Governo, Savona resta in campo: «Garanzie? Sono pronto»

Governo, Savona resta in campo: «Garanzie? Sono pronto»
di Andrea Bassi
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Domenica 27 Maggio 2018, 09:25

ROMA Paolo Savona continua a tacere. Salvo qualche frase carpita durante le sue passeggiate a Villa Borghese, il professore ai suoi uomini più vicini continua a ribadire la sua volontà di non rilasciare nessuna dichiarazione per rassicurare l'Europa e i mercati. Il ragionamento è semplice: al momento, spiega a chi lo ha sentito, non ho nessuna carica istituzionale. Quella di ministro designato non lo è. Dunque, proprio per il sommo rispetto per le istituzioni che nella sua lunga carriera ha più volte rappresentato, ritiene che qualsiasi messaggio potrà essere dato soltanto una volta che avrà l'eventuale incarico di ministro. Solo in quel momento parlerà per dare ampie rassicurazioni all'Europa, ai mercati e, soprattutto, ai cittadini. A meno che non lo chieda, in maniera formale, il Quirinale. In quel caso, ovviamente, non si sottrarrebbe. Savona è pronto, in qualsiasi momento, a parlare con il Capo dello Stato Mattarella per garantirgli le sue posizioni «europeiste». Di un'Europa, come ama ripetere, che vada bene a tutti, dalla Grecia alla Germania.

LA LINEA
A chi lo ha sentito in queste ore, ha detto: «A suo tempo mi hanno cercato e ho dato piena disponibilità, e continuo ad essere a disposizione del Paese. Se chi mi ha cercato dovesse avere un ripensamento, farò ovviamente come mi verrà richiesto». La sintesi, insomma, è che gli unici a poter chiedere a Savona di fare un passo indietro, sono Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ma non è questa l'aria che tira. Il professore, che ai suoi ha anche detto che non cambia le sue idee per una poltrona, continua ad essere considerato l'unico nome possibile per la casella dell'Economia. Anzi. Gli attacchi scomposti dei tedeschi, e soprattutto il titolo del Der Spiegel («Italia scroccona»), hanno finito per fare da collante tra le due componenti della maggioranza. Una comunanza d'intenti dalla quale ieri è anche nato un hashtag su twitter, #vogliamoSavona, che è finito in testa alle classifiche della giornata. Poco dopo ne è stato lanciato un altro, #iostoconMattarella, e l'effetto, come spesso ormai capita, è stato quello di dividere il popolo del web in due fazioni l'un contro l'altra armate. La Lega continua a considerare il professore una sorta di linea del Piave. Considerano Savona la persona giusta per trattare in Europa, a cominciare dalla partita fondamentale che si giocherà a giugno sulle riforme istituzionali che riguarderanno l'intera impalcatura europea. Un tema sul quale l'ex ministro dell'industria ha idee chiare e, ormai, anche abbastanza note: un'Europa che porta prosperità solo in Germania non può funzionare. Ne serve una che vada bene da Atene a Berlino, a costo di mettere sul tavolo la pistola dell'uscita dall'euro. Una possibilità che comunque, come recitava anche il rapporto di Moody's sull'Italia diffuso due giorni fa, resta «remota».

I MERCATI
Non solo. Chi ha parlato con i grandi investitori esteri e con diversi hedge fund, racconta che le pressioni sullo spread e sui mercati sono solo in parte giustificate dal risultato delle elezioni italiane. La preoccupazione sarebbe anche un'altra. Sono ormai sette mesi che gli economisti più vicini ad Angela Merkel producono documenti attraverso i quali si spinge per regolamentare all'interno dei trattati europei una via d'uscita dall'euro, chiedendo che chi dovesse decidere per il divorzio, dovrebbe prima liquidare in euro il saldo di Target 2, una sorta di gigantesco conto corrente sul quale si regolano i pagamenti all'interno dell'Unione europea. Che significa? Che se a uscire fosse l'Italia, dovrebbe pagare circa 400 miliardi di euro. Se a uscire fosse invece la Germania, dovrebbe ricevere 900 miliardi. Saldi stratosferici, ma in parte determinati proprio dal meccanismo di funzionamento del Quantitative easing dela Banca centrale europea.
 
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