Muraro indagata, Il direttorio smentisce la Raggi: mai informati. Imbarazzo Di Maio, l'ira di Grillo

Muraro indagata, Il direttorio smentisce la Raggi: mai informati. Imbarazzo Di Maio, l'ira di Grillo
di Claudio Marincola e Stefania Piras
3 Minuti di Lettura
Martedì 6 Settembre 2016, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 13:46
Abituato a non prendersi mai troppo sul serio, questa volta Beppe Grillo ha dovuto forzare la sua indole. «Indagata? Ma stiamo scherzando...? Qui stiamo andando tutti fuori di testa». Incavolato nero, appunto. E anche Casaleggio jr si sente in qualche modo tradito. Da Virginia Raggi, certo. Ma anche da chi avrebbe dovuto «monitorare la ragazza» passo dopo passo e non lo ha fatto. Cioè con il direttorio. Sapevano e hanno taciuto? Nessuno esce allo scoperto, il refrain che si ripetono i big Di Maio e Di Battista non va oltre un «non ero a conoscenza», ma l'imbarazzo è palpabile.

Al massimo qualcuno si lascia scappare un «sapevo che il suo non era un avviso di garanzia ma soltanto un'iscrizione nel registro degli indagati». Un giro di parole per non accusare direttamente la Raggi che «è stata esaustiva, ha deciso di attendere ulteriore elementi per prendere qualsiasi decisione». Ma Carlo Sibillia, il deputato avellinese anche lui membro del direttorio grillino, chiarisce che «il sindaco è lei, a lei spettano le decisioni». Come dire se qualcuno ha sbagliato questo qualcuno si chiama Virginia. E la Ruocco a tarda sera twitta: «Preciso di non conoscere l dottoressa Muraro e apprendo da fonti giornalistiche le sue vicende giudiziarie». Non proprio un assist alla Raggi, dunque.

La Muraro indagata è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Perché se il direttorio sapeva e ha taciuto, come sostiene la Raggi, c'è stata una conventio ad excludendum. Non a caso Grillo ha confidato ai suoi di essere arrabbiato soprattutto con se stesso, «mi sono fidato e ho sbagliato». La Muraro si era confidata con la Raggi il 19 luglio scorso. E insieme al primo cittadino sarebbero stati messi al corrente del fatto i componenti del mini direttorio romano.

SIMBOLO A RISCHIO
Lo sapevano Stefano Vignaroli e Paola Taverna, entrambi vicinissimi all'assessore all'Ambiente capitolino (il primo è il suo principale sponsor). Lo sapeva anche il consigliere regionale Gianluca Perilli. Una riunione ristretta si sarebbe tenuta proprio per chiarire la posizione della Muraro e al termine si sarebbe deciso di andare avanti.
Il domandone è: se lo sapevano i romani poteva non saperlo Luigi Di Maio che in più occasioni ha fatto da garante? E perché tutte le volte che si parlava del caso Muraro ci si rifugiava dietro un «vediamo le carte». Qualcuno sapeva, subdorava, taceva?

E ora? C'è chi dice che nel momento di massima rabbia qualcuno abbia urlato «Virginia è fuori al Movimento! Non ci rappresenta. Vuol fare tutto di testa sua, fuori dal blog, non è questo lo spirito che ci ha portati in Campidoglio». Accuse che partono anche dal gruppo dei consiglieri comunali. Altri ancora ipotizzano la revoca del simbolo. Scenari già visti altrove. Ma Roma è un'altra cosa. Se fallisce la Raggi, fallisce il M5S, «la Raggi ci tiene sotto scacco...». E sul web si scatena la solidarietà a Pizzarotti, il dissidente.

Ancora prima che esplodesse il caso Muraro qualcuno aveva provato ad aprire gli occhi a Grillo. Prima fra tutti Roberta Lombardi uscita di scena quando capì che la Raggi non avrebbe accettato una gestione collegiale. Erano i giorni in cui veniva messa in discussione la scelta di Raffaele Marra, il vice capo di gabinetto legato alla passata amministrazione. Casaleggio fece pressione su Grillo e quest'ultimo spinto da Di Maio si spese personalmente per chiedere alla Raggi di verificare che la nomina fosse inattaccabile. E la sindaca per dimostrargli che non agiva in assoluta e incontrollata autonomia andò in Procura direttamente da Pignatone con i fascicoli dei dirigenti apicali del comune e quello di Marra sotto braccio. Di Maio fece da garante e la vicenda rientrò nei ranghi. Ma solo per poco.
Con le dimissioni dell'assessore al Bilancio Marcello Minenna, seguite a cascata dai vertici delle municipalizzate e dal capo di gabinetto Raineri, il caso è esploso. E se qualcuno di quelli che contano come il deputato Danilo Toninelli, molto ascoltato dai vertici, minimizza, «siamo solo all'inizio, quello che è accaduto era prevedibile, alla fine faremo tesoro di certi errori e acquisteremo credibilità», nel direttorio il caos regna sovrano. A fare da amplificatore è la nomina di Raffaele De Dominicis su indicazione dello studio legale Sammarco. Una grana tira l'altra.