Il merito greco: aver incrinato la dittatura dell’austerity

di Giulio Sapelli
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Martedì 24 Febbraio 2015, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 00:23
L’accordo che si va delineando tra il governo greco di Alexis Tsipras e l’Eurogruppo rappresenta veramente la fine di un lungo ciclo della vita economica europea. Dall’unicorno al toro. Mi spiego.



Sino a oggi l’animale mitologico che rappresentava l’Europa era l’unicorno, simbolo pagano ed esoterico, ossia il dominio del ciclo economico tecnocratico oligarchico su tutta l’Europa. La marcia europea era scandita da un lato dal rumor di battaglie e di ferraglia dell’oligopolio finanziario, dall’altro dall’intersecarsi delle tecnocrazie europee: la Commissione europea, il Consiglio europeo, la Bce. Tecnocrazie perché nessuno di coloro che in esse esercitava il potere era stato eletto dal popolo, ma cooptato dai rappresentanti di quest’ultimo ossia dai singoli governi europei, attraverso un lavoro di bilanciamento tra famiglie partitiche e appartenenze nazionali, che via via formava l’ordito fittissimo del potere.



Perché fanno pensare all’unicorno? Perché per orientarsi nel mondo occorreva farlo attraverso una sola via, quella dettata da regole macroeconomiche scritte una volta per tutte, che non potevano venir mutate da qualsivoglia cambiamento politico, di governo, di orientamento della pubblica opinione che poteva provocarsi là dove risiedeva e risiede la fonte di quella legittimazione dimenticata, ossia il cuore pulsante della vita politica nazionale. I tedeschi in particolare, fin da subito non hanno esitato a indossare anche in quest’occasione - il negoziato con la Grecia - la maschera dell’unicorno.



E fin da subito il diktat è stato: valgono gli accordi presi col precedente governo greco, con la Troika precedentemente inviata, nulla deve cambiare nell’atteggiamento che l’Eurozona deve assumere nei confronti di Atene, anche se ora l’Ellade ha un nuovo governo, con un programma affatto diverso da quello dei conservatori che precedentemente governavano. Un ragionamento ferreo, non c’è che dire, che ci fa capire come l’ideologia dell’unicorno fosse ed era la parabola del capitalismo come religione su cui Walter Benjamin scrisse pagine solenni e indimenticabili e ora tragicamente attuali. Senonchè quella antica maschera va disgregandosi. Il suo ciclo vitale è finito.



E sono le borse internazionali, e soprattutto quelle europee, a non tremare dinanzi alla sua fine. La prova di ciò? Nonostante la fuga dei capitali dalle banche nazionali, l’Europa, la Bce e il Fmi sono stati costretti a concedere alla Grecia quattro mesi in più per elaborare un piano di salvataggio e ancora lo stesso governo greco annuncia un piano di riforme che non sono quelle invocate da Martin Jaeger, portavoce del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Il governo greco ha in mente tutt’altro che le lacrime e sangue invocati dall’unicorno: stop al taglio degli stipendi, stop al taglio delle pensioni, stop alle privatizzazioni selvagge che pongono a rischio centri strategici per tutta l’Europa, come la vendita del porto del Pireo a fondi d’investimento cinesi.



È lo stesso settimanale Bild a informarci sui contenuti della famosa lettera che il ministro Varoufakis dovrà inviare all’Eurozona. Non sono misure rivoluzionarie. Molte di esse sono echeggiate o già introdotte dal nostro governo Renzi in Italia. L’unica differenza sta nella patrimoniale che Varoufakis vuole varare a carico degli armatori (esentati dal pagare le tasse addirittura dalla Costituzione) e degli oligarchi. Inoltre si dovrebbe operare per recuperare le tasse arretrate e soprattutto combattere il contrabbando di benzina e sigarette che costituisce la vera spina dorsale dell’economia «in nero» della Grecia. In tutto si dovrebbero recuperare 5-6 miliardi che dovrebbero consentire di iniziare a elaborare una strategia che punti alla mossa del cavallo e a unire l’aumento delle entrate statali con l’aumento della domanda, accrescendo gli stipendi di dipendenti pubblici e migliorando le condizioni sanitarie dei più poveri.



E’ importante la sostanza politica dell’azione che è un cambiamento inaudito nei rapporti tra ciclo economico e ciclo politico in Europa. Fino alla rivolta greca, perché di questo si è trattato, il ciclo politico non esisteva, era stato annichilito da quello economico, sorretto e sostenuto dalla protervia dell’oligarchia tecnocratica tedesca. Ora questa incastellatura terribile e crudele si sta lentamente frantumando. Ieri tutti i mezzi di comunicazione di massa europei hanno trasmesso dati allarmanti sulla situazione economica tedesca. E’ una notizia grave di cui dobbiamo rattristarci. Ma che anch’essa pone le basi, anche in Germania, per un cambiamento del ciclo. I socialdemocratici tedeschi hanno già fatto sentire la loro voce che sembrava scomparsa. E del resto un nuovo ciclo di elezioni politiche sta per scatenarsi in Europa, dalla Spagna al Portogallo, fino alla Polonia.



I governi incantati dalla religione del capitale tecnocratico sono a un bivio: continuare a inseguire l’unicorno e cadere colpiti dalle destre nazionali da un lato, oppure correre il rischio di essere travolti da rivolte tipo quelle di Tsipras, come già si preannuncia in Spagna e per certi versi in Polonia. Mario Draghi, osservatore attentissimo e politico prima che banchiere, ha già avvertito il respiro di questo nuovo ciclo e si muove di conseguenza, ed è per questo che la Bce si è subito dichiarata disposta a sorreggere le banche greche e, di fatto, ad appoggiare la mediazione a favore di Syriza. Per questo penso che un nuovo ciclo stia investendo l’Europa e che l’animale simbolico non sia più l’unicorno ma invece il toro con le sue due belle corna che rappresentano finalmente l’avvento di una ciclica duplicità. Da un lato l’economia, dall’altro la politica, l’una interagente con l’altra e la politica non più dall’economia annichilita, come è stato negli ultimi vent’anni.



Per chiunque poi si intenda di iconografia antropologica e cristiana sa che il toro menzionato da San Giovanni nell’apocalisse diviene simbolo dell’evangelista Luca ed è accostato a Cristo come sorgente di vita. Quella sorgente di vita di cui l’Europa ha disperatamente bisogno e che solo un risorgimento umanistico della politica, che torni a guidare l’economia, può inverare.