Grillo ordina la tregua. Raduno della base: «Ci avete lasciati soli»

Grillo ordina la tregua. Raduno della base: «Ci avete lasciati soli»
di Mauro Evangelisti e Stefania Piras
4 Minuti di Lettura
Lunedì 6 Febbraio 2017, 09:12
«Stiamo preparando due delibere spettacolari» dicono nell'entourage di Virginia Raggi. Per uscire dall'angolo delle faide interne, dell'avviso di garanzia, degli interrogatori, delle polizze misteriose, Grillo e Casaleggio preparano una controffensiva mediatica che punta a dimostrare che mentre la Raggi va in Procura e si guarda in cagnesco con la Lombardi, Roma Capitale non è paralizzata. Ordinano la tregua interna. Per difendere Virginia usano il loro uomo di punta, anche se di recente ha sbagliato qualche rete: Luigi di Maio. Per lui, una sorta di promozione verso la candidatura a premier. «Siamo gli unici che possono ambire al 40 per cento» dice il vicepresidente della Camera che inaugura così la campagna elettorale per le prossime politiche, la vera polizza sulla vita per la Raggi.

IL TOUR
Di Maio dice che premerà il piede sull'acceleratore con un tour in giro per l'Italia «per raccontare ai cittadini tutte le cose belle che abbiamo prodotto nelle istituzioni». Su Roma: «Presto saremo orgogliosi anche dell'operato di Roma perché ci vuole tempo per rimettere in piedi una città con 20 miliardi di euro di buco di bilancio e con un funzionario indagato ogni quattro». Non parla di Virginia Raggi. D'altronde Di Maio ha già preso le distanze tempo fa dal Campidoglio. Il rapporto di fiducia con Raggi è stato minato quando la sua copertura politica gli si è rivoltata contro. Un esempio? La storia della mail rivelata dal Messaggero o le indiscrezioni dell'estate scorsa quando durante gli attriti tra la sindaca e il mini direttorio l'exit strategy dell'amministrazione Raggi era farsi scudo con il sostegno di Di Maio. Ma i vertici hanno bisogno del vicepresidente della camera per ristabilire l'ordine delle priorità ed è per questo che dopo giorni di silenzio ora torna a parlare e a riaffermare la sua leadership. Cosa che gli creerà parecchi problemi in parlamento dove gli ortodossi non digeriscono questa visione bonaria della realtà. Di Maio inoltre cerca di spostare l'attenzione mediatica dal M5S «sui signori del Pd che mentre combattono le loro battaglie interne ci intimidiscono inventando balle sul Movimento 5 stelle e sui nostri sindaci».

TREGUA
E poi c'è la tregua interna. Dopo la lettera di Grillo a Raggi che ha lasciato perplessità anche ai piani alti, ai consiglieri più fidati del leader genovese, si attendono le mosse dei parlamentari. Buona parte del gruppo parlamentare è schierato con la Lombardi. La deputata vive ore di amarezza per essere stata tirata in ballo nella storia delle polizze che «ha appreso dai giornali». Nel colloquio intercorso tra Lombardi e i pm che l'hanno ascoltata per approfondire il presunto dossier su Marcello De Vito non «si è mai parlato delle assicurazioni accese da Romeo». Non può, dice la parlamentare, essere considerata dunque una talpa. «Io sto con il M5S dice Lombardi - perché ho sempre fatto miei i valori che Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio ci hanno trasmesso».

ASSEMBLEA DEI MEETUP
Il diktat di Grillo - chi tocca Virginia è fuori dal movimento - ha comunque zittito ogni accenno di dissenso. E Roberta Lombardi ha riscritto un altro post per spiegare che le accuse di avere fatto girare la storia delle polizze sta solo gettando fango su di lei. Virginia Raggi ieri è rimasta con il figlio, si è tenuta lontana dalla riunione della base, i meetup, che si è svolta in una scuola in periferia. In tempi normali sarebbe dovuto essere un bagno di folla, con applausi, cori e commozione per la prima sindaca di Roma a 5 Stelle. Ma il cielo è plumbeo e si è preferito blindare il dibattito per evitare che a qualcuno scappassero contestazioni: tutti gli interventi erano scritti e controllati prima. Non c'era la sindaca, non c'erano gli assessori, non c'erano i parlamentari a partire dalla Lombardi per evitare scivoloni e rese dei conti. Un lombardiano come il capogruppo Paolo Ferrara si è presentato, ha proposto per l'ennesima volta la canzoncina «stiamo cambiando Roma, stiamo governando molto bene, il gruppo è solidissimo, arriveremo a fine legislatura». Poi però una frecciata involontaria gli è scappata: «Se fossi stato il sindaco, sarei venuto qua ad ascoltare la base».

La parola d'ordine qui è: ci sentiamo lasciati soli. I militanti quasi non nominano la Raggi durante l'assemblea, nei corridoi o all'entrata i più la difendono, parlano mal volentieri delle storie della polizza e di Marra. Solo qualcuno si sfoga: «Ora però basta con gli errori, cominciamo a governare». C'è anche apprensione per il nuovo strumento informatico di partecipazione offerto dal blog: Lex. «Lex o non Lex scrive un'attivista decennale - se domattina la Raggi dovesse disgraziatamente battere la testa e impazzire e nominare come assessore un Buzzi (sto esagerando), con Lex non potrai mai fare alcunché, perché non permette a nessuno di entrare nell'ambito del controllo e della trasparenza e della elaborazione dei metodi di lavoro del movimento».