Bankitalia, Gentiloni sapeva
e Berlusconi aggiusta il tiro:
sono mancati i controlli

di Marco Conti
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Giovedì 19 Ottobre 2017, 15:20
ROMA “Gentiloni e il governo erano informati ed erano d’accordo”, ribadisce Matteo Renzi intervistato oggi dalla ‘Nazione’. La querelle, sapeva non sapeva è paradossale e ad oggi non ha neppure  molto significato dopo che in Aula il governo ha prima chiesto e poi ottenuto modifiche alla mozione e ha infine dato parere favorevole che è stata votata. Gentiloni sapeva, come è ovvio, visto che i due continuano a viaggiare di conserva. 

Stamane in una nota, Palazzo Chigi ha smentito tutte le ricostruzioni e ribadendo che il governo tutelerà l’autonomia di Bankitalia. Smentite quindi anche- o forse soprattutto- le ricostruzioni che puntavano a tirare in ballo ancora una volta il sottosegretario Maria Elena Boschi che sarebbe stata accusata di non aver informato il resto del governo e soprattutto Gentiloni. Accusa un po' paradossale, visto la tempistica del blitz renziano, la trattativa con il ministro Finocchiaro e il sottosegretario Baretta sula testo e il sostegno dato in aula dal governo alla mozione. 

Renzi comunque non molla: “Se qualcuno pensa che nelle banche in questi anni sia andato tutto bene, si accomodi”. Non una questione di nomi, ma di sostanza, sostiene il segretario del Pd. L.’argomento ha un sicuro appeal elettorale. Al punto che oggi persino Silvio Berlusconi aggiusta il tiro e, dopo il primo giorno nel quale ha difeso l’operato di Ignazio Visco, oggi da Bruxelles ammette che da parte della Banca d’Italia “non è stato svolto l’atteso controllo” e poi aggiunge che comunque “nella sinistra c’è la solita voglia di occupare posti”.

Il Quirinale si rimette alle scelte del governo, Gentiloni assicura che garantirà l’autonomia di via Nazionale, ma lo scontro è ancora molto duro perché coinvolge un’istituzione che rappresenta anche un blocco di potere trasversale non da poco e che intende difendere le proprie prerogative e, soprattutto, i propri uomini. Per saperne di più basta chiedere a Giulio Tremonti che dal 2001 al 2003 ingaggiò con l’allora governatore Antonio Fazio una battaglia durissima. O a Domenico Siniscalco, successore di Tremonti e che si dimise proprio per il mancato appoggio del governo alla richiesta di dimissioni di Fazio che mesi dopo lasciò a seguito della sua iscrizione nel registro degli indagati nell’inchiesta sull’Antonveneta.

Marco Conti
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