Renzi: «Siamo nella palude, non escludo nulla»

Renzi: «Siamo nella palude, non escludo nulla»
di Alberto Gentili
5 Minuti di Lettura
Venerdì 9 Dicembre 2016, 07:44
Avete visto in quale palude ci siamo cacciati con il No al referendum? Crisi, inciuci, trame, governi balneari». Matteo Renzi è al volante tra Pontassieve e Firenze con accanto il figlio maggiore. Il ragazzo lo interrompe, gli suggerisce un'altra strada. «Guarda che so dove andare, qui ho fatto il sindaco», ribatte ridendo il premier dimissionario. E a parte maledire gli «effetti nefasti» del No, di più Renzi non vuole dire. La spiegazione: «Ormai sono una sfinge, mi sono tolto di mezzo e aspetto di vedere cosa succede, dopo aver promesso al presidente Mattarella, con cui i rapporti non sono buoni ma perfetti, il massimo supporto e la massima disponibilità per risolvere questa brutta situazione e superare la crisi. Nel frattempo gioco alla playstation e faccio l'autista».
Ma chi ci ha parlato, chi ha avuto modo di ascoltarne le confidenze, racconta di un Renzi parecchio irritato con Dario Franceschini e con Silvio Berlusconi. Il segretario del Pd è convinto che i due stiano tramando. «Stiamo assistendo a un film meraviglioso», ha raccontato ai suoi, «Berlusconi vuole che il nuovo governo lo faccia Franceschini e Franceschini mi fa un po' arrabbiare con il suo attivismo sfrontato. E' davvero incredibile: Berlusconi non intende sostenere il governo, ma indica il premier. Peccato che sarà il Pd a fare i nomi».

LA DELEGAZIONE
Ma di nomi il Pd non ne farà domani, quando la delegazione democrat sarà ricevuta al Quirinale. Renzi ha incaricato i capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda di proporre, come annunciato mercoledì in Direzione, il «governo di tutti». Spiegazione di Renzi con i suoi: «Io in questa fase sto fermo, gioco di rimessa. Sono anni che costruisco castelli di sabbia e da anni Grillo e Salvini, come bimbi cattivi, me li buttano giù. Adesso tocca agli altri tirare fuori le palle e dire cosa vogliono fare. Vogliono che resti? Sarebbero dei matti a proporlo, ma vabbé. Puntano al voto senza una nuova legge elettorale? Lo dicano chiaro e tondo. Anch'io non ho paura di votare! L'ho detto: si può andare alle elezioni subito dopo la sentenza della Consulta del 24 gennaio». Quella che dovrebbe cambiare i connotati all'Italicum. Ma che molto difficilmente, a giudizio di Mattarella, può essere utilizzata per andare alle elezioni.

In realtà Renzi è combattuto. Da una parte vuole davvero «togliersi di mezzo», come dice lui. E vuole farlo per evitare «di perdere la faccia», bollato dall'accusa di voler restare incollato alla poltrona. Soprattutto, intenderebbe rifarsi una verginità politica in vista delle prossime elezioni: «Matteo vuole ridiventare il Rottamatore, il rivoluzionario», dice uno dei suoi, «vuole tornare alle origini strappandosi di dosso l'etichetta dell'establishment che inevitabilmente sta appiccicata a ogni premier. E per questo stare lontano da palazzo Chigi gli farà un gran bene».
Dall'altra parte, però, Renzi teme che i complotti e gli agguati dei maggiorenti del Pd, Franceschini e Orlando in testa, possano danneggiarlo. Farlo logorare per mesi, lasciandolo a bagnomaria fino alla primavera del 2018. Per questo dice di non escludere «nulla». Neppure il reincarico. Ma senza la nascita di un governo-bis, che gli farebbe piovere addosso l'accusa di essere affetto da «poltronite».

Ecco perché per l'ex premier la soluzione migliore, caldeggiata da Luca Lotti, sarebbe quella di restare a palazzo Chigi per il disbrigo degli affari correnti e l'ordinaria amministrazione, senza passare attraverso un rinvio alle Camere. Del resto il suo governo ha incassato in Senato una fiducia (sulla legge di stabilità) appena 48 ore fa.
Su questa linea ieri sera è stata letta con molta attenzione la dichiarazione del grillino Luigi Di Maio che ha indicato esattamente questa strada. Con un'aggiunta: «Si fa la legge elettorale e si vota dopo la sentenza della Consulta». Una delle due opzioni, l'altra è il governo di tutti, suggerita martedì da Renzi in Direzione del Pd.
E il segretario ieri sera, parlando con i suoi, ha detto: «E' difficile mettere le mani sulla legge elettorale prima della sentenza della Consulta, ma ci si può provare».

LO SHOW DOWN
Il precipitare verso le elezioni in marzo o aprile non è però una soluzione gradita a Mattarella. E siccome Renzi sembra intenzionato a onorare la promessa fatta al capo dello Stato di aiutarlo a districare la crisi, ecco che il segretario del Pd ha confidato di ritenere probabili per il ruolo di premier i nomi del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e del responsabile degli Esteri, Paolo Gentiloni. E non per un governo a tempo, ma per un esecutivo che arrivi fino a ottobre, se non alla primavera del 2018. «Di loro mi fido e se parte un esecutivo di questo tipo, non gli puoi dire di andare a casa dopo tre mesi, si arriva almeno fino a ottobre, se non esplode la polemica sui vitalizi dei parlamentari». Un lasso di tempo che permetterebbe appunto a Renzi di ricostruire la sua immagine di Rottamatore anti-casta e di prepararsi alle elezioni.

Su questo versante, il segretario dispensa ottimismo. «Nonostante la batosta di domenica, c'è un clima incredibile. Siamo subissati, più che ai tempi di Prodi, di richieste di iscrizione. Alle prossime elezioni, se va male, prendiamo il 30%. Se va bene, saliamo al 40%».

Non manca, nei ragionamenti del leader Pd, qualche riferimento ai suoi nemici giurati: «Ma sapete perché D'Alema e Bersani non vogliono andare alle elezioni? Perché non tornerebbero mai in Parlamento. Con il Consultellum, infatti, ci sono le preferenze e loro di preferenze non ne prendono. Berlusconi invece ha una fifa matta di andare a votare perché teme che Forza Italia venga cancellata, per questo vuole un governo con Franceschini».
Analisi sui rivali a parte, Renzi non intende dimettersi da segretario: «Non ci penso nemmeno». Ma ha intenzione, nel caso le elezioni slittassero, di celebrare quanto prima il congresso del Pd. Per «mettere a posto» la minoranza dem che ha sostenuto il fronte del No e nei mille giorni di governo gli ha fatto la guerriglia in Parlamento. Per regolare i conti con chi sospetta di tradimento. E per ricevere una nuova investitura con le primarie. «Saranno aperte e Matteo le vincerà a mani basse», dice uno del Giglio Magico, «e siccome controlla l'Assemblea nazionale anche senza i voti di Orlando e Franceschini, nessuno potrà cambiare le regole dello statuto, primarie aperte comprese».