Intervista al presidente Rai Tarantola: «La tv di Stato deve educare e divertire, basta con certi talk show superficiali»

Intervista al presidente Rai Tarantola: «La tv di Stato deve educare e divertire, basta con certi talk show superficiali»
di Maria Latella
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Domenica 21 Settembre 2014, 05:58 - Ultimo aggiornamento: 22 Settembre, 12:39
Sin dall'impeccabile messa in piega Anna Maria Tarantola, presidente della Rai, tradisce la sua missione: essere se non proprio perfetti, almeno precisi.



In prima elementare scoprì un metodo che non ha più abbandonato: «Studiavo il giorno prima la lezione che la maestra avrebbe spiegato il giorno dopo. Un metodo che mi ha consentito di capire prima e meglio quel che ci veniva insegnato».



Da chi era venuto l'astuto suggerimento? «Da nessuno. Ci avevo pensato da sola». Il metodo è stato applicato anche alla Rai. In questi giorni la presidente è a Torino per il Prix Italia, il più antico concorso internazionale per radio, tv e web.



Scorrendo il programma, si capisce che Tarantola si è portata avanti, di fatto ha già introdotto quella dimensione europea, quel concetto di servizio pubblico in stile Bbc, che sembra essere il progetto della nuova Rai renziana.



Internazionale, del resto, lei si sente da sempre. Appena laureata, se ne andò a Londra per un master, ed erano i primi anni 70, allora lo facevano in pochi. Oggi, vicepresidente della European Broadcasting Union, ha invitato al Prix Italia di Torino il pdg di France Television e il direttore creativo della Bbc, Alan Yentob.



A ottobre lancerà ben tre convegni con prestigiosi ospiti internazionali: qual è la mission del servizio pubblico? Come trovare le risorse economiche? Come garantirne l'indipendenza?

L'indipendenza dalla politica, già. Matteo Renzi dice di non avervi mai chiamato. Intanto il dg Luigi Gubitosi annuncia che ad aprile 2015 lascerà viale Mazzini. Anche lei si sente in partenza?


«Non dipende da noi e su questo non ho nessuna informazione. Noi stiamo lavorando per portare all'azienda tre risultati: un equilibrio economico, i valori propri di un servizio pubblico e una tecnologia d'avanguardia. Io sono stata nominata per un triennio e il mio mandato scade con l'approvazione del bilancio 2014. Se mi dovessero chiedere un passo indietro prima della scadenza, lo farei con la massima serenità. Sono abituata a lavorare con scrupolo fino all'ultimo giorno, indipendentemente da quel che succederà dopo».



Dicono: la Rai innova poco, ha un pubblico anziano.

«Ha un pubblico anziano, è vero, ma non ha solo quello. La fiction Braccialetti rossi ha avuto tra i ragazzi un seguito straordinario. Li ha conquistati anche se l'argomento era drammatico perché il messaggio dava speranza: la malattia si può superare se non sei solo. Scusi lo sfogo, ma perché io, servizio pubblico, dovrei trasmettere fiction che esaltano il cinismo, fiction che ti dicono: per riuscire nella vita devi massacrare il tuo vicino di ufficio? Non è il mio compito. Io ho la mia missione. Voglio competere sul terreno della qualità, non su quello del cinismo».



Non mi dica che non ha visto Gomorra, non le crederei. La qualità della fiction di Sky è stata celebrata anche dal britannico Guardian.

«Gomorra l'ho vista. Le riconosco un suo valore. Per combattere la criminalità, bisogna conoscerla. Anche per questo al Prix Italia si parlerà dell'internazionale della mafia col procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: ha collaborato a Diario civile, una serie di documentari prodotti da Rai storia».



I documentari sono cosa diversa dalle fiction.

«A un giovane con la tv vorrei dire: guarda, vivi in un mondo terribile ma non devi spaventarti. Devi guardare agli esempi di chi è riuscito a combattere. Per questo facciamo fiction come quella su Giorgio Ambrosoli, un uomo con una moralità forte, uno che non si e'arreso. Chi la guarderà si sentirà coinvolto».



Lei crede nella tv educativa.

«Sì. Lo ammetto senza remore. Credo nel principio lanciato da lord Reith con le prime trasmissioni radiofoniche della Bbc: Informare, educare e divertire. Certo, oggi non sarebbe possibile fare una tv come quella del maestro Manzi. La Rai allora era monopolista. Si fa servizio pubblico attraverso la qualità dei programmi».



Ma se i giovani guardano meno la tv, quale funzione educativa si può programmare?

«Come servizio pubblico cerchiamo di parlare a tutte le generazioni. L'educazione è a ciclo continuo. In Gran Bretagna hanno scoperto che molti adulti non sono in grado di gestire il loro stipendio. Crescono i casi di fallimenti individuali e per questo il governo pensa di introdurre corsi di finanza già alle scuole medie. Bene, alla Rai li abbiamo in qualche modo anticipati, producendo Moneymen. Cartoni animati e piccole storie che spiegano come risolvere problemi di tutti i giorni. Che fare se ti rifilano un biglietto da cento euro falso? Se sei una cassiera in un negozio, ti fa comodo saperlo. Dodici puntate, molto accurate. Tutto il contrario della tv superficiale».



A proposito di prodotti tv: ha visto almeno in parte la Miss Italia che ha traslocato su La7?

La presidente ride: «Non l'ho vista ma non mi farete più parlare di miss Italia».



Avrà visto la prima puntata del nuovo Ballarò con Giannini, però.

«Quella sera avevo un impegno non rinviabile. Ma i programmi si possono registrare».



C'è chi sostiene che la formula del talk show politico sia usurata. E' d'accordo?

«Penso che a tutti i livelli abbiamo bisogno di informazione di sostanza. Non superficiale. Quando l'informazione politica è superficiale, non piace più. Ha stufato».



In Francia sbarca Netflix. Un concorrente temibile.

«L'arrivo degli ”over the top”, fornitori di prodotti di qualità sulla rete, è una delle realtà del presente e del futuro. Al Prix Italia si parlerà anche di questo: che cosa devono programmare i servizi pubblici europei in un contesto digitalizzato. La Rai ha gli stessi problemi dei servizi pubblici europei. Ma anche molta voglia di riguadagnare il terreno perduto. In luglio, per esempio, al festival pucciniano, abbiamo ripreso la Boheme in 4K. E' la prima volta di un'opera lirica trasmessa con questa tecnologia. Alla Bbc mi hanno parlato del nostro centro di ricerca di Torino come di un'eccellenza. Ma in Italia non lo cita nessuno».