M5S, Patuanelli: «Corruzione? No a troppo potere nelle mani di uno solo»

Le prime autocritiche
di Stefania Piras
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Domenica 17 Giugno 2018, 13:10 - Ultimo aggiornamento: 13:11
L'unico a prendere il coraggio a quattro mani é il capogruppo Stefano Patuanelli, protagonista insieme a una molto scossa Paola Taverna, del secondo giorno del Rousseau city lab al Gianicolo. 
«Ad esempio, la corruzione», dice Patuanelli. E un fremito percorre il mouse gonfiabile di Rousseau dove si continua da 24 ore a parlare di democrazia diretta e intelligenza artificiale mentre fuori imperversa l'inchiesta romana sullo stadio di Tor di Valle, "lo stadio fatto bene". 

«Perché esiste la corruzione? - si chiede pedagogico Patuanelli mentre il pubblico in prima fila si allenata il colletto della camicia -  Esiste perché c'è un qualcuno che ha un potere, che esercita quel potere a discrezione ed è corrotto per far sì che quel potere vada in una direzione specifica ma nel momemto in cui quel potere viene diffuso su una platea quasi infinita, su tutti i cittadini, la corruzione è impossibile nel momento in cui non c'è più un intermediario. Ed è questa la rivoluzione culturale: noi non abbiamo i corpi intermedi, il referente locale, il refrente regionale.Perché non ce li abbiamo? Perché vogliamo essere disorganizzati? No, è perché non  vogliamo dare un potere a una sola persona che può gestirlo in modo corretto se è una perona per bene. Ma siccome le persone che si comportano male forse sono in maggioranza dare potere a una persona sola consente anche di esercitare male quel potere. E questo è un problema». Quindi Houston, abbiamo un problema. Ma no a un nuovo direttorio.    

Tesi opposta a quella di Roberta Lombardi che da deputata è passata a essere consigliera regionale e il tema della prossimità ai territori lo sente molto. Per questo chiede nuovi strumenti di supporto e mutuo aiuto per gli enti locali dentro il Movimento per arginare le esternalizzazioni che hanno portato ai casi Marra e Lanzalone. Su questo Raggi e Lombardi sono perfettamente allineate. 

Sul mini palco ci sono il consigliere capitolino Angelo Sturni che evita accuratamente l'argomento (parla vagamente di referendum online e si dimentica che gli attivisti romani del M5S, e due sue colleghe in Campidoglio, chiesero espressamente un voto online sullo stadio per prendere una decisione partecipata), c'è anche la romanissima vicepresidente del Senato che in faccia ha un'espressione tra lo smarrito e il teso. A margine dell'iniziativa metterà come suo solito i puntini sulle i senza diplomazia.  «Io non ho mai partecipato ad alcun processo decisionale né presentato curriculum per scegliere tecnici».
Lo dice la vice presidente M5s del Senato, Paola Taverna, a chi, a margine di una manifestazione del movimento gli chiede di commentare la vicenda dello stadio di Roma. Alla cena in cui Davide Casaleggio avrebbe incontrato l'avvocato Lanzalone lei, assicura, non c'era: «ero impegnata in Parlamento». Proprio da «parlamentare so soltanto che noi rispondiamo in maniera drastica» ad ogni tentativo di corruzione. Infatti, «Lanzalone ci ha già lasciato e se ci sarà altro vedremo» e come esponente M5s «aspetto la magistratura». Infine a chi fa notare alla senatrice di essere stata in passato una dei parlamentari più critici sulla gestione della capitale si limita ad sottolineare: «critica? Io sono sempre stata obiettiva...». 
Difficile per lei fare finta di niente in questi giorni. Nel suo intervento sul palco di Rousseau city lab Taverna rivendica «una finalità concreta», ovvero la modifica del regolamento del Senato voluta dal M5S che obbliga l'assemblea a discutere delle inziative popolari. Una opzione che vorrebbero tanto anche i parlamentari M5S nella loro assemblea. 

 
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