Conte, il garante in stile dc: «Non sarò impolitico»

Conte, il garante in stile dc: «Non sarò impolitico»
di Mario Ajello
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Giovedì 24 Maggio 2018, 07:31 - Ultimo aggiornamento: 11:47

Un ufo atterra sul Colle. E si sente subito a casa. «Questo è più democristiano di noi!», esclama un funzionario del Quirinale. Un po' ha ragione. A Giuseppe Conte, che fino a ieri era il perfetto sconosciuto e s'è trasformato di colpo in una star da palcoscenico della nazione, nessuno dice: «A marzia', facce tarzan!», come nel Marziano a Roma di Flaiano. Perché il personaggio, al suo esordio pubblico, ma anche al suo semi-debutto da Mattarella (si erano già visti una volta ma vari anni fa e non da soli), si vede subito che è uno capace di stare nei palazzi. Felpato e scafato, come un politico volenteroso o almeno con un avvocato abituato a trattare o comunque come un professionista meridionale concavo e convesso (altro che tecnico! altro che Monti! semmai un pugliese di terra morotea), Conte si mette subito a parlare la lingua mattarelliana. E dice tra l'altro che farà «il premier in autonomia, come prescrive la Costituzione». Intanto, però, lo staff della comunicazione M5S, prima della salita di Conte sul Colle, in un luogo segreto di Roma gli impartisce una breve lezione su come gestire il primo impatto pubblico. 

IL RISULTATO
Va tutto liscio al Quirinale («E' andata bene», dice l'Incaricato appena arriverà a Montecitorio ormai in serata) e i commenti su di lui questi sono: «Non è un uomo che vuole fare saltare il banco». Fuori dallo studio presidenziale, Conte mette subito a segno quattro colpi in 4 minuti di discorso. Conferma la collocazione europea dell'Italia, e paga la cambiale a Mattarella. Promette «il governo di cambiamento», e paga la cambiale a Di Maio. Parla dell'«interesse degli italiani», e paga la cambiale a Salvini. Annuncia che sarà «l'avvocato difensore di tutti i cittadini», e paga la cambiale al popolo. Poi scende le scale da dove era salito, e nelle prime telefonate che riceve chiede agli interlocutori: «Come sono andato?». Il primo esame l'ha superato (anche se si è impappinato due volte per l'emozione), non ha fatto la figura del re travicello, ma il cammino che ha davanti è ancora lungo. E sa che il mastino con cui combattere non sarà Di Maio, ma Salvini. «Voglio un governo equilibrato», fa sapere l'Incaricato e questo significa anche, poco salvinianamente, che qualche dubbio su Savona super-ministro ce l'ha anche lui.
Il discorso d'esordio, contenuto in una cartellina bianca che si è portato sotto il braccio, però Conte l'ha preparato anche con Salvini, oltre che con il capo M5S. E sarebbe stato il frutto di un incontro mattutino tra i tre. A chi gli ha parlato, egli ha detto che il suo sarà un «governo snello», perché odia l'elefantiasi politico-burocratica. Che non vuole fare tante leggi, «ma solo quelle che servono» perché tutto va semplificato. E qualche uomo di assoluta fiducia da piazzare - come il suo alter ego Fabrizio Di Marzio, giudice di Cassazione, cinquantenne molto pratico, condirettore insieme a lui della rivista Giustizia Civile - ce l'avrebbe, ma per ora almeno per i vertici ministeriali la quota Conte non è prevista.

Impressionano i movimenti dell'Incaricato. E' tutto studiato in lui. Anche la lentezza del passo e la ricercata scansione delle parole. E a proposito del faccia a faccia con il Capo dello Stato, Conte racconta: «Non abbiamo parlato di curriculum con Mattarella. Ma di cose molto più serie». Intanto, sta preparando un discorso inclusivo per attirare i voti mancanti in Senato (solo 6 di maggioranza). E sa, Conte, che alla debolezza politica può supplire - così ha spiegato agli amici - con la forza di poter dire a un certo punto a Salvini e a Di Maio, se le cose non dovessero andare nel verso giusto: «Arrivederci e grazie». Lasciandoli in un mare di guai. La forza del ciaone, chiamiamola così, è la carta che ha in mano. L'altra non è tanto il contratto di governo, al quale si è formalmente inchinato, «ho contribuito a scriverlo anche io», quanto la convinzione che quello riguarda i due partiti contraenti. Ma poi c'è tutto un altro ambito, istituzionale, costituzionale, delle emergenze che possono presentarsi, dei rapporti con i partner internazionali, delle compatibilità, dove potrà muoversi - o almeno spera di farlo - con una certa autonomia in tandem con il Quirinale. Da giurista sa che il diritto ha una sua forza anche in politica, e lui cercherà di farla valere. In tandem con Mattarella.

SCALTRO
Se non fosse scaltro, l'ufo non sarebbe atterrato dove è arrivato. E ci è arrivato in taxi. All'andata senza scorta, e ha pagato lui. Al ritorno, taxi più la prima auto di scorta e ha ripagato lui. E per strada - in effetti la somiglianza con l'allenatore della Lazio un po' c'è - alcuni passanti vedendolo con quel suo ciuffo di capelli hanno esclamato: «Anvedi, c'è Simone Inzaghi!». Ai suoi amici ha spiegato: «Non è mai esistito un premier impolitico, e io non sarò certo il primo della serie». La sua fisionomia, ieri già in abiti da statista, in grigio con cravatta blu, dovrà essere quella dell'ircocervo. Premier rassicurante, perché l'Europa ci guarda e lo spread s'è già scatenato, e ami du peuple, pur non avendo nulla del rivoluzionario che Di Maio vorrebbe o finge di volere: «La nostra sarà una rivoluzione epocale». Conte parla in un altro modo: «Sarò il garante degli equilibri».
Nel frattempo, non un ribelle ma un resuscitato appare. L'altra sera, anche per la vicenda curriculum, era quasi seppellita la sua candidatura, poi nella notte è cambiato tutto, e al mattino gli hanno detto: «Tocca a te!».

E ora la sua immagine sembra quella della «Resurrezione di Cristo», il quadro di Mantegna appena scoperto a Bergamo. A riprova che il miracolo, non solo nell'arte ma anche in politica, talvolta accade. Conte, però, dovrà dimostrarsi capace di farlo durare.

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