tentare, con il 32% di voti, di puntare alla presidenza». Poi arriva lo stop a Romani: «Il Pd si è rifiutato di partecipare al tavolo di concertazione proposto dal centrodestra, e lo stesso centrodestra continua a proporre la candidatura di Romani che per noi è invotabile», scrive in un post su facebook il capo politico M5S Luigi Di Maio.

«Nelle ultime ore notiamo che ci sono difficoltà nel percorso che porta all'individuazione dei Presidenti delle Camere. Per questa ragione proponiamo un nuovo incontro tra i capigruppo di tutte le forze politiche per ristabilire un dialogo proficuo al fine di un corretto processo per l'individuazione delle figure di garanzia per le presidenze delle Camere». scrive inoltre Di Maio.


Con Silvio Berlusconi che ha aperto a sorpresa una linea di credito verso il M5S, il nervosismo è salito alle stelle. Ieri la senatrice Paola Taverna - che molti al Senato avrebbero voluto in corsa per la presidenza, con lei anche Barbara Lezzi - lo ha detto in chiaro, senza usare mezzi termini:
«No a Berlusconi tutta la vita». E prende piede il timore di ritrovarsi in minoranza nelle due Camere anche sulle altre caselle meno in vista ma ugualmente determinanti, vedi la composizione degli uffici di presidenza.
Il tutto per puntare a Palazzo Chigi,
«e se non dovessimo spuntarla? - si chiedono in tanti tra le file M5S - rimarremmo davvero col cerino in mano». «Ovvio che non saremo al tavolo con Berlusconi - osserva un senatore - ma lasciare a Fi la presidenza del Senato vuol dire comunque scendere a patti col Caimano». Tanto che, raccontano fonti autorevoli all'Adnkronos, Roberto Fico, che oggi l'assemblea avrebbe dovuto 'incoronare' come candidato M5S alla presidenza della Camera, avrebbe confidato ad alcuni fedelissimi di essere pronto a sfilarsi qualora la situazione dovesse prendere una piega troppo compromettente.

Serpeggia anche la paura che Fico, un 'duro e puro' del Movimento della prima ora e da molti ritenuto il capo degli ortodossi, possa essere 'impallinato' dai voti del centrodestra, lasciando campo libero a una figura più vicina a Luigi Di Maio, in primis quella di Riccardo Fraccaro, indicato dal leader del Movimento come possibile ministro dei Rapporti col Parlamento in un ipotetico governo targato M5S. Se da un lato c'è chi apprezza, nella base ma anche tra gli eletti, la trasparenza nei colloqui interlocutori con le altre forze politiche e gli aggiornamenti puntuali dei capigruppo e dello stesso Di Maio, dall'altra c'è chi, nella vecchia guardia grillina, non manda giù la gestione poco collegiale del nuovo corso del Movimento, dove le informazioni decisive restano 'chiuse' nell'inner circle del capo politico. Non si esclude, infine, che la decisione di rinviare l'assemblea sia dettata dall'esigenza di fare il punto della situazione, magari rivedendo la strategia per la partita delle presidenze. «Ci sono movimenti tellurici - sussurra un eletto di lungo corso - forse le parole di Rosato, che ha aperto al confronto ripartendo da zero, hanno dato da pensare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA