Pd, Renzi stoppa gli inciucisti. Tra i dem guerra di nervi e veleni

Pd, Renzi stoppa gli inciucisti. Tra i dem guerra di nervi e veleni
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Venerdì 30 Marzo 2018, 23:03 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 19:09
Tenere la linea dell'opposizione, evitare che la faglia si allarghi. In casa renziana è questo l'imperativo alla vigilia delle consultazioni. Il pressing per aprire un dialogo con M5s, che Dario Parrini definisce «stalking mediatico», non ha per ora ricadute concrete: a parte Michele Emiliano, che viene rintuzzato da Carlo Calenda, nessuno chiede apertamente un sostegno ai Cinque stelle. Ma nella guerra di nervi e sospetti che si è aperta tra i Dem dopo la sconfitta, il fattore tempo pesa: al secondo giro di consultazioni il fronte «dialogante», che si muove sottotraccia, potrebbe rafforzarsi. Ma, avvertono i renziani, non l'avrà vinta. «Il Pd - afferma il capogruppo Andrea Marcucci - starà all'opposizione. Se qualche dirigente vuol cambiare posizione, lo dica chiaramente». «Non sosterremo mai nessun governo del M5S, nessun governo Lega-Cinque Stelle. La linea che porteremo al Colle è quella votata all'unanimità in direzione», scrive Marcucci, che sarà in delegazione con Graziano Delrio, Maurizio Martina e Matteo Orfini. Delrio assicura che la discussione non è sul «se» stare all'opposizione ma «come». «Stiamo attenti a un dibattito sterile tra isolamento e apertura», afferma il reggente Maurizio Martina. La priorità, ricorda, è riconnettersi con gli elettori sfidando gli altri partiti sulle idee. Tutto risolto? No, perché dopo la sortita di Dario Franceschini e Andrea Orlando, il sospetto è che discutere sul «come» essere minoranza, sia un modo per aprire proprio al M5s. E i renziani diffidano anche di Martina, che secondo qualcuno si candiderebbe da «capo del correntone governista» alla segreteria nell'assemblea del partito, che però potrebbe slittare a giugno, dopo le comunali.
Il punto, ribattono i franceschiniani, è non restare «congelati» in una linea di «opposizione e basta» e offrire una sponda a Mattarella nel lavoro che lo attende. «Se torniamo alle correnti che si fanno la guerra sottobanco e lavorano per il M5S consegniamo il paese ai populisti per sempre», avverte il neo iscritto Carlo Calenda, che attacca Michele Emiliano e chi «boicotta» il Pd. «I Cinque stelle non sono il nemico da abbattere», ribatte Francesco Boccia e torna a evocare l'appoggio esterno. Ma è impossibile un governo con Di Maio - concordano renziani ed esponenti dell'ala «dialogante» - per una questione di numeri: o tutto il Pd sostiene il M5s o un governo non può nascere. E a poco servirebbero i voti di LeU (14 deputati, 4 senatori). Val la pena tentare, però, sostiene da LeU Roberto Speranza: il Pd dovrebbe aprirsi per provare a evitare «l'abbraccio tra i lepenisti della Lega e i grillini». Il sospetto dei non-renziani è che a fronte del «mai» al M5s, gli uomini vicini all'ex segretario coltivino la tentazione di un piano B che preveda l'appoggio esterno a un governo di centrodestra. Illazioni, scambi di accuse. Quel che è certo è che la situazione è mobile, c'è chi sostiene che il fronte renziano non sia più così granitico. I timori dei renziani si appuntano sulla tenuta del gruppo della Camera dove siedono numerosi «big». Ma sarà la direzione (dovrebbe riunirsi dopo il primo giro di consultazioni), a dare la linea - precisa Ettore Rosato - non i gruppi.
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