Governo-opposizione/ L’occasione per collaborare senza inciuci

di Marco Gervasoni
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Mercoledì 2 Novembre 2016, 00:13
A ogni Paese nella sua storia sono toccate catastrofi naturali più o meno devastanti. Esse irrompono nella normale amministrazione e creano una sorta di stato di eccezione. Ma tre terremoti in poco più di sessanta giorni sono, almeno per gli standard europei, un fatto di particolare gravità e costituiscono un’emergenza nell’eccezione.

Che non può non incidere sulla vita politica e sui rapporti tra i partiti. I cittadini nelle zone colpite sono infatti psicologicamente sottoposti a una delle prove più dure: la perdita non solo dei loro averi, a cominciare da quello con il maggior rilievo simbolico, la casa, ma anche l’eventualità, come richiesto dal governo, di spostarsi molto lontano, di abbandonare i loro luoghi d’elezione.

Qualcuno ha parlato di guerra, e in effetti quest’esperienza molto vi si avvicina, a cominciare dalla condizione di «sfollato». Ma pure i cittadini non direttamente coinvolti dal sisma sono colti da un sentimento di panico, di insicurezza, dalla paura che possa accadere pure a loro. Tutte queste rappresentazioni hanno inevitabilmente un effetto sul comportamento elettorale. Diversamente da quanto si crede, producono sì richiesta di protezione (quindi adesione al governo) ma pure apatia e rabbia, a seconda di come i poteri pubblici sono percepiti: e spesso questi sentimenti si alternano rapidamente. Poiché siamo vicini alla scadenza del referendum, trasformato in un verdetto sull’esecutivo, ogni passo di Palazzo Chigi nei prossimi giorni sarà fondamentale. E le ragioni di Renzi saranno tanto più ascoltate quanto più egli dimostrerà la capacità di governare una situazione doppiamente eccezionale, senza voler cavalcare per fini propri la sventura. Per questo il presidente del Consiglio ha fatto benissimo a stoppare le voci favorevoli a un rinvio del voto referendario.

Ma se lo stato di simil guerra in cui i tre terremoti hanno portato il Paese non è agevole per la maggioranza, può rivelarsi ugualmente insidioso per le opposizioni. Se infatti esse dovessero cavalcare i malumori e le proteste (come quelle dei cittadini contrari ad abbandonare le zone colpite) rischierebbero di essere percepite da una parte del Paese come disinteressate alla «casa comune», se invece tendessero troppo la mano al governo potrebbero perdere la loro ragion d’essere. A noi sembra che, invece di mettersi a danzare sulle macerie, valga la pena correre il secondo rischio. Il clima di pacificazione seguito al 24 agosto non è durato molto ma le sue ragioni restano intatte, soprattutto perché lo scenario ora è molto più difficile.

Sulla breve distanza le opposizioni potrebbero perdere voti ma acquisirebbero, se dimostrassero di non voler sfasciare tutto, in maturità e in affidabilità. Ed è chiaro che la sfida riguarda maggiormente le forze con maggiore radicalità schierate contro Renzi, cioè i 5 stelle. Grillo ha giustificato la mano tesa con l’emozione di fronte alla distruzione: ma si tratta di un’iniziativa dotata di un senso politico, soprattutto se letta assieme alle dichiarazioni del sindaco di Torino, Appendino e alla disponibilità di alcuni deputati pentastellati di votare le misure del governo. Questo potrebbe essere utile, se non altro per mostrare una compattezza di fronte alla Unione europea, pare non molto disponibile a venirci incontro. Come in una partita a scacchi, saranno le mosse degli uni e degli altri a mostrare, nelle prossime settimane, se il triplo sisma sarà almeno servito a far viaggiare su binari meno impervi la nostra vita politica.
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