Lega-M5S, il nodo premiership: Salvini apre ma Di Maio non accetta "terzi nomi"

Salvini
di Marco Conti
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Martedì 27 Marzo 2018, 08:15
Il dovere e la voglia sono i sentiment che si ricavano in questi giorni dalle parole di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Il dovere è del leader leghista che per tenersi stretto il ruolo di capo della coalizione arrivata prima alle elezioni, sa che non può non provare a metter su un governo. La voglia, che scarseggia in Salvini, la mette il leader M5S che dimostra di voler fare il possibile, e oltre, pur di portare il suo partito al governo. In attesa che partano le consultazioni al Quirinale.

Di Maio, trovando ancora chiusa la porta del Nazareno, continua ad interloquire con colui che lo ha aiutato a guadagnare la presidenza di Montecitorio. Un canale privilegiato del M5S con la Lega che non spaventa, semmai questo fosse l'obiettivo, nè il Pd nè FI e che resiste anche ai crescenti malumori interni ai 5S. Un rapporto molto stretto che ieri si è composto di possibili e reciproche concessioni sui temi-bandiera della campagna elettorale. Il reddito di cittadinanza viene tradotto - anche dal presidente della Camera Roberto Fico - in sostegno alla povertà e in una sorta di reddito di inclusione. La flat tax annegata nel principio della progressività e delle regole di bilancio. Sul resto, rapporto con l'Europa e l'alleanza atlantica, tutto tace anche se, al momento del varo del Def i due schieramenti - M5S e centrodestra - promettono di volersi astenere sulle rispettive mozioni.

GLI SPARSI
Tra dichiarazioni e interviste è forte l'impressione che Salvini si senta ancora in campagna elettorale e ciò potrebbe alla lunga non aiutare la reale costruzione di una maggioranza. D'altra parte gli appuntamenti elettorali di fine mese in Molise e Friuli e poi in Val d'Aosta, non giovano al dialogo e rischiano di dilatare ancor più i tempi della crisi. Giovedì il Quirinale potrebbe dare il calendario delle consultazioni. Si comincerà martedì dopo Pasqua e sarà importante capire ordine e composizione delle delegazioni. Se il centrodestra andrà in ordine sparso, come sembra, si procederà dal partito più piccolo al più grande. Il M5S dovrebbe quindi essere l'ultimo a salire al Quirinale per il primo giro di consultazioni. La mancata autosufficienza, sia dei grillini che del centrodestra, obbliga i rispettivi candidati premier a farsi da parte. «Vediamo se Salvini e Di Maio saranno disponibili al passo indietro.

Se così sarà i tempi per avere un governo saranno brevi», si chiedeva ieri pomeriggio Guido Crosetto (FdI). Passano poche ore e il leader della Lega va in tv a dire che fare il premier «è l'ultimo dei miei problemi». Di Maio non sembra però ancor in condizione di poter fare un passo di lato e accettare terzi nomi che potrebbero apparire più in quota centrodestra che 5S. Il M5S deve ancora digerire l'elezione della Casellati e le aperture a destra scontano un elettorato allevato per anni a colpi di inciuci, nazareni e impresentabili. Il leader azzurro però non molla di un millimetro l'alleato lumbard e si dice pronto a dare un paio di nomi di tecnici come ministri in quota FI, pur di partecipare ad un eventuale governo con M5S.

Una prospettiva che rende complicata un'intesa che continua oltretutto a sorvolare su un tema dirimente: il rapporto con l'Europa e le sue regole.
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