Il punto, ribattono i franceschiniani, è non restare «congelati» in una linea di «opposizione e basta» e offrire una sponda a Mattarella nel lavoro che lo attende. «Se torniamo alle correnti che si fanno la guerra sottobanco e lavorano per il M5S consegniamo il paese ai populisti per sempre», avverte il neo iscritto Carlo Calenda, che attacca Michele Emiliano e chi «boicotta» il Pd. «I Cinque stelle non sono il nemico da abbattere», ribatte Francesco Boccia e torna a evocare l'appoggio esterno. Ma è impossibile un governo con Di Maio - concordano renziani ed esponenti dell'ala «dialogante» - per una questione di numeri: o tutto il Pd sostiene il M5s o un governo non può nascere. E a poco servirebbero i voti di LeU (14 deputati, 4 senatori). Val la pena tentare, però, sostiene da LeU Roberto Speranza: il Pd dovrebbe aprirsi per provare a evitare «l'abbraccio tra i lepenisti della Lega e i grillini». Il sospetto dei non-renziani è che a fronte del «mai» al M5s, gli uomini vicini all'ex segretario coltivino la tentazione di un piano B che preveda l'appoggio esterno a un governo di centrodestra. Illazioni, scambi di accuse. Quel che è certo è che la situazione è mobile, c'è chi sostiene che il fronte renziano non sia più così granitico. I timori dei renziani si appuntano sulla tenuta del gruppo della Camera dove siedono numerosi «big». Ma sarà la direzione (dovrebbe riunirsi dopo il primo giro di consultazioni), a dare la linea - precisa Ettore Rosato - non i gruppi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA