«L'attacco al Ministro Kyenge non ha riguardato solo le sue convinzioni politiche in materia di immigrazione e leggi sulla cittadinanza, ma anche la sua persona in quanto originaria di un Paese africano» spiegano i giudici i quali negano che si tratti di una «critica politica», come sostenuto dalla difesa. Né, per i giudici, «si può dire che l'intervista abbia qualcosa a che fare con la satira». «Per affermare che la civiltà africana non ha prodotto grandi geni, basta consultare l'Enciclopedia di Topolino, non occorre che lo dica io», aveva aggiunto Borghezio il cui messaggio, per la Corte, «non è solo di natura politica ma si traduce in disprezzo verso la persona offesa a causa della sua origine africana». I giudici spiegano perché hanno derubricato il reato in diffamazione aggravata.
«Il concetto di propaganda razzista - argomentano - non è una semplice manifestazione di opinione, ma è integrata da una condotta volta alla persuasione e a ottenere il consenso del pubblico, come può avvenire, ad esempio, nel corso di un comizio o di un'assemblea».
Cosa che in questo caso non sarebbe accaduta.
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