Ius soli, polemiche sulle assenze in Senato. Avvenire: «Politici ignavi»

Ius soli, polemiche sulle assenze in Senato. Avvenire: «Politici ignavi»
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Domenica 24 Dicembre 2017, 18:34 - Ultimo aggiornamento: 26 Dicembre, 10:12

Lo ius soli non ce l'ha fatta a diventare legge (troppe le assenze ieri in aula), ma in Senato si consuma ugualmente un duro scontro tra Forza Italia e il presidente Pietro Grasso. Il gruppo dei berlusconiani contesta a Grasso la scelta di aver inserito il disegno di legge nel calendario dei lavori dell'aula: una mossa, sostengono i parlamentari di Forza Italia, per tentare un blitz prima dello scioglimento delle Camere . Il presidente dei senatori berlusconiani Paolo Romani, in una nota infuocata, dice che mettere in calendario «un tema controverso e discusso come la radicale modifica delle procedure per ottenere la cittadinanza italiana al termine di una seduta di fine legislatura è prima di tutto da irresponsabili».

Ma le parole più dure arrivano quando Romani dice che Grasso, fresco leader della sinistra, «tramutando la propria doverosa terzietà in estremismo di parte, ha voluto buttare in pasto alle polemiche di fine anno il diritto fondamentale di uno Stato, la cittadinanza». In ogni caso Forza Italia, promette il capogruppo, si opporrà allo ius soli anche nella prossima legislatura. Chiamato direttamente in causa, Grasso si difende sostenendo di non aver fatto nulla per far esaminare la legge nella seduta incriminata: «Come il presidente Romani sa bene - spiega il numero uno di Palazzo Madama - il calendario dei lavori è stabilito prima in capigruppo e poi confermato da un voto dell'aula. Nessun intervento del presidente ha alterato quanto stabilito dalla sovranità dell'assemblea». Grasso rivendica però di essere un sostenitore dello ius soli. E promette che ripresenterà un disegno di legge sulla cittadinanza ai figli degli immigrati «il primo giorno della prossima legislatura».


«Politica in fuga» è il titolo del fondi pubblicato in prima pagina da "Avvenire", il quotidiano dei vescovi, a firma del direttore Marco Tarquinio sull'affossamento al Senato per mancanza di numero legare della legge sullo ius soli. «Non hanno nemmeno fatto lo sforzo di schierarsi e votare a viso aperto per dire "sì" o "no" allo ius culturae e allo ius soli temperato. Hanno fatto mancare il numero legale in aula: appena 116 senatori presenti, pochi per procedere, abbastanza per affossare una legge attesa da sedici anni e invocata come urgente dalla società civile, associazionismo cattolico in prima fila, da almeno otto», scrive Tarquinio.

«Far mancare il numero legale è scelta da politica in fuga. Ieri in fuga dall'ultima responsabilità di legislatura. Una mossa da ignavi e, al tempo stesso, rivelatrice - prosegue -. Rivelatrice di una ostinata mancanza di comprensione: della posta in gioco con la nuova legge sulla cittadinanza in un Paese che invecchia, non sostiene come merita la famiglia e allontana tanti suoi figli. E di una ostentata mancanza di rispetto: per i giovani italiani con genitori stranieri che alcuni politici e opinionisti, pronti ad aizzare sentimenti e risentimenti, vogliono risospingere ai margini della comunità nazionale e raccontano come alieni. Che tristezza. Temevamo una "fine ingloriosa" di questo Parlamento che, nel bene e nel male, molto ha fatto. La registriamo ora», conclude.


«Questo Natale di luce, festa e gioia interpella e scuote, perché è nello stesso tempo speranza e tristezza. Tristezza è quella che si è verificata ieri sullo ius soli, un'inqualificabile diserzione dalla responsabilità», afferma in una nota don Luigi Ciotti, presidente di Libera, a proposito della mancanza del numero legale al Senato nella discussione sulla riforma della cittadinanza. «La politica - aggiunge Ciotti - non può essere un gioco di potere sulle speranze delle persone, un'umiliazione dei loro diritti e delle loro aspirazioni: 800mila bambini e ragazzi già italiani per essere nati nel nostro Paese, chiedono di essere riconosciuti come tali. Farlo sarebbe stato un atto non solo di umanità ma di intelligenza, perché non c'è strumento migliore dell'integrazione e della condivisione di diritti e doveri per costruire pace, sicurezza e giustizia sociale». «Non resta che tanta vergogna per quello che è accaduto, e la speranza - affidata ai tanti italiani che si impegnano contro gli egoismi, le chiusure, le identità posticce e i richiami a passati tragici - di una nuova politica che torni ad essere motore di civiltà e di progresso» conclude il sacerdote.

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