Dopo-Guidi, Renzi punta ancora su una donna: ministro in settimana

Antonella Mansi
di Alberto Gentili
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Mercoledì 6 Aprile 2016, 08:40
«Il nuovo ministro dello Sviluppo va nominato presto, in quel dicastero ci sono ben 150 tavoli di crisi aperti. Nei prossimi giorni proporrò il nome al capo dello Stato». Matteo Renzi, nelle ore in cui Sergio Mattarella gli ha conferito l'interim e controfirmato le dimissioni di Federica Guidi travolta dall'affaire Tempa Rossa, promette di fare presto. Così, al contrario di quanto è accaduto in casi analoghi (Agricoltura, Infrastrutture, ecc.), entro la settimana dal cilindro del premier dovrebbe uscire il nuovo responsabile dello Sviluppo economico (Mise).

A imporre a Renzi una tempistica stringente sono più fattori. Il primo è provare a chiudere quanto prima una grana che mette in non poco imbarazzo il governo. Il secondo sono i dossier aperti al Mise: «C'è molto da fare per le piccole e medie imprese e ci sono da sbloccare tantissime opere. Semplificare la burocrazia è addirittura più urgente che abbassare le tasse», sostiene il premier. Il terzo fattore è che senza una guida al dicastero di via Veneto, appunto, molti “tavoli di crisi” si sono impantanati. Ad esempio è saltato ieri l'incontro tra il Mise e il gruppo Heidelberg Cement per garantire l'occupazione di 2.300 lavoratori. Sono finite in stand by le trattative per Almaviva e Gepin. In Senato si è arenato «per mancanza del ministro» anche il disegno di legge sulla concorrenza.
Insomma, l'interim del premier questa volta si annuncia davvero breve. Con un problema: al momento Renzi non ha ancora deciso chi prenderà il posto della Guidi. «Quando deciderò lo dirò al capo dello Stato, come stabilisce la Costituzione», ha risposto infastidito ieri il premier e chi gli chiedeva lumi. Così il toto nomi è più o meno fermo allo scorso fine settimana. Con qualche piccola novità.
 
IL RITORNO DIFFICILE
Ad esempio sembra decisamente meno probabile il ritorno di Claudio De Vincenti al Mise. E non certo per una questione legata alla competenza e alla conoscenza dei dossier: l'attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio in quel dicastero è stato viceministro e avrebbe dunque il pedigree giusto. A frenare De Vincenti è il ruolo molto delicato che svolge a palazzo Chigi. E visto che Renzi ha già sostituito il predecessore Graziano Delrio (approdato alle Infrastrutture dopo le dimissioni di Maurizio Lupi) proprio con De Vincenti, sarebbe sconsigliabile procedere a un terzo cambio in poco più di due anni: la macchina della Presidenza è troppo delicata per metabolizzare senza fatica un nuovo avvicendamento. Tanto più che lunedì lo stesso Renzi, durante la riunione della Direzione dem, ha voluto smentire le voci che vorrebbero ormai in crisi il rapporto con De Vincenti: «Ringrazio Claudio, il suo contributo dimostra che il gruppo dirigente è un gruppo plurale. La ricostruzione banale e semplicistica del giglio magico che decide in autonomia va bene per qualche tweet da strapazzo, ma non per chi conosce i fatti».

NESSUNO DEL GIGLIO MAGICO
Una frase, quest'ultima, che apre la strada a un ministro non strettamente legato all'entourage renziano. E' il caso di Teresa Bellanova, attuale viceministro proprio al Mise. Dunque, anche lei addentro ai dossier urgenti. In più è donna e il premier è molto attento all'equilibrio di genere. E' pugliese e avere un ministro di quella Regione può essere utile per arginare il governatore ribelle Michele Emiliano. E oltre ad avere un ottimo rapporto con Maria Elena Boschi, l'ex sindacalista della Cgil è espressione della corrente di Maurizio Martina: alleata di Renzi ma non organica al renzismo.

Le altre donne in predicato per succedere alla Guidi vengono tutte dal mondo confindustriale: la direttrice generale Marcella Panucci, l'ex presidente della Fondazione Mps e vicepresidente uscente di Confindustria Antonella Mansi, e l'imprenditrice Diana Bracco (già Assolombarda). «Ma è difficile che Renzi punti di nuovo su una figura tecnica», spiega una fonte accreditata, «dopo quello che è successo, il premier sembra preferire una soluzione politica. Le sorprese, conoscendo Matteo, sono però tutt'altro che da escludere».

Ebbene, alla voce “sorprese” ci sono l'ex ad di Luxottica Andrea Guerra, Matteo Colaninno e perfino Angelino Alfano. Per il leader centrista essere dirottato dal Viminale al Mise potrebbe rappresentare un buon affare: si libererebbe degli scomodi dossier su migranti e terrorismo e avrebbe modo di curare e accelerare le grandi opere nel Mezzogiorno, il suo principale bacino elettorale. In più Renzi potrebbe onorare una vecchia promessa fatta ad Anna Finocchiaro, la preziosa presidente della commissione Affari costituzionali del Senato già nei mesi scorsi vicina a un incarico di governo, spostandola agli Interni. Ma al momento è decisamente più probabile la pista delle...sorprese.
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