Governo, un segnale forte di Savona convincere Mattarella

Governo, un segnale forte di Savona convincere Mattarella
di Marco Conti
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Domenica 27 Maggio 2018, 11:20
L'ultima mediazione, per evitare che Giuseppe Conte sia costretto a rinunciare al mandato, è made M5S e conferma la volontà di Luigi Di Maio di continuare ad avere buoni rapporti con il Quirinale, malgrado Alessandro Di Battista. Il leader grillino resta fermo sulla linea di presentare Paolo Savona come ministro dell'Economia come concordato con Matteo Salvini, ma ha proposto al leader della Lega, e allo stesso premier incaricato, di sollecitare il professore a spiegare prima, in un'intervista o in una dichiarazione, se è convinto ancora che l'Italia debba rimanere nell'Unione Europea, nell'eurozona e che non intende dichiarare guerra alla Germania. Più o meno ciò, che in modi e tempi differenti, hanno fatto sia Di Maio che lo stesso Conte, quando - uscendo dal colloquio con Sergio Mattarella - hanno ribadito i punti fondamentali della collocazione geopolitica dell'Italia. Ovvero che, seppur spingendo per un cambiamento, si intende rimanere nell'Europa che conta - e non ai margini insieme ad Orban e ai paesi di Visegrad - e che Washington, la Nato, e non Mosca, rappresentano punti di riferimento del nostro Paese.

L'ATTESA
Argomenti e posizioni che appartengono alla storia dell'economista, ex ministro e stretto collaboratore di Ciampi, ma che non si ritrovano con la stessa chiarezza nelle posizioni dello stesso Salvini che ha trasformato la vicenda-Savona in una bandiera sovranista che, non a caso, molto piace a Steve Bannon, l'ex stratega di Trump. Con due ministri di provata fede europeista e atlantica agli Esteri e alle Politiche Comunitarie (Massolo e Moavero), oltre alle rassicurazioni che dovrebbe fornire Savona, il M5S pensa si possa trovare la soluzione per permettere a Conte di partire con il governo.

Non è però detto che al Quirinale tutto ciò possa bastare. L'attesa resta sempre quella che Conte si presenti oggi o domani con un nome diverso per un dicastero particolarmente delicato come l'Economia. «Noi siamo dalla parte della salvaguardia del risparmio degli italiani», ripetono in queste ore al Colle guardando già con preoccupazione ciò che potrà accadere domani alla riapertura dei mercati finanziari qualora si ritrovassero alle prese con la prospettiva che l'Italia possa trasformarsi nella Grecia del 2009. Segnali sono arrivati con lo spread già oltre quota duecento che rappresenta - per ora - un costo aggiuntivo di interessi di due miliardi per le tasche degli italiani.
Lo stallo è totale e nell'agenda del Colle ieri sera non c'era l'incontro con il premier incaricato, ma la sensazione è che la vicenda in qualche modo debba concludersi tra oggi e domani o con il giuramento dei ministri o con Conte che rimette il mandato. Il Quirinale resta in attesa e ribadisce di non aver mai posto veti sui nomi. Nei giorni scorsi ha reagito al tentativo dei due partiti di imporre al premier incaricato e allo stesso presidente della Repubblica, una lista di ministri già bella e fatta in totale dispregio dell'articolo 92 della Costituzione.

LO STRAPPO
La difesa fatta dal Quirinale delle prerogative del presidente del Consiglio è però stata subito strumentalizzata da Salvini che anche ieri ha evocato stravaganti complotti internazionali che lavorano per alzare lo spread, scaricare migranti sulle nostre coste pur sapendo chi sarà il prossimo ministro dell'Interno, e imporre ministri graditi. Ieri il leader della Lega, pur tenendo fermo il nome di Savona, ha evitato di evocarlo ma la minaccia del voto «se salta tutto» ha rischiato di trasformare lo stimato professore in una sorta di ostaggio che si intende far saltare in modo da preparare una campagna elettorale tutta da destra-sovranista magari alleati con il M5S. Non a caso ieri Giorgia Meloni, pur sottolineando la contrarietà di FdI al governo giallo-verde, ha sposato la battaglia leghista contro il Quirinale.

Resta ora da vedere cosa farà il professore che, da buon sardo, non sarà facile convincere. La pressione del M5S resta però fortissima e una sua eccessiva rigidità potrebbe costringere anche Di Maio a cambiare cavallo.

 
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