Lega a premier: stufi di prendere sberle
Berlusconi: non ignorare volontà italiani

Silvio Berlusconi (foto Andrew Medichini - Ap)
4 Minuti di Lettura
Lunedì 13 Giugno 2011, 16:54 - Ultimo aggiornamento: 11 Luglio, 16:05
ROMA - L'alta affluenza nei referendum dimostra una volont di partecipazione dei cittadini alle decisioni sul nostro futuro che non pu essere ignorata. Anche a quanti ritengono che il referendum non sia lo strumento più idoneo per affrontare questioni complesse, appare chiaro che la volontà degli italiani è netta su tutti i temi della consultazione». Lo afferma in una nota il

presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi aggiungendo che «il Governo e il Parlamento hanno ora il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum».



«Siamo stufi di prendere sberle, ora l'agenda la dettiamo noi». E' questo intanto l'ultimatum dato a Berlusconi dalla Lega, i cui massimi esponenti si sono riuniti oggi in via Bellerio, a Milano, per discutere l'esito dei referendum: Bossi, Maroni, Calderoli, il presidente della Regione Piemonte, Cota, e il capogruppo della Lega al Senato, Bricolo. Calderoli ha commentato l'esito del voto dicendo: «Siamo stufi di prendere sberle».



Calderoli: a Pontida decideremo cosa il premier dovrà portare in Aula il 22 giugno.
«Alle Amministrative due settimane fa abbiamo preso la prima sberla - ha detto - Ora con il referendum è arrivata la seconda sberla e non vorrei che quella di prendere sberle diventasse un'abitudine... Per questo domenica andremo a Pontida per dire quello che Berlusconi dovrà portare in Aula il 22 giugno, visto che vorremmo evitare che, in quanto a sberle, si concretizzi il proverbio per cui non c'è due senza tre...».



Berlusconi, come d'altronde tutti gli italiani, aveva già fiutato l'aria che tirava.
E in mattinata aveva già detto pubblicamente addio al nucleare, ancor prima dei risultati ufficiali, visto l'andamento dell'affluenza alle urne e le proiezioni del ministero dell'Interno che parlavano di quorum sicuramente raggiunto.



«Credo che lo sviluppo delle energie rinnovabili sia assolutamente importante - aveva detto il premier - anche per quanto riguarda l'Italia che, probabilmente, a seguito di una decisione che il popolo italiano sta prendendo in queste ore, dovrà dire addio all'opzione delle centrali nucleari. Quindi, ora dovremo fortemente impegnarci sul settore delle energie rinnovabili».



La Russa: ha vinto la Cassazione che ha ammesso il referendum. «Rispetto ai primi dati del Viminale, che segnalano un'affluenza alle urne sul 51%, la percentuale salirà - ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, mentre affluivano, appunto, i primi dati - La vittoria per il superamento del quorum non è né di questo, né di quello, ma della Cassazione. Perché nel momento in cui ha ammesso il quesito sul nucleare non ho avuto nessun dubbio che i cittadini sarebbero andati a votare, sull'onda di quanto successo in Giappone. Perciò il governo voleva rinviare a un momento più sereno la consultazione sull'atomo. La sorpresa sarebbe stata se, nonostante la decisione della Cassazione, il centrosinistra non fosse riuscito a superare il 50%+1».



«Nessuna incidenza sul governo». «Noi per un attimo ci abbiamo anche sperato che non si raggiungesse il quorum - dice La Russa - Se così fosse stato sarebbe stato, questo sì, un grande boomerang per la sinistra che ha politicizzato i referendum. Ma ora averlo raggiunto è l'assoluta normalità e non ha alcuna incidenza sulle politiche del governo». La Russa spiega di non essere andato a votare, «pur avendo molti dubbi», perché nel centrosinistra si è «detto che era un referendum contro Berlusconi. Per questo io che ho sempre votato ai referendum, questa volta non ci sono andato. Dal Pdl non abbiamo invitato all'astensione, ma lasciato libertà di scelta. Alcuni nostri esponenti sono andanti a votare, io non sono andato anche per non dare l'impressione di salire sul carro del sì all'ultimo minuto. Non abbiamo contestato in sé i quesiti, ma la strumentalizzazione che si è voluta fare del referendum». La Russa ha aggiunto: «Quando la Democrazia cristiana perse il referendum sul divorzio, poi governò per altri 20 anni».



Cicchitto: nessuna ricaduta sul governo, Bersani strumentalizza. «L'esito del referendum non ha ricadute sul quadro politico generale e sul governo perché con esso non è stato impostato lungo discriminanti politiche - dice Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera - Il Pdl aveva lasciato piena libertà ai suoi dirigenti e militanti di partecipare o non partecipare al voto e, in caso di partecipazione, se votare sì o no. Bersani esercita una inaccettabile strumentalizzazione quando chiama in causa il governo e addirittura chiede le dimissioni di Berlusconi».



Fitto: il divorzio è tra Bersani e se stesso.
Un divorzio tra il governo e il Paese? «Più che altro si è trattato di un divorzio tra Bersani e se stesso» dice il ministro per i Rapporti con le Regioni e la coesione territoriale, Raffaele Fitto, commentando le parole del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che oggi ha detto: «Questo è stato un referendum sul divorzio tra il governo e il Paese». Per Fitto il segretario del Pd è salito sul carro dei vincitori; prima di oggi la sua posizione sui quesiti posti dai referendum era diversa.



Scajola: rispettare la volontà degli elettori, hanno dato segnale di forte disagio verso il governo. «Resto convinto che il nucleare sia opportunità migliore per dare energia a basso costo. Detto questo bisogna rispettare il volere degli elettori - ha detto il parlamentare del Pdl, Claudio Scajola - Sul piano politico non c'è dubbio che è segnale forte di disagio verso chi governa. È evidente che in un periodo di crisi economica internazionale, ognuno ha subito i suoi contraccolpi, come è successo ad altri governi europei. Credo che si debba lavorare in tempi celeri e intensamente, al di là delle persone, per rimettere insieme il popolo dei moderati. È indispensabile uscire dagli accenti estremi e riportare il discorso sulla concretezza delle cose. È un compito difficile che ci attende».



Rotondi: giusto inchinarsi alla volontà popolare. «È giusto inchinarsi alla volontà popolare e rallegrarsi con chi ha creduto in questa battaglia che sinceramente non era la mia - dice il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi - Detto questo, il governo va avanti per il bene del Paese senza nascondersi che l'esito del referendum non è una bocciatura, ma nemmeno una vittoria».


© RIPRODUZIONE RISERVATA