Il Rosatellum è legge/Mattarella il mite e quei no decisivi

di Alessandro Campi
4 Minuti di Lettura
Sabato 4 Novembre 2017, 00:19
Dal giorno della sua elezione non si è fatto altro che sottolineare quanto austera e riservata sia la personalità di Sergio Mattarella.

All’inizio sembrava un difetto o un limite. Un fantasma al Quirinale, si disse. Si veniva da una lunga sequenza storica di presidenze interventiste e volitive, come erano state nell’ordine quelle di Pertini, Cossiga, Scafaro, Ciampi e Napolitano, e si pensava dunque ad un settennato sottotono, notarile e formalistico. Cosa ci si poteva aspettare del resto da un democristiano entrato in politica quasi per caso e votato piuttosto agli studi universitari, che dopo l’ingresso alla Corte Costituzionale era come sparito della scena pubblica?

<HS9>Poi quel suo tratto caratteriale, nel segno della sobrietà, della pacatezza e del riserbo, si è rivelato un apprezzabile pregio, soprattutto in tempi di marcato esibizionismo politico e di leader e capi partito malati d’incontinenza verbale. Ben presto si è inoltre capito che dietro i silenzi, esibiti e interminabili, di Mattarella, dietro la sua rigidità protocollare, si nascondevano in realtà una grande determinazione e una sicura volontà politica.
Ieri se ne è avuta l’ultima prova. Mattarella ha firmato la legge elettorale approvata nei giorni scorsi dal Parlamento senza alcuna ‘nota di accompagnamento’ o ‘lettera di raccomandazioni’. Segno che l’ha considerata pienamente legittima dal punto di vista costituzionale e priva di incoerenze. Non ha dunque tenuto in nessuna considerazione il pressing politico dei grillini e la loro minaccia di mobilitare le piazze nel caso avesse promulgato la legge senza fare osservazioni o rilievi. 

<HS9>Ma se ieri ha detto di “no” al M5S, qualche giorno prima aveva detto di “no” a Renzi sul caso, politicamente assai ingarbugliato e delicato, del rinnovo del Governatore della Banca d’Italia: sfiduciato dal Pd con una procedura a dir poco inconsueta. La riconferma di Visco è stata un modo per ribadire le prerogative del Colle e per sancire pubblicamente quell’irritualità istituzionale. Ma a Renzi – che pure della sua elezione è stato l’abile stratega – Mattarella aveva opposto un fermo diniego già nei mesi scorsi. Quando il segretario del Pd premeva perché si andasse al voto anticipato mentre per il Capo dello Stato era invece più importante far lavorare il governo in carica, chiudere la legislatura e provare a realizzare, come in effetti poi è avvenuto, una nuova legge elettorale.
<HS9>Pur essendo uno che parla poco, sempre peraltro in contesti e forme ufficiali, quando prende la parola Mattarella tende anche a lasciare il segno. Senza andare troppo indietro nel tempo, basterà ricordare il suo discorso ai magistrati all’inizio dello scorso ottobre. Aver ricordato loro che la toga “non è un abito di scena” è stato un modo per stigmatizzare, nella forma più semplice ma anche retoricamente più efficace, certi eccessi di protagonismo politico-giudiziario di cui le cronache continuano ad essere piene. Come non bastasse, ha anche spiegato ai creativi del diritto sostanziale che “vi è un delicato confine, da rispettare, tra interpretazione della legge e creazione arbitraria della regola”. Parole nette come non sempre si sono sentite nelle infinite polemiche tra politica e magistratura.
Scrivendo ciò non si vuole beninteso costruire un santino del Capo dello Stato. Si vuole solo dire, alla luce di questi esempi e tenuto conto della temperie politica in cui ci troviamo, che il ruolo di Mattarella potrebbe farsi ancora più centrale e decisivo nei prossimi mesi. Specie se dopo le prossime elezioni politiche, come molti paventano, bisognerà creare in Parlamento una maggioranza politicamente anomala a sostegno del futuro governo. A quel punto la regia e la capacità di manovra del Quirinale saranno dirimenti. E per questo è utile già oggi capire come ragiona e come si muove Mattarella.

Dalle sue scelte sino ad oggi, si può dire che come Presidente teme l’avventurismo istituzionale, le fughe in avanti e gli appelli strumentali al popolo.E’ altresì un parlamentarista convinto: difende le prerogative degli “eletti dai cittadini” (con buona pace per certi vagheggiamenti sulla democrazia diretta che dovrebbe prendere il posto di quella rappresentativa), ma pretende anche che questi ultimi si assumano le loro responsabilità. Nella sua visione i processi politici non vanno mai forzati, a scapito delle procedure e delle prassi, ma accompagnati verso il loro esito naturale e auspicabile: la pazienza riesce laddove la fretta fallisce. È poi un campione di quello che i costituzionalisti chiamano il “potere invisibile”: c’è, si esercita per vie informali, condiziona le scelte, ma non si vede e non si rivendica.

Mattarella sembra inoltre convinto che nei momenti di difficoltà o di impasse la politica vada affiancata e sostenuta, affinché decida al meglio e in autonomia, attraverso un gioco dialettico virtuoso tra le istituzioni, non supplita, surrogata o messa sotto la tutela di poteri indiretti e non costituzionalmente formalizzati: il che significa, ad esempio, che Mattarella difficilmente si farà promotore di governi di taglio tecnico-burocratico. Nel caso dal futuro voto alle urne scaturisca un Parlamento frammentato farà comunque di tutto perché i partiti creino una maggioranza a sostegno di un governo che sia politico. 

Ragione di più, dal punto di vista dei suoi interlocutori politici, per prenderne sul serio i consigli e le indicazioni e per seguirne con attenzione le mosse. Anche quando sembra che non stia dicendo nulla
© RIPRODUZIONE RISERVATA