Di Maio, trovando ancora chiusa la porta del Nazareno, continua ad interloquire con colui che lo ha aiutato a guadagnare la presidenza di Montecitorio. Un canale privilegiato del M5S con la Lega che non spaventa, semmai questo fosse l'obiettivo, nè il Pd nè FI e che resiste anche ai crescenti malumori interni ai 5S. Un rapporto molto stretto che ieri si è composto di possibili e reciproche concessioni sui temi-bandiera della campagna elettorale. Il reddito di cittadinanza viene tradotto - anche dal presidente della Camera Roberto Fico - in sostegno alla povertà e in una sorta di reddito di inclusione. La flat tax annegata nel principio della progressività e delle regole di bilancio. Sul resto, rapporto con l'Europa e l'alleanza atlantica, tutto tace anche se, al momento del varo del Def i due schieramenti - M5S e centrodestra - promettono di volersi astenere sulle rispettive mozioni.
GLI SPARSI
Tra dichiarazioni e interviste è forte l'impressione che Salvini si senta ancora in campagna elettorale e ciò potrebbe alla lunga non aiutare la reale costruzione di una maggioranza. D'altra parte gli appuntamenti elettorali di fine mese in Molise e Friuli e poi in Val d'Aosta, non giovano al dialogo e rischiano di dilatare ancor più i tempi della crisi. Giovedì il Quirinale potrebbe dare il calendario delle consultazioni. Si comincerà martedì dopo Pasqua e sarà importante capire ordine e composizione delle delegazioni. Se il centrodestra andrà in ordine sparso, come sembra, si procederà dal partito più piccolo al più grande. Il M5S dovrebbe quindi essere l'ultimo a salire al Quirinale per il primo giro di consultazioni. La mancata autosufficienza, sia dei grillini che del centrodestra, obbliga i rispettivi candidati premier a farsi da parte. «Vediamo se Salvini e Di Maio saranno disponibili al passo indietro.
Se così sarà i tempi per avere un governo saranno brevi», si chiedeva ieri pomeriggio Guido Crosetto (FdI). Passano poche ore e il leader della Lega va in tv a dire che fare il premier «è l'ultimo dei miei problemi». Di Maio non sembra però ancor in condizione di poter fare un passo di lato e accettare terzi nomi che potrebbero apparire più in quota centrodestra che 5S. Il M5S deve ancora digerire l'elezione della Casellati e le aperture a destra scontano un elettorato allevato per anni a colpi di inciuci, nazareni e impresentabili. Il leader azzurro però non molla di un millimetro l'alleato lumbard e si dice pronto a dare un paio di nomi di tecnici come ministri in quota FI, pur di partecipare ad un eventuale governo con M5S.
Una prospettiva che rende complicata un'intesa che continua oltretutto a sorvolare su un tema dirimente: il rapporto con l'Europa e le sue regole.
© RIPRODUZIONE RISERVATA