Stop all'Iva, tagli e nomine: l'agenda corta del premier

Stop all'Iva, tagli e nomine: l'agenda corta del premier
di Luca Cifoni
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Martedì 29 Maggio 2018, 07:15 - Ultimo aggiornamento: 08:12

Scongiurare gli aumenti dell'Iva, sostituendo il mancato gettito con risparmi di spesa da reperire nei capitoli sui quali Carlo Cottarelli si è già esercitato quale commissario alla spending review. Poi gestire almeno le nomine pubbliche non procrastinabili. E nei limiti del possibile tenere d'occhio situazioni delicate come quella di Ilva e di Alitalia. Può sembrare un'agenda minima quella del presidente del Consiglio incaricato, ma non sarà facile riuscire a realizzare anche una solo una parte di questo programma senza poter contare - almeno in partenza - sul sostegno di alcun partito. Il piano di lavoro dell'ex direttore del Fondo monetario è strettamente legato al calendario di questo esperimento governativo: se, come appare quasi certo, si andrà al voto a settembre o comunque nelle prime settimane di autunno, allora la scadenza per la presentazione della legge di Bilancio in Parlamento e a Bruxelles (15 ottobre) potrebbe trovare il nostro Paese ancora senza un esecutivo nel pieno delle sue funzioni.

SOLUZIONE PROVVISORIA
Per evitare lo spettro dell'esercizio provvisorio, che scatta se il bilcnio non è approvato a fine dicembre, occorrerebbe quindi anticipare con un provvedimento estivo le misure più urgenti, a partire proprio dall'Iva. La difficoltà maggiore sta naturalmente nel riuscire a farlo approvare, anche facendo affidamento su astensioni più o meno benevole. Lo scatto delle 2 aliquote (dal 22 al 24,2 per cento quella ordinaria, dal 10 all'11,5 quella ridotta) è fissato al primo gennaio 2019. Per sventarlo completamente servono 12,5 miliardi solo il primo anno. Non sono pochi e alla fine il nuovo esecutivo potrebbe optare per una soluzione provvisoria, già adottata in passato: rinviare gli aumenti di 3 o sei mesi, impiegando quindi solo una parte della cifra necessaria e lasciando al successivo governo il compito di proseguire.

Non sarà facile però nemmeno trovare coperture parziali. Nella sua attività di commissario alla revisione della spesa Cottarelli ha elaborato piani che toccano vari capitoli del bilancio pubblico, dalle società partecipate agli incentivi alle imprese. Questi ultimi ad esempio sarebbero una soluzione relativamente immediata. Mister Forbici poi, privo di sostegno parlamentare, potrebbe forse tentare un'operazione ardita proponendo convergenze alla stessa potenziale maggioranza giallo-verde che aveva elaborato il contratto per il cambiamento: ad esempio sui tagli alle pensioni oltre i 5 mila euro netti, non giustificate dalla contribuzione versata. Di tutti questi argomenti Cottarelli parlerà al Parlamento al momento di chiedere la fiducia. Obiettivi più ampi potrebbero riguardare ad esempio il potenziamento dei programmi di lotta alla povertà, che passa per il reddito di inclusione (Rei): ma la probabilissima bocciatura da parte delle Camere avrà l'effetto di accorciare l'orizzonte temporale e con esso anche lo spazio di manovra del governo tecnico. Di sicuro andrà seguita la vertenza Ilva: per il destino delle acciaierie non ci sono scadenze ufficiali fissate anche se è noto che tra giugno e luglio potrebbe semplicemente esaurirsi la cassa disponibile.

Quanto al dossier nomine, il prossimo mese diventerebbero vacanti una serie di poltrone di peso: dalla Cassa Depositi e Prestiti a Sogei e Gse (le due società pubbliche che si occupano rispettivamente di informatica e di incentivi all'energia rinnovabile. Sono posti sui quali Lega e M5S stavano già facendo i propri calcoli: ora la partita dovrebbe essere gestita con modalità più felpate. C'è anche la Rai, che ha una doppia valenza, economica e politica, per la quale si inizia a parlare di una proroga del consiglio di amministrazione.

GLI UFFICI
Infine in caso di mancata fiducia all'esecutivo non si porrà il problema dello spoils system: la legge prevede che i dirigenti apicali (come i segretari generali e i capi dipartimento) cessino da proprio mandato in caso di mancata conferma entro novanta giorni appunto dal voto di fiducia. Andranno invece rinnovati gli uffici di diretta collaborazione di ciascun ministro, per i quali è prevista una scadenza di trenta giorni a partire dal giuramento.
 

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